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Circolo Miani » News Correnti » Page 416

Omen nomen.

» Inviato da valmaura il 21 January, 2009 alle 2:30 pm

Lo dicevano i Latini che la sapevano lunga è un fondo di verità e saggezza lo dovevano pure avere.

Ebbene il nuovo direttore del Piccolo, quello che nell’editoriale di presentazione si premurò di descrivere il suo giornale come un pioppo le cui tremule foglie sono capaci di captare, registrare e pubblicare ogni pur debole voce della comunità giuliana, ha dimostrato in questi giorni che nulla è cambiato al piccolo giornale che continua ad avere la sensibilità di una quercia fossilizzata e sedimentata.

Sedimentata nei giochi di potere della sgangherata politica locale e regionale e fossilizzata su di una posizione censoria nei confronti di un movimento che in questi anni è stata la più importante novità della società triestina a cui il Circolo Miani ha dato, continua e continuerà a dare voce.

Se tali comportamenti il nuovo direttore, appunto Possamai, pensa ritornino utili alla credibilità già così bassa del suo giornale e per risalire la china dall’abisso di copie invendute in cui versa il piccolo quotidiano, buon per lui. Noi continueremo a preferire un buon caffè ad un pessimo giornale che viene in realtà usato come una clava per colpire chi non rientra nei garantiti delle conventicole di partito.

In questi giorni ci sono state, tra le altre cose, tre conferenze stampa sulla Ferriera: due assolutamente funzionali alla strategia della Lucchini-Severstal e dei suoi protettori politici ed una del Circolo Miani, di Servola Respira, del Coordinamento dei Comitati di Quartiere, del più attivo e rappresentativo sindacato interno alla Ferriera, e del parlamentare della Lega Nord, Fedriga.

Orbene il piccolo giornale è riuscito in un colpo solo a dimostrare urbi et orbi dove stanno una volta di più i suoi interessi. Ha dato spazio spropositato a due iniziative senza notizie e forse i promotori di queste dovrebbero, sempre che siano in buonafede, domandarsene il perché, e completamente censurato quella ovviamente organizzata dal Circolo Miani. Anzi ha fatto di più: è riuscito a pubblicare nei giorni scorsi delle pesanti polemiche dei sindacati aziendalisti contro una affermazione estrapolata in modo completamente sbagliato dal contesto di quanto detto nella conferenza stampa censurata, senza farne il resoconto. Insomma ha pubblicato la replica ma non la notizia.

La linea del piccolo giornale è sempre stata, dalla metà del 2000 in poi, quella di difendere gli interessi di bottega della Ferriera, come dimenticare le appecoronate interviste di Fulvio Gon al figlio di Lucchini annunzianti per la seconda o terza volta l’apertura del laminatoio e balle similari, e quelli dei suoi protettori politici, a cominciare da Illy, la Confindustria, i Ds e la Margherita, oggi PD. Per poi aggiungerci, da quando il centrodestra ha investito sette milioni di euro in azioni dell’editore del piccolo giornale, un’attenzione particolare ai Camber, Bucci e camerati di turno.

In questo contesto trova ampio spazio sul piccolo giornale solo chi difende realtà come la Ferriera, o chi apparentemente quanto innocuamente ne rivendica a parole la chiusura. Così come si cerca disperatamente di sponsorizzare ogni tentativo di indebolire la credibilità e la fiducia che l’opinione pubblica triestina e muggesana ripongono nel Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia ed il Coordinamento dei Comitati di Quartiere con il pompare oltre ogni legittima decenza comitatini che ripetono cose già fatte dieci anni fa, sempre alla presenza e con il beneplacito dell’illyano Lupieri o del camberiano Bucci, ironia della sorte per oltre due anni assessore comunale all'ambiente senza che nessuno se ne accorgesse.

