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Circolo Miani » News Correnti » Page 414

IL CIRCOLO MIANI PER TRIESTE

» Inviato da valmaura il 17 April, 2009 alle 4:11 pm

IL  CIRCOLO  MIANI  PER  TRIESTE

 

 

Dal 1981 il Circolo Miani è stato il promotore fino al 2000 dei più significativi momenti di dibattito e crescita dell’opinione pubblica triestina e regionale, ospitando i testimoni più ragguardevoli della società e della cultura italiana.

Dal 2000 in poi, ma già a cominciare dal 1998, l’Associazione ha incentrato la sua attività in quella che potremmo definire una campagna per il rinascimento delle periferie, sul protagonismo dei cittadini nella partecipazione della gestione del territorio in cui vivono.

All’interno di questo percorso ci siamo imbattuti nel grande peso dell’inquinamento prodotto da alcuni impianti presenti nel tessuto urbano e pur non essendo un’associazione ambientalista abbiamo scelto di dare voce e organizzazione a questa priorità indicataci da migliaia di famiglie di Trieste e Muggia, come causa quotidiana di devastazione della loro salute e della qualità della vita.

Dal 2002 in poi ci siamo resi conto che in realtà la soluzione di questi problemi, alcuni per altro gravi ed emergenziali, andava ricercata necessariamente in una prospettiva più ampia: ovvero quale futuro, e con quali strumenti anche istituzionali, vogliamo scegliere per la nostra città e per la sua minuscola realtà provinciale, gestita oggi da un ente la cui esistenza appare assolutamente anacronistica a fronte del denaro che costa e dei risultati che ottiene, al di là delle maggioranze che lo governano.

Ecco perché, fuori dalle emergenze che abbiamo continuato ad affrontare assieme ai cittadini con cui abbiamo costruito una rete di Comitati di Quartiere presenti sul territorio che va da San Vito-Campi Elisi a Muggia, passando per Chiarbola-Ponziana, Servola, Valmaura-Monte San Pantaleone, ed ancora in Borgo Teresiano, Largo Niccolini, Roiano-Gretta e San Giovanni. E forti delle nostre esperienze e grazie alla competenza professionale di alcuni tecnici di valore, abbiamo iniziato a costruire un progetto di rilancio per la nostra Trieste, intesa come realtà nel suo complesso, che tenga conto da un lato della peculiare morfologia del territorio e delle idee che i cittadini in centinaia di incontri ed assemblee ci hanno proposto. Insomma un progetto maturato e cresciuto in itinere cogliendo gli importanti spunti che nascevano dalla partecipazione diretta di tante persone.

Ecco perché abbiamo ritenuto che fosse sbagliato e fuorviante continuare a definire la questione Ferriera, quella etichetta che con maggior insistenza ci ha riduttivamente caratterizzato in questi anni,  come di Servola, ed abbiamo con forza invece sostenuto che essa andava chiamata Ferriera di Trieste. Primo perché la battaglia per il risanamento, la dismissione, e riconversione si vinceva a Trieste e Muggia e si perdeva se circoscritta, come molti soggetti politici ma anche nel mondo dell’informazione andavano caparbiamente anche per gli interessi da loro rappresentati sostenendo, al solo rione di Servola. Secondo perché la soluzione definitiva della chiusura dello stabilimento oggi di proprietà del Gruppo russo-bresciano Severstal-Lucchini, era collegata e di conseguenza imponeva una riflessione ed una soluzione legata al futuro che si voleva tracciare, con la gente ed assieme alla gente che ci vive, per tutto il nostro territorio.

Andava dunque messo in campo un percorso che individuasse da un lato gli strumenti istituzionali che meglio potevano garantire uno sviluppo moderno e partecipato alla nostra comunità, riducendone forzosamente i decennali e costanti momenti di scontro, rivalità e gelosa custodia di piccoli privilegi e competenze tra i vari enti pubblici operanti tutti sullo stesso territorio, che, grazie anche ad una politica di piccola quanto sicura rendita nella gestione del sottopotere locale attuata dai partiti e dalle conventicole del potere, avevano prodotto, a partire dalla metà degli anni Settanta, una situazione di totale immobilismo.

Ecco dunque arrivare alla considerazione che solo la legge costituzionale istitutiva delle Aree Metropolitane, ovvero per noi di Trieste Città Metropolitana, poteva, anche in virtù della autonomia di una Regione a Statuto Speciale, autonomia per la verità assai poco valorizzata dalla politica regionale e non da oggi, quale è il Friuli Venezia Giulia, fornire adeguata risposta istituzionale alla necessità di semplificazione e nel contempo di apertura partecipata ai cittadini chiamati a decidere del proprio futuro, di cui sopra.

In questo contesto maturava quindi la scelta di far confluire, se si voleva realisticamente risolvere, l’emergenza Ferriera, ma non solo se pensiamo a realtà similari quali Sertubi, Italcementi, Inceneritori, vecchio e nuovo, Depuratore Fognario con le vasche di decantazione delle feci di 230.000 produttori scandalosamente a cielo aperto nel cuore di uno dei quartieri più popolosi di Trieste, in un progetto più ampio che investiva le sorti della nostra città.

La chiusura dunque del vetusto e cadente impianto siderurgico che produce da anni oramai solo carbone coke e ghisa, e che appare come un tappo insormontabile che spezza in due le aree necessarie da riqualificare, ed al contempo ne rallenta inesorabilmente la bonifica, di quello che è stato individuato dal Governo come il “Sito inquinato di Interesse Nazionale”, raggiunge così la prospettiva concreta di un progetto utile per il rilancio dell’economia cittadina, per la crescita di nuova occupazione. E con un occhio di particolare riguardo alle sinergie da mettere in campo tra nuove industrie ed imprese di piccole e medie dimensioni ma di alta qualificazione tecnologica e di basso impatto ambientale in un territorio così marcatamente caratterizzato morfologicamente, e la cosiddetta “Città della Scienza e della Ricerca”.

Una realtà scientifica all’avanguardia e di cui la classe dirigente cittadina in tutti questi anni ha sempre lamentato ipocritamente l’isolamento estraniante di questi istituti di ricerca dal contesto circostante. Una impossibilità di integrazione dunque coinvolgente anche l’Università di Trieste, per altro assolutamente evidente quando si chieda di fare sinergia e cooperazione con una realtà imprenditoriale che applica cicli produttivi ottocenteschi, con maggioranza prevalente di manodopera dequalificata. Insomma una Trieste negli ultimi trenta e passa anni prevalentemente soggetto di importazione di braccia e di esportazione di cervelli per quanto riguarda le statistiche occupazionali.

A questo va aggiunto con analoga e prevalente dignità il fattore che nei secoli ha caratterizzato l’affermazione e lo sviluppo di Trieste nel mondo, ovvero il porto con le sue attività indotte correlate, grazie pure all’esistenza di una zona franca portuale che interessa non solo l’interscambio delle merci via mare, ma anche soprattutto, e per niente sfruttata, la possibilità delle loro lavorazioni (da materie prime a prodotti finiti) in regime extradoganale.

E nel contesto di uno sviluppo della portualità, odiernamente bisognosa di spazi enormi per poter lavorare concorrenzialmente e di cui avrebbe senso parlare, non come oggi per spot politici, solo se si ritenesse conseguentemente di dedicare ad essa tutta la realtà territoriale che dal Terrapieno di Barcola arriva fino al porticciolo di Muggia. E’ solo in questo quadro che poi andrebbe eventualmente affrontata la questione da anni palesata, per altro in modo poco chiaro e contrastato, della collocazione di uno o più impianti di rigassificazione. Che a volo d’uccello, anche per le rigide regolamentazioni di sicurezza marittima esistenti, striderebbero non poco con una scelta di rilancio della portualità commerciale e turistica, con conseguente recupero del polo crocieristico.

Altri tre punti sono emersi in questi anni dalla nostra esperienza di confronto con le problematiche che coinvolgono direttamente la gente.

L’immediata necessità della profonda redifinizione di un nuovo piano regolatore cittadino e provinciale, che parta dalle nuove e realistiche previsioni di sviluppo, anzi attuale decremento, demografico della popolazione. Piano che si ponga da un lato l’obbiettivo di salvaguardare le aree verdi urbane e periferiche, a fronte di una tendenza fortemente cementificatoria contenuta nell’esistente. Dall’altro di programmare una politica della casa che porti al riuso dei quasi ottomila appartamenti sfitti esistenti a Trieste, con adeguati incentivi per i privati e con una rivitalizzazione dell’iniziativa pubblica (ATER). Con la priorità della riqualificazione a fronte della nuova costruzione. Ridisegnando l’urbanistica di interi rioni, oggi spesso ridotti ad informi quartieri dormitorio, esemplarmente negativa la realtà di San Sabba (Valmaura – Monte San Pantaleone), oppure abbandonati al totale degrado (Borgo Teresiano) vanificando le riqualificazioni poste in essere tra piazza Libertà-Rive e piazza Unità.