Terrificante poi il comportamento della Regione di Tondo, che tradendo ogni impegno o promessa elettorale, invece di convocare la Conferenza dei Servizi per togliere l’Autorizzazione Integrata Ambientale alla Lucchini, generosamente concessa dai vari Illy, Moretton, Cosolini, Zvech, Degano, Lupieri e company; oppure di imporre all’Autorità Portuale il non rinnovo della concessione demaniale che scade a fine anno alla Ferriera: due strumenti che in modo certo e rapido contribuirebbero a risolvere il problema, tiene invece bordone alla strategia del gruppo russobresciano, di proseguire fino al 2015, anzi di continuare a fare soldi con una seconda centrale termoelettrica e con una portualità privata su di una banchina interrata abusivamente nell’ambito del porto di Trieste e di non pagare così gli ingenti costi della bonifica del sito.

Ed in una giornata di incontri romani gli amici di Tondo non hanno sprecato una parola, un pensierino sul devastante inquinamento prodotto dal cadente stabilimento e sui gravissimi rischi per l’incolumità di chi ci lavora dentro.

Avete mai letto sul piccolo giornale che: tra il 15 ed il 20% degli operai della Ferriera soffre di menomazioni fisiche causate da infortuni sul lavoro che imporrebbero altre mansioni lavorative. Che gli addetti all’altoforno ringraziano il cielo per lo scampato pericolo ad ogni fine giornata. Che in sei mesi il sindacato autonomo ha presentato oltre seicento segnalazioni all’azienda, che non ha ancora risposto, sulle cose che non funzionano nelle lavorazioni, a fronte di segnalazioni zero della triplice. Che è sempre stata prassi comune convertire gli infortuni in ferie e malattia. Che i mezzi in uso all’interno della Ferriera perdono semiassi e ruote durante il trasporto. Come hanno dichiarato i rappresentanti sindacali autonomi nel corso della conferenza stampa censurata dal piccolo giornale. Oppure che il parlamentare triestino Massimiliano Fedriga si accinge a presentare una interrogazione urgente al Governo per sollecitare il rispetto della risoluzione parlamentare che imponeva appunto a Governo e Regione di predisporre un piano di dismissione e chiusura della stabilimento entro sessanta giorni a partire dal 23 settembre 2008.

Sono notizie queste? Le avete mai lette su quello che molto impropriamente osa appellarsi come  “giornale di Trieste”?




Ferriera: ma quale incidente!

» Inviato da valmaura il 13 January, 2009 alle 2:35 pm

I fatti così come stanno emergendo dalle varie dichiarazioni.

1) la vittima stava lavorando da sola, all’insaputa del suo giovane collega che manovrava la gru, per lubrificarne gli ingranaggi a macchina in movimento operativo.

2) nessun collegamento era in corso tra chi faceva la manutenzione e chi guidava la pesante gru.

3) le dichiarazioni del direttore della Ferriera riportate dal TG regionale della RAI di ieri alle 14, dunque poche ore dopo la tragedia, sono in contrasto totale con quanto appurato. Ovvero il vertice dello stabilimento affermava che non era previsto alcun intervento sulla gru che non doveva essere operativa.

4) alla guida di un mezzo enorme e pericoloso, la gru, operava da solo un giovane di 19 anni, assunto da poco (come riporta la stampa locale).

5) la vittima era un dipendente della Ferriera, lavorava su di un mezzo della Ferriera, che stava scaricando carbone da una nave per conto della Ferriera.

6) tra la morte del lavoratore e la scoperta dell’accaduto è intercorso diverso tempo.

7) alla stampa non è stato permesso l’accesso in fabbrica.

Questa in estrema sintesi la cronaca dei fatti. Cronaca che è bene non dimenticare perché in futuro probabilmente le versioni cambieranno anche alla luce della semplice constatazione che la vittima non potrà replicare.

Ora commenti, dichiarazioni e servizi di stampa.

Contrariamente al solito non possiamo che condividere quanto scritto da Corrado Barbacini nei suoi due articoli pubblicati sul quotidiano locale. Essi offrono, e per la prima volta da quasi dieci anni, un esatto spaccato delle condizioni fatiscenti dello stabilimento (avesse potuto poi vedere ad esempio l’altoforno ed avrebbe subito capito il rischio giornaliero che corre chi ci lavora attorno), di quale sia il clima vero che si respira in azienda nei rapporti tra dipendenti e proprietà e di come l’inquinamento proceda sfrontato sotto gli occhi di tutti: polizia, procura, Ass e stampa.