E nel contempo ridisegnare tutta la parte retrostante la nuova area logistico-portuale destinando ad esempio gli alienanti megacomplessi edilizi di via Valmaura, definiti appropriatamente “Il Serpentone di cemento”, ad ospitare le attività commerciali, spedizioniere ed artigianali legate alle attività portuali, dopo ovviamente aver ricollocato le 435 famiglie in case di più civile abitazione.

La banale considerazione che una area senza adeguate e comode infrastrutture viarie e collegamenti aeroportuali e ferroviari non ha possibilità di cogliere alcuna di quelle opportunità di sviluppo sopra indicate, apre la necessità di realizzare in tempi rapidi le opere a ciò necessarie. In particolare potenziare le linee ferroviarie con un percorso della progettanda tratta della TAV che sia di più economica, rapida e meno impattante ambientalmente realizzazione. A partire dallo spostamento del percorso di percorrenza fino alla Slovenia nella variante indicata per Gorizia, con rafforzamento della bretella di collegamento esistente su Trieste. Nel contempo va riqualificata l’attività dell’aeroporto di Ronchi, con l’acquisizione di nuovi voli e soprattutto un rapido e continuo collegamento ferroviario tra esso e Trieste (metropolitana leggera).

La capacità poi di attrarre a Trieste oggi persone decise ad investire qui non tanto i propri soldi ma soprattutto la loro intelligenza, lavoro e vita, apre necessariamente la questione del dovere, anche per rispetto della popolazione residente, assolutamente adeguare la sanità pubblica ad uno standard accettabile e realisticamente funzionante, senza tempi d’attesa biblici per prestazioni sanitarie o fatiscenti ed affollate strutture ospedaliere ed ambulatoriali.

Discorso a parte meritano turismo e cultura. Il primo più realisticamente legato all’attività di promozione congressuale, superando le infinite impasse strutturali, e ad un turismo “mordi e fuggi” che ha da sempre caratterizzato l’esperienza locale. Il secondo, correlato in parte alla valorizzazione del primo, creando un percorso culturale che metta in rete le istituzioni esistenti, valorizzandone e promuovendone la conoscenza, con una sperimentazione legata pure alla riscoperta dei valori tradizionali del nostro territorio carsico, e lanciando un’idea di forte richiamo nazionale ed internazionale. Pensiamo ad esempio ad una rassegna europea del Festival dell’Operetta, sul modello dell’Arena di Verona, utilizzando ad ampliamento strutturale pure la Sala Tripcovich e l’Anfiteatro Romano.

Ed ora, individuata per sommi capi la cornice del progetto complessivo per Trieste, scendiamo alla soluzione concreta per la Ferriera – Sertubi.

1)      Creazione di un gruppo di studio tecnico giuridico che individui tutte le leggi e le normative, regionali, nazionali ed europee, a partire da quella dell’Unione Europea istitutiva degli incentivi economici per la dismissione della produzione “a caldo”, ovvero siderurgica, nei paesi membri, necessarie alla realizzazione del progetto, anche dal lato economico. Sul modello di quanto avvenuto con successo iniziale per la riconversione di Bagnoli a Napoli.

2)      Istituzione di una società mista a capitale pubblico con partecipazione dei privati, insomma una nuova IRI locale, aggiornata e corretta, i cui azionisti siano tutte le istituzioni pubbliche coinvolte nel processo di dismissione e bonifica: Governo, Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità Portuale, Ezit, Friulia, Acegas, ecc. Conseguente offerta di partecipazione a quote di capitale sociale ai privati interessati. Pensiamo alla Severstal – Lucchini, al Gruppo societario in procinto di rilevare la concessione dell’area dello Scalo Legnami, ai grandi gruppi della portualità internazionale, ad esempio i coreani recentemente fuggiti per mancanza di spazi e tempi certi. Società in grado di esprimere un’azione unitaria e dei vertici credibili per interloquire sul mercato.

3)      Mancato rinnovo della concessione demaniale, da parte dell’Autorità Portuale, alla Severstal – Lucchini, in scadenza nel dicembre 2009 e che interessa quasi il 60% dell’area dove opera la Ferriera, con conseguente decadenza della subordinata concessione di banchinaggio conto terzi.

4)      Apertura di congrui fidi bancari sulla base di garanzie ipotecarie e trasformazione ad esempio della proprietà Severstal – Lucchini e Duferco - Sertubi in quote sociali corrispondenti al valore dei terreni, salvo possibilità di esproprio per pubblica utilità dal cui rimborso sarebbe tratto il valore corrispondente ai costi di smantellamento e bonifica per area di loro competenza.