Sia chiaro per tutti non di un incidente si è trattato, non è stato un fatto imponderabile come la rottura di una catena, a provocare la morte di un lavoratore, ma è stata la semplice criminosa violazione delle più elementari procedure operative in merito alla sicurezza sul lavoro a vantaggio della riduzione dei costi e del maggior guadagno per l’azienda. Punto e basta.

Altrimenti vorremmo capire quali siano le normative sulla sicurezza sul lavoro se si ordina ad un manutentore di lubrificare da solo gli ingranaggi di una macchina come una gru in pieno movimento, senza informare l’operatore della stessa e senza altra assistenza da terra: la tragedia è avvenuta ad un’altezza di oltre dieci metri su di una gru alta una quarantina. Ed i tempi, comunque lunghi, perlomeno tra la tragedia e la sua scoperta, stanno lì a confermarlo.

Quanto questo fatto dimostra, ma non è l’unico e temiamo non sarà l’ultimo, l’assoluta inadeguatezza dei risultati delle continue riunioni sulla sicurezza tra ASS, sindacati e Lucchini-Severstal e fa apparire sostanzialmente ciniche le sistematiche dichiarazioni rilasciate in queste ore dai vari soggetti: insomma come dicono “l’operazione è riuscita ma il paziente è morto” e noi tutti vorremmo invece capire i perché: di come un giovane di 37 anni esca morto dal lavoro dopo appunto i tanti incontri sulla sicurezza interna. E di quali siano i responsabili a tutti i livelli di fronte a Dio ed alla giustizia.

Gravissime sono poi le uscite pubbliche dei vertici della UIL, a partire dal segretario regionale, che rimarcano incredibilmente a scusante della proprietà che il fatto, che ci rifiutiamo di chiamare incidente e che confidiamo la Procura iscriverà come a Torino nel reato di omicidio colposo, sia accaduto nell’ambito di attività portuale sul terreno del demanio e non nel corso di lavorazioni siderurgiche.

Volutamente dimenticando che più di metà dell’area occupata dalla Ferriera è del demanio statale amministrato dall’Autorità portuale, che l’attività di banchinaggio è uno dei businnes della Ferriera, e che il carbone che la nave scaricava non era destinato alla Befana del prossimo anno. E per assurdo certificando che i morti in attività portuale sono la norma e quasi non fanno scandalo nè notizia.

Bastava ancora una volta leggere il riquadro con il parziale, e soprattutto sottolineamo parziale, elenco dei più gravi incidenti sul lavoro accaduti negli ultimi anni in Ferriera, pubblicato a piè pagina nei servizi di stampa, per capire che la difesa di un lavoro dignitoso e sicuro passa per l’immediata chiusura e riconversione di questo stabilimento. E se c’è qualcuno che deve smettere le strumentalizzazioni e deve avere un briciolo di dignità nel tacere oggi sono proprio coloro che lo gridano dai giornali e che usano i comitati Pecorella et similia.




Tutti dentro (meno uno).

» Inviato da valmaura il 21 December, 2008 alle 2:26 pm

Da libero e privato cittadino, iscritto da oltre vent’anni ad un Ordine dei Giornalisti per la cui abrogazione ho promosso assieme a tanti altri colleghi un Referendum alcuni annetti fa, ma da cui possono sempre provare a cacciarmi, visto che è l’unica cosa, salvo il sopprimermi fisicamente, che resti loro da fare, posso iniziare finalmente a dire fino in fondo quello che penso. E non so quanto questo sarà un vantaggio apprezzato da lor signori, ma nulla tengo e di nulla possono privarmi fuorché, ripeto, della vita, che per altro priva di princìpi non merita d’esser vissuta.

Quello che è uscito dopo lunghe e paralizzanti sedute, una, tenutasi il giovedì sera entrerà sicuramente nella cronaca per la presenza di mezzo Consiglio regionale, a partire dal presidente Tondo, dall’assessore alla cultura Molinaro, di tutti i capigruppo e vice dei partiti di maggioranza ed opposizione, da questa legge finanziaria per il riparto dei fondi destinati a sovvenzionare la crescita culturale del territorio, non si era mai visto prima in passato. E sì che nei riparti dei contributi alle cosiddette associazioni culturali in questi ultimi decenni ne avevamo viste di cotte e di crude: per la verità più crude che cotte.

Hanno inserito nella tabella degli enti di preminente interesse culturale, tabella che garantisce un finanziamento minimo di 50.000 euro all’anno ai presenti, di tutto e di più: una pletora di associazioni di cui, almeno per diverse di quelle residenti in provincia di Trieste, veniamo a conoscerne l’esistenza praticamente solo ora, dagli elenchi dei beneficiati.

Si sono divisi nello spartire il pubblico denaro ma si sono coalizzati creando seduta stante una nuova inconfessabile maggioranza solo nella pervicacia di escludere il Circolo Miani, che piaccia o non piaccia è la più significativa realtà socioculturale del capoluogo regionale, dal reinserimento in quella tabella in cui per anni era stato presente, e poi spiegheremo come.

Si è creato per ore un asse che andava dalla PDL al PDmenoelle, come giustamente chiama Beppe Grillo il partito di Veltroni, Zvech e Cosolini, con l’aggiunta delle appendici dell’UDC e dei Cittadini-Italia dei Valori.  E vivissimi complimenti agli uomini di Di Pietro: dei superstiti seguaci di Illy non ci potevamo aspettare nulla di diverso, ed il perché lo spiegheremo subito qui sotto.

A sostenere fino in fondo il Circolo Miani, e a meritarsi per quello che possa valere il mio più grato ringraziamento ed il plauso per aver difeso un briciolo di dignità del Consiglio regionale, solo il Capogruppo della Sinistra Arcobaleno, nonché Segretario provinciale di Trieste del partito della Rifondazione Comunista, Igor Canciani-Kocijancic, ed il Capogruppo della Lega Nord, Danilo Narduzzi, in questo poi affiancato dal Vice Capogruppo, Federico Razzini. Una difesa, la loro, che è durata giorni, con interventi in aula e sui presidenti della regione e del consiglio, non parliamo poi del ruolo giocato da un assessore regionale alla cultura che da maggio non ha voluto nemmeno rispondere alle reiterate richieste di incontro inoltrate dal Circolo Miani e dal Coordinamento dei Comitati di Quartiere.

Vi prego di notare che il mio uso delle maiuscole in questo articolo non è affatto casuale.

Ad un certo punto Canciani-Kocijancic ha chiesto e si è chiesto il perché di tutto questo accanimento per una posta, i 50.000 euro, irrisoria se confrontata alle cifre impegnate nella legge finanziaria e nel riparto della cultura. La risposta è talmente ovvia dall’essere banale ma estremamente illuminante per capire a cosa si sia ridotta oggi la politica: ad una pura occupazione delle istituzioni.

Il problema del Circolo Miani non era che il suo Presidente fosse biondo con gli occhi azzurri e pertanto inviso alla banda di moraccioni che decidono gli stanziamenti. No il problema e la sua conseguente risposta stanno nella scelta esclusivamente politica che sta alla base dell’esclusione, ribadisco unico fra tutti, del Circolo Miani. E lo hanno pure pubblicamente annunciato, dichiarato e festeggiato. Il Circolo Miani è, per loro ripetute affermazioni, troppo indipendente, troppo autonomo: insomma non è affidabile ad una casta politica che usa il denaro pubblico per finanziare soprattutto gli amici degli amici. E noi di certi amici in quasi trenta anni di attività abbiamo sempre fatto volentieri a meno.

Badate quello che, citando l’intervento in aula del Capogruppo della Sinistra Arcobaleno, avrebbe dovuto essere un merito: il fatto cioè che il Circolo Miani ha sempre e solo rappresentato i problemi della comunità senza fare sconti a nessuno, centrosinistra o destra, ed interpretando perfettamente lo spirito ed i contenuti della legge regionale sulla base della quale i contributi vengono stanziati, è stato invece la colpa grave per cui il Circolo andava cancellato.