5)      Assunzione dei lavoratori Ferriera e Sertubi, e quant’altri necessari, ad opera della nuova Società per l’immediato loro impiego nelle opere di smantellamento e sgombero delle aree interessate dall’impiantistica oggi presente.

6)      Bonifica area Ferriera e discariche abusive Scalo Legnami con il procedimento della “tombatura” in cemento armato, usando a questo fine pure gli inerti (roccia carsica) derivati dai lavori per la Grande Viabilità realizzati. Unico procedimento realisticamente possibile se non si vuole smuovere lo strato melmoso e tossico delle aree marine circostanti, disperdendo pericolosamente così l’inquinamento per l’Alto Adriatico, e se si intende accorciare tempi e costi per i lavori di recupero dell’area interessata.

7)      Destinazione dell’intera zona ripulita alla finanziata Piattaforma Logistica Portuale, onde evitare come in passato di perdere gli ingentissimi finanziamenti stanziati per il cosiddetto “Obbiettivo 1”.

8)      Riqualificazione del personale ex Ferriera – Sertubi per l’impiego nelle conseguenti attività portuali e di servizio attraverso i Corsi di formazione professionale finanziati dall’Unione Europea.

9)      Tutto quanto in parallelo con gli interventi a ciò necessari per inserire questa opzione come parte integrante e portante del processo di sviluppo teso a garantire il futuro di Trieste, come sopra descritto.

Considerazione conclusiva.

Appare del tutto evidente come negli anni che vanno dal 2001 ad oggi la classe dirigente cittadina e regionale (politica, sindacale, imprenditoriale, manageriale e funzionariale), salvo rarissime eccezioni, sia stata la principale responsabile del fallimento oggi in atto, del tempo irrecuperabilmente sprecato e della totale assenza di idee e progetti.

Insomma la Ferriera è stata la cartina di tornasole di questa irresponsabilità collettiva dei vertici sopra indicati. Non ci interessa qui esaminare se ciò è avvenuto per incapacità, pigrizia o cointeressenza tra politica ed affari. Qui ci si limita a rilevare che ciò è purtroppo accaduto. Punto e basta.

Appare pertanto altrettanto evidente che non può in nessun caso essere la stessa classe dirigente che ha partorito questo fallimento a gestire il progetto qui tratteggiato pena analogo disastro e irrevocabile condanna per le nostre genti ad assistere non più ad un lento, ma ad un veloce decadimento senza speranze per la nostra Trieste.

Trieste, 17 aprile 2009.




Venerdì 17 aprile, alle ore 15, nelle sede del Circolo in via Valmaura 77 a Trieste, presentazione del progetto “Il Circolo Miani per Trieste”

» Inviato da valmaura il 9 April, 2009 alle 1:11 pm

Venerdì 17 aprile, alle ore 15, nelle sede del Circolo in via Valmaura 77 a Trieste, presentazione del progetto “Il Circolo Miani per Trieste”, illustrante il piano di immediata dismissione e riconversione della Ferriera in un quadro di rilancio socioeconomico del territorio della nostra provincia.

Dalla riforma istituzionale di Trieste Città Metropolitana al percorso di potenziamento del porto, ma anche di turismo, commercio, sinergia tra ricerca scientifica e mondo del lavoro, e di un nuovo piano urbanistico che punti al recupero e non alla cementificazione. Di tutto questo si parlerà nell’incontro aperto al pubblico a cui è stata invitata la stampa ma anche i Sindaci di Trieste, Muggia, San Dorligo, Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino, la Presidente della Provincia, il Presidente della Regione assieme all’Assessore Regionale all’Ambiente, i Capigruppo delle forze politiche presenti in Consiglio Regionale.

Questo piano, una prima proposta concreta rispetto alle tante parole dette e sentite finora, è il frutto del partecipato e decennale impegno del Circolo con i cittadini sui principali problemi della nostra comunità. Impegno maturato in centinaia di incontri ed assemblee che hanno visto in questi anni la partecipazione di migliaia di persone. E dunque una riflessione, una proposta che nasce dal basso, dalle vere esigenze delle persone che vivono quotidianamente il nostro territorio.

Vedremo in questa occasione quanti di quegli esponenti dei partiti e rappresentanti delle istituzioni, che si richiamano costantemente alla necessità di “andare tra la gente per ridare credibilità alla politica” decideranno di accettare questo invito a confrontarsi e ragionare proprio con i cittadini e con chi a loro in questi anni ha dato, credibilmente ed in così larga misura, voce.

Ed ora passiamo alle amenità di giornata.