Che esso abbia rappresentato in tutti questi anni la più importante realtà socioculturale di Trieste e oserei dire dell’intera Regione nel suo campo, non ha avuto assolutamente importanza né per Illy né per Tondo. Perché è giusto qui ricordare che il precedente presidente della regione, proseguendo per altro in una linea portata avanti da quand’era sindaco di Trieste, ha sempre cercato di privare il Circolo Miani dei contributi pubblici, riuscendo finalmente nell’intento, grazie al prezioso aiuto di Margherita e DS, di deliberare nell’ultima riunione della giunta regionale dell’era Illy del 7 aprile 2008, a sei, ripeto sei, giorni dalle elezioni regionali del 13 aprile, l’azzeramento del contributo al Circolo, reo di portare avanti una linea socioculturale non conforme alle opinioni della allora maggioranza. Ed anni prima quando da sindaco si recò dal Presidente della Regione, Roberto Antonione, per chiedergli appunto già allora di azzerare il contributo economico al Miani, ebbe l’ardire di dichiararlo pubblicamente in un’intervista al piccolo giornale di Trieste, accusando in più Antonione di non averlo assecondato. Bellissima immagine quella di un sindaco che chiede alla Regione di uccidere la principale associazione della sua città perché non la pensa come lui.

La ragione politica dell’avversione dell’asse PDL-PDsenzaelle con le rispettive appendici al Circolo Miani è cosa ben nota anche ai sassi: la determinazione nel dare voce ai cittadini per la soluzione di veri e propri drammi: dalla Ferriera-Sertubi, a tutti i problemi irrisolti (vedi il caso amianto contro cui ci battiamo dal 1998 e che solo oggi si pare scoprire) che investono la qualità della vità e la tutela della salute di decine di migliaia di famiglie tra Trieste e Muggia.

E’ questa cultura?  Come nel 1982 scrisse il più grande docente di Antropologia che l’università italiana ha avuto l’onore di avere come docente, Carlo Tullio Altan, questa, ovvero dare voce e rappresentazione, protagonismo ed aggregazione ai cittadini sul territorio, è la più alta forma di cultura oggi utilmente praticabile. E mi fermo qui, senza scomodare le Lettere (i Quaderni) dal carcere di Antonio Gramsci, ove l’intellettuale comunista ucciso dai fascisti, scriveva che gli intellettuali per l’appunto hanno un senso solo se operano nella società al servizio della gente per la loro crescita, altrimenti sono un orpello incipriato.

Ma torniamo a tutto Tondo, se la “colpa” del Circolo Miani era quella rinfacciata da Illy perché la nuova amministrazione dal lui guidata in otto mesi del 2008 non è riuscita a porre rimedio a questa palese ingiustizia che violava lo spirito della legge regionale? Semplice, perché non lo ha voluto.

La legge regionale stabilisce chiaramente i parametri sulla base dei quali una associazione può essere dichiarata “ente culturale di preminente interesse regionale” (anzianità e mole d’attività, strutture e sedi sul territorio, vincolo tassativo a svolgere la sua attività a beneficio non dei soci ma di tutti i cittadini, senza alcuna preclusione, ecc.). E che dovrebbe, e sottolineamo il condizionale dovrebbe, porre un limite alla discrezionalità delle scelte. Oltretutto imponendo alle associazioni che “per la prima volta” vengono inserite in tabella di presentare domanda e documentazione entro il mese di giugno: lo hanno per esempio fatto tutti i nuovi beneficiati? Non era il caso del Circolo Miani che in tabella ci stava da diversi anni su proposta dell’allora Assessore Regionale alla Cultura Franco Franzutti.

Ma la discrezionalità totalmente partitica della scelta fatta è doppiamente grave perché non tiene in conto non solo la legge regionale vigente ma anche il fatto che i denari sono pubblici, ovvero provengono dai tributi pagati da tutti i cittadini del Friuli Venezia Giulia, anche da quel 35% che non ha votato alle ultime elezioni regionali, e del restante 65% che ha espresso le più svariate indicazioni elettorali. Anche dunque delle migliaia di persone che hanno partecipato e partecipano alle iniziative promosse dal Circolo Miani.