“E’ bellissimo che una persona normale, che ha un suo lavoro e non viva di politica, intraprenda questa avventura”. Ed è la prima volta che condividiamo quanto affermato dal segretario PD, Roberto Cosolini, presentando la candidata al Parlamento Europeo. Posto che lui, che ha sempre e solo vissuto di politica, anche lavorativamente parlando, non ha dunque titolo per candidarsi ad alcunché. Speriamo se lo ricordi in occasione delle prossime elezioni amministrative e che riesca almeno una volta ad essere coerente con quanto dice. Ma ne dubitiamo assai.

Ma la coerenza non è certamente il forte pure per molti che dichiarano sulla stampa a commento del sondaggio sul futuro di Trieste. “Potenziare la Ferriera” sono parole dette non molto tempo fa sia dal presidente degli industriali nostrani, che oggi però riesce nemmeno a menzionarla, che dal presidente della Camera di Commercio che ora invece la ignora completamente.

Ma come dimenticare la roboante affermazione dello stesso Paoletti quando nell’inaugurazione delle Torri d’Europa, il fallimentare ipermercato di Chiarbola, lo presentò come “Il volano per l’economia triestina”, ed era il 2002. Salvo poco tempo addietro dichiarare che l’apertura dei centri della grande distribuzione è stata la rovina per il commercio cittadino che aveva perso diecimila posti di lavoro in questi anni. Ma si sa la coerenza non è mai stata il suo forte. Basti guardare il parco del Mare. O Barcola (terrapieno) o morte: gridava da tutti i giornali per anni. Per poi passare in sequenza a Campo Marzio, Molo IV, Magazzino Vini, e speriamo si fermi qui.

Non parliamo poi delle dichiarazioni dei sindacalisti, in particolare di quello cittadino, provinciale e regionale della UIL (uno e trino) che solo pochi anni fa, correva l’anno 2000, scriveva che invece di spostare la Ferriera, bisognava trasferire le famiglie che ci abitavano vicine (circa 75.000 persone).

Come mettendo le ruote alle case, o con i camper? Ci illumini per favore, perché è da nove anni che il dubbio ci rode e non ci fa dormir la notte.




Lunedì 23 marzo, ore 18, Circolo Miani, Assemblea. Ferriera: come volevasi dimostrare.

» Inviato da valmaura il 17 March, 2009 alle 1:08 pm

Assemblea per organizzare le prossime iniziative (presentazione cittadina del progetto di dismissione e riconversione di Ferriera-Sertubi) lunedì 23 marzo alle ore 18, al Circolo Miani, in via Valmaura 77, a Trieste.

 

La seduta straordinaria del Consiglio Comunale, così come le eventuali prossime analoghe iniziative di Provincia e Regione, non ha partorito assolutamente nulla, se non chiacchiere.

E non poteva che essere così quando a parlarne erano i protagonisti politici e sindacali di questo disastro ampiamente annunciato. E paradossalmente è stato proprio il direttore ed Amministratore Delegato della Ferriera a dettare ancora una volta i tempi e i modi, fino a permettersi una facile profezia, aspramente critica, nei confronti di politica ed istituzioni, di cui per altro dal 1995 si sono ampiamente serviti, affermando che non crede che saranno in grado di risolvere il problema della ricollocazione dei lavoratori nel 2015.

Ma poi se ne sono sentite di tutti i colori. Frasi come quella di un consigliere di AN “i lavoratori hanno dietro tutta la città” suonano talmente non veritiere da domandarsi dove viva la signora che le ha pronunciate. Oggi in realtà la stragrande maggioranza dei triestini e dei muggesani, e da tempo, chiede la chiusura dello stabilimento inquinante, e non nel 2015, quando l’azienda avrà terminato l’ingiusto (secondo le direttive dell’Unione Europea) guadagno sulla strapagata energia elettrica prodotta dalla Centrale di Cogenerazione, grazie agli “aiuti di stato”, ovvero i soldini regalati dai cittadini-consumatori alla Lucchini.

A proposito: qualcuno fa i controlli sulla Centrale, visto che per mantenere le agevolazioni deve utilizzare per la produzione più della metà del carburante fornito dai gas di risulta delle lavorazioni della Ferriera? Perché visto quanto è successo in passato con i controllori pubblici molto distratti che ci ritroviamo non mi pare una richiesta infondata.

Se oggi in realtà, come dimostrato anche dall’assoluto isolamento ed indifferenza dei cittadini in occasione delle non molto partecipate manifestazioni dei lavoratori, la gran parte dell’opinione pubblica è per la chiusura immediata di quel che resta del vetusto stabilimento siderurgico, sul quale in questi anni la proprietà ha investito poco o nulla nei fatti ma tanto in parole e promesse sempre disattese, una responsabilità ce la avranno pure i sindacati che rappresentano i lavoratori.