E rimandando ad altra occasione l’approfondimento ragionato dei beneficiari i contributi 2009 della regione viene per ora spontanea una domanda: è di preminente interesse culturale per il Friuli Venezia Giulia finanziare conferenze di reduci della divisione SS francese che difese il bunker di Hitler nel maggio 1945 a Berlino?




Déjà vu parte seconda: Ferriera = Caffaro

» Inviato da valmaura il 2 December, 2008 alle 5:52 pm

Come avevamo anticipato, pure nei trascorsi incontri con l’incredula Direzione regionale all’Ambiente, la sorte della Caffaro di Torviscosa, a meno dell’intervento di nuovi compratori disposti ad un ingente investimento finanziario (cosa difficile di questi tempi), è segnata. Si chiude con tutto quello che ne consegue per la perdita dei posti di lavoro e per il salasso delle scarse finanze pubbliche che dovranno farsi carico, oltre che degli ammortizzatori sociali, anche del sostanzioso costo di bonifica e risanamento del territorio, che va fino alle lagune di Grado e Marano, devastato dall’inquinamento dell’ex Snia. Insomma mai come in questo caso calza a pennello il titolo del famosissimo film di Woody Allen “Prendi i soldi e scappa”.

Ma pure dalla Ferriera escono voci che paiono annunciare anche qui quanto da noi ampiamente previsto. Se dovesse trovare conferma che con il quindici di dicembre sparisce praticamente l’indotto dello stabilimento (mille e non più mille) disdettato dalla proprietà che non rinnoverebbe, dopo la messa in ferie obbligate degli interni neppure i contratti a termine, e con esso la manutenzione degli impianti, e se corrispondono al vero le notizie che annunciano il passaggio del ciclo produttivo della Cokeria dalle 16 alle 24 ore per sfornata, con una riduzione della produzione del Coke di oltre un terzo, e il caricamento di Loppa sull’unico scassato altoforno in funzione, siamo all’anticamera della cassa integrazione e della chiusura, sicuramente per l’altoforno.

Viene qui da chiedersi però cosa succederà con la Centrale di cogenerazione che per godere delle ricche agevolazioni tariffarie, pagate dai cittadini sulle loro bollette della splendida, con i soldi altrui, Acegas, deve utilizzare almeno il 51% di gas di risulta degli impianti siderurgici (altoforno e cokeria) per la produzione di energia elettrica. Altrimenti addio agevolazioni e con esse addio al vero businnes che fa tener aperta la Ferriera, a meno che, anche qui ipotesi tutta da verificare, non si riduca del quaranta e passa per cento la produzione di energia elettrica ed il conseguente guadagno. Un tanto perché i controlli sulle percentuali del gas impegnato a questo punto appaiono, da parte di chi di dovere, necessari e rigorosi; soprattutto vista l’affidabilità a mantenere gli impegni dimostrata in questi anni dal Gruppo Lucchini, a cominciare dai due laminatoi solennemente annunciati e mai realizzati, ai seicento miliardi investiti dalle colonne del Piccolo nel risanamento-ammodernamento della fabbrica, e correva l’anno 1998, fino alle ultime promesse di qualche giorno fa. Bella la balla sul teleriscaldamento per i Servolani della progettanda nuova mega Centrale elettrica, costruita more solito con denaro pubblico: ma quante volte dobbiamo riscaldare gratis la casa di questi ingrati, oppure il piccolo piccolo giornale fatto con la carta dei pioppi, non capta nelle tremule foglie della memoria che questi stanno al calduccio già dal 2001 con il teleriscaldamento garantito in occasione della costruzione dell’attuale Centrale.

Mentre accade tutto questo il sindacato, in particolare Cisl e Uil, è distratto dai Comitati Pecorella e dagli esposti contro i cattivi di turno, per altro sbagliando pure nel riportare le citazioni sulle locandine, a conferma che il Rosato della Lucchini non avrebbe mai potuto sperare tanto; ed i politici nostrani e regionali dormono tra Pechino e Tolmezzo i sonni dei giusti, tanto Trieste è una città di marinai, anche se con un porto a ramengo.