Se oggi sono soli ciò va ascritto esclusivamente alla politica prò azienda che gran parte di loro hanno svolto in questi anni, rifiutando ogni proposta di collaborazione con i Comitati di Quartiere che pure dal 1998 avevano avanzato proposte per un comune impegno. In tutti questi anni i rappresentanti sindacali della Triplice, in particolare Cisl e Uil, hanno deriso, provocato quando non insultato, andate a riascoltarvi la trasmissione su Antenna Tre nei Video scaricabili su questo sito, del giugno 2005, chi cercava di trovare un punto d’incontro tra chi veniva sfruttato e usato all’interno della fabbrica e chi veniva inquinato e colpito nella salute e nella vita all’esterno.

Che poi ci si aspetti da una classe politica, salvo rarissime eccezioni, di trovare oggi quelle risposte per riconvertire la Ferriera e ricollocare i lavoratori, che non sono stati capaci, né hanno voluto anche per convergenza di interessi con la Lucchini, di predisporre in otto e passa anni, è pura stupidità.

Appare evidente dunque che ancora una volta è la proprietà della Ferriera a dettare i tempi, il 2015, dove fino ad allora faranno solo ed esclusivamente i loro interessi, alla faccia dei lavoratori e dei cittadini inquinati. E appare sinceramente grottesco che alcuni protagonisti del fallimento di questi anni oggi parlino, loro che ne sono i principali responsabili, di “tempo da recuperare per un percorso di riconversione” ed un “progetto di ricollocazione per non perdere un posto di lavoro”.

Quando fino a ieri tenevano bordone nei fatti, con le chiacchiere si può dire tutto ed il suo contrario, alla Lucchini.




Dai 21 tavoli del 2002 al tavolo troppo ristretto del 2009.

» Inviato da valmaura il 12 March, 2009 alle 1:52 pm

Desta meraviglia la assai scarsa memoria dei politici e dei lavoranti dell'informazione sulla ricostruzione della vicenda Ferriera che inizia nel 1995 con l'acquisto della Lucchini e la firma dei protocolli in Prefettura rimasti carta straccia. Come ad esempio quello che garantiva il mantenimento dei livelli occupazionali di allora, e così ben rispettato che nel più completo silenzio, dei sindacati per primi, in questi anni sono evaporati la metà dei posti di lavoro.

Riprende vigore nel 1997-98 con la nascita del Comitato di Quartiere "Servola Respira" e l'impegno del Circolo Miani sul territorio per contrastare il lento avvelenamento della salute e della vita di decine di migliaia di triestini e muggesani provocato dal pesantissimo inquinamento in uscita quotidianamente dalla Ferriera.

E se da anni questo è l'argomento principale della vita politica e sociale della nostra provincia ciò è solo ed esclusivamente ascrivibile a questo lungo, costante e faticoso impegno realizzato con centinaia di assemblee e manifestazioni, a fronte di una sostanziale e completa inerzia delle forze politiche, gran parte delle quali, anche tra coloro che oggi governano Regione e Comune, si erano schierate a difesa degli interessi della Lucchini, nel frattempo sull'orlo del fallimento e rilevata dalle banche creditrici fino alla sua vendita ai russi della Severstal, e della compiacenza aziendale dei sindacati della Triplice.

Non parliamo poi del ruolo dei controllori pubblici in tutti questi anni. Prima l'Azienda Sanitaria e poi l' ARPA per lungo tempo hanno taciuto su tutto o sostenuto l'esatto contrario di quanto poi verrà dimostrato dal Cigra su incarico del Sostituto Procuratore Frezza. Fede ne fa che a oltre dieci anni dalla richiesta, l'ASS triestina diretta allora come oggi da Rotelli, passando per una gestione Zigrino assolutamente in linea, non ha mai realizzato quell'indagine epidemiologica sui residenti nella provincia di Trieste chiesta e richiesta non si sa più quante volte.