Incapaci è dire poco, che ci hanno fatto perdere anni, opportunità di rilancio, lavoro e sviluppo; miliardi a palate dei vari investimenti europei, e soprattutto vita e salute a migliaia di nostri concittadini.




Un buon risultato.

» Inviato da valmaura il 22 November, 2008 alle 5:52 pm

Non si può che essere soddisfatti per la riuscita della manifestazione di stamane. Più di cento persone sono scese per le strade di Servola e Chiarbola per far sentire la voce, le opinioni, le scelte di chi abita e vive sulla propria pelle da tanto, troppo tempo, il dramma della convivenza incivile con Ferriere, Sertubi , Depuratori fognari a cielo aperto, discariche abusive di rifiuti tossici davanti alle finestre di casa propria. Parole vere e non chiacchiere da bar Sport di cui purtroppo si riempiono la bocca e le colonne dei giornali quasi tutti gli esponenti, indistintamente parlando, della nostra classe politica. Un invito pressante a fare presto, ad assumere quelle responsabilità e quelle decisioni che finora i nostri amministratori si son ben guardati dal prendere. Ci siamo resi conto in più recenti occasioni che non conoscono assolutamente i problemi, e quel che è peggio, dimostrano di non voler imparare a conoscerli, dando mano libera a quei funzionari che in questi anni hanno contribuito pesantemente all’aggravarsi della situazione.

E’ per questo che il Presidente della Regione Renzo Tondo, l’Assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna, i Sindaci di Trieste, Roberto Dipiazza, e di Muggia, Nerio Nesladek, ed il Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Angelo Alessandri, saranno invitati nella prima data possibile, ad un incontro chiarificatore al Circolo Miani per capire se si vuole o meno risolvere il grave problema rappresentato dalle emergenze sociali di cui sopra, e in quali tempi, modi e percorsi arrivare il più rapidamente possibile dalle parole ai fatti.

L’iniziativa di oggi aveva pure l’obbiettivo di dare una risposta attraverso gli organi di stampa, che tutti, escluso Rai e stavolta il Primorski, si son ben guardati dall’ informare i cittadini dell’ esistenza della manifestazione, a cominciare dai silenzi di Telequattro per finire al solito Piccolo che ha pubblicato la notizia praticamente in tempo reale con l’inizio della manifestazione stessa, all’opinione pubblica locale e regionale su cosa pensino i diretti interessati sui progetti Lucchini-Acegas.

E sull’inerzia di Governo e Regione a ventiquattro ore dalla scadenza del termine dei sessanta giorni fissato dalla risoluzione parlamentare che impegnava Governo e Regione, ognuno per la sua parte, a redigere entro il 23 novembre il piano di dismissione e riconversione della Ferriera di Servola entro praticamente il 2009, come fissato nel protocollo d’intesa siglato tra la Lucchini ed il Governo nel 2001.

E se cento e passa persone alle undici di un sabato mattina invernale, a Trieste, sono considerate poca e deludente cosa allora vuol dire non conoscere la realtà di questa città. Oppure negare l’evidenza per puro spirito di servile servizio nei confronti di personaggi politici che ben conosciamo, e grazie a Dio non solo noi ma anche la gente, e che gufavano da tempo sciocchezze su credibilità e fiducia. Che loro agiscano così per poco nobili motivi di bottega è comprensibile ma che a questi si uniscano alcune, assai poche per la verità, persone che vivono nel rione e che vedono in Servola Respira e nel Circolo Miani gli obbiettivi da denigrare e colpire, allora buona Ferriera a tutti fino al 2016.

In quanto alla rassegnazione della gente, niente di male, stiano pure lì ad aspettare piangendosi addosso e respirando e vivendo nelle odierne condizioni, “che tanto non servi niente”, e mi raccomando rivotino gli stessi personaggi che li hanno già fregati tre volte: nel 2001, nel 2006 e ora nel 2008. Insomma come il famoso ignudo fabbro della vecchia moneta da cinquanta lire che godeva solo quando sbagliava il colpo.





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