Oggi dopo dieci e passa mesi di Presidenza Tondo, che per altro doveva perlomeno conoscere il problema per i due anni di precedente sua gestione della Regione prima di Illy e per gli incontri avuti allora con il Presidente del Circolo Miani che lo aveva informato della gravità della situazione. Dopo i 21 tavoli tecnici insediati nel 2002 dall'allora assessore regionale di AN Sergio Dressi, tanti i tavoli ma nessuna sedia per i rappresentanti dei cittadini che avevano sollevato il problema e che mai erano stati invitati da un assessore che per altro dichiarava pubblicamente che "con buona pace di Maurizio Fogar prima viene il lavoro e poi la salute". E che, rifiutatosi nel 2000 l'allora Presidente della Regione Roberto Antonione di parteciparvi, correva ad inaugurare il tubificio Sertubi tra le case di viale Campi Elisi e gli abitanti che ne contestavano l'apertura e teneva a fianco del City Manager illyano Gambardella, la prolusione ufficiale. Di una fabbrica che all'atto stesso della sua inaugurazione aveva già violato sei delle nove prescrizioni vincolanti la tutela della salute e dell'ambiente ordinate dalla stessa Regione di cui era Assessore. Ma che aveva permesso, a danno dello Stato, la realizzazione della più grossa speculazione immobiliare mai realizzata a Trieste. L'area, occupata solo in parte dal tubificio nato morto, era stata acquistata dalla Finmare (IRI-Stato) al prezzo di 11 miliardi, pagabili in quattro rate, e rivenduta poche ore dopo lottizzata per 33 miliardi di allora, tre volte il prezzo pagato.

Dopo la lauta consulenza Gambardelliana pagata dalla nuova Regione guidata da Riccardo Illy, correva l'anno 2003, che produceva un risultato di poche paginette contenenti una summa generica di banalità e di ipotesi (financo destinare l'area occupata dalla Ferriera a discarica per computer dismessi e materiale informatico da buttare) che due pensionati sulle panchine del Giardino Pubblico al prezzo di due cappuccini avrebbero meglio partorito, nasce il Tavolo Istituzionale sulla riconversione e dismissione della Ferriera, come richiesto dalla stessa proprietà della Lucchini allora guidata dal curatore fallimentare della Parmalat, Bondi, su incarico delle banche creditrici del Gruppo, entro il 2009. Richiesta formalmente sottoscritta nel protocollo con il Governo di allora (il secondo Berlusconi). Perchè il 2009. Perchè le banche che controllavano il consiglio di amministrazione della Lucchini volevano recuperare al più presto i propri crediti, ovviamente con gli interessi, vendendo il vendibile e tirando avanti con la Ferriera fino a quella data, anno in cui scadevano le agevolazioni tariffarie sull'energia elettrica prodotta dalla Centrale di Cogenerazione che erano il vero businnes dello stabilimento triestino, oltre al banchinaggio conto terzi.

Tavolo istituzionale che viene guidato nominalmente dall'Assessore all'Industria Bertossi, e di fatto da quello al Lavoro, Cosolini. Che si riunisce di media due volte all'anno, con tutti gli aventi interessi e voce: dalla Provincia al Comune, dall'Autorità Portuale all'EZIT, dalla Camera di Commercio alla CNA, dalla Confindustria ai sindacati. E con Maurizio Fogar e Romano Pezzetta invitati ma senza diritto di voce, solo in qualità di "uditori".

Il fallimentare risultato è sotto gli occhi di tutti tanto che nell'ultimo semestre della Giunta Illy, il tavolo è praticamente evaporato e scomparso senza che nessuno abbia avuto di che lamentarsi, e sostituito da uno analogo ma più ristretto, in pratica senza gli uditori, ed i cui lavori, presieduti, quando ne aveva voglia, dall'Assessore Moretton sono stati secretati perfino alla stampa costretta a rimanere fuori dalla porta.

Nell'unico incontro avuto con il rieletto Presidente Tondo che aveva posto come una delle priorità programmatiche, affiancato dai vari Camber, Bucci, Tononi e camerati, della sua campagna elettorale l'immediata chiusura della Ferriera, e non oltre il 2009, Romano Pezzetta e Maurizio Fogar avevano colto l'assoluta ignoranza del problema da parte della Regione e la totale mancanza di un percorso da seguire. Basti pensare che Tondo, Lenna ed i funzionari regionali non sapevano neppure che la metà dell'area occupata dallo stabilimento era demaniale ed occupata da Ferriera in virtù di una concessione dell'Autorità Portuale, nel cui Comitato di gestione siedono, in scadenza nel dicembre 2009. E comunque Tondo aveva escluso tassativamente l'ipotesi di metter in piedi tavoli di qualunque tipo.

Arriviamo ad oggi ed apprendiamo dalla stampa che Tondo ha nel frattempo cambiato idea, oltre ad aver completamente dimenticato i solenni impegni elettorali. Tant'è che, non so se qualcuno lo ha notato, dei preoccupanti dati del costante inquinamento della Ferriera non parla più nessuna istituzione, salvo, e qui stavolta dobbiamo fargli i complimenti, il Sindaco Dipiazza che nel corso dell'incontro di ieri al Tavolo provvisorio, ha sventolato i dati negativissimi rilevati dalla per ora rinsavita ARPA.

Ed apprendiamo pure che a questo nuovo Tavolo della Regione, una versione ristretta dei precedenti, saranno comunque presenti tutti i portatori di interesse, meno ovviamente i veri rappresentanti dei cittadini che dal 1997-98 hanno sollevato l'esistenza del problema, e che non hanno altro interesse da difendere che la propria vita.

Una piccola ma significativa dimenticanza che però viola pienamente quanto stabilito nella risoluzione parlamentare votata nel settembre 2008 che stabilisce per ben due volte che Regione e Governo devono coinvolgere e far partecipare alla discussione e stesura del piano di riconversione e dismissione della Ferriera, proprio i rappresentanti di quei circoli (testuale) che operano sul territorio dove risiede la popolazione coinvolta dall'inquinamento. Buon lavoro al TAR dunque, se le cose non cambiano da subito.




Ferriera-Regione: l'interrogazione al Sindaco Dipiazza, con una piccola premessa.

» Inviato da valmaura il 3 March, 2009 alle 1:39 pm

Con una piccola premessa:

La moltiplicazione dei pani, dei pesci, e dei manifestanti.

La cronaca del piccolo giornale di oggi, 4 marzo, offre un altro esempio da manuale, sempre che ce ne fosse ancora bisogno, di come non fare informazione.

Cominciamo dai fatti: “oltre 200 operai in corteo”. 91 erano in via San Marco, a saltare davanti alla Pam al grido ritmato di Ferriera-Ferriera. Badate bene non Lavoro-Lavoro, tant’è potevano inneggiare direttamente alla Lucchini-Lucchini. E 91 sono rimasti, contati cranio a cranio, per tutto il corteo, aperto da un vecchio striscione bianco: “Siderurgia Si – Sicurezza Si”, che spero sia stato portato anche ai funerali di Dusan Poldini, l’ultimo degli operai assassinati sul lavoro nello stabilimento siderurgico, ed a quelli delle tante persone, lavoratori compresi, ammalatisi e morti di inquinamento in questo decennio. Alla fine del corteo faceva capolino uno striscione piccolo e rosso con la scritta RSU Ferriera.

Ma per il piccolo giornale, così come i novecento cittadini manifestanti in difesa della salute e per l’immediata riconversione della Ferriera nel giugno scorso erano “meno di trecento” dimezzando persino l’ingenerosa versione della Polizia (oltre 600), così i 91 qui diventano 200. Non occorrono commenti per capire quali interessi difenda il piccolo giornale che a queste iniziative dedica sempre settimane di articoli a tutta pagina e titoli nelle locandine. Ovviamente mai ottenuti dalla decina e passa di manifestazioni con migliaia e migliaia di persone in piazza a difendere qualcosa di unico ed importante come la salute e la vita.

Altro dato che è emerso inconfutabile ieri, nonostante tutto il battage preparatorio di Piccolo e Telequattro, è che la manifestazione si è svolta nel più assoluto isolamento e nella totale indifferenza della cittadinanza, quando anzi i commenti sentiti in giro tra la gente di passaggio erano molto pesanti contro il permanere della Ferriera a Trieste.

Se poi si accetta la solidarietà politica “dell’ironico Cosolini” che primo fra tutti dovrebbe tacere, vergognarsi ed uscire di casa solo a notte fonda camminando rasente i muri per la faccia di bronzo che si ritrova dopo aver per cinque anni, da assessore regionale al lavoro, presieduto il totalmente fallimentare tavolo istituzionale per la riconversione della Ferriera ed il ricollocamento dei lavoratori, allora vuol dire che oltre alle speranze si è persa pure la testa.

Ultima perla del piccolo giornale di ieri, in altra pagina ed in altro servizio, quando sente il bisogno di riportare un “insegnamento” del maestro Rotelli, direttore dell’ASS triestina, che afferma testuale “non è detto che, chiudendo la Ferriera, il destino dei lavoratori sarà migliore”.

Poiché non abbiamo le capacità divinatorie del mago Otelma riteniamo che questa banalità da osteria ce la poteva risparmiare. Pensi invece Rotelli a quell’indagine epidemiologica sulla salute di tutti, lavoratori compresi, che attendiamo che l’Azienda che lui dirige realizzi, pensa un po’, solo dal 1999.

E in chiusa vorremmo solo ricordare che i tanto vituperati “circoli” responsabili della recessione mondiale, insomma una potenza al cui confronto la “Spectre” di bondiana memoria era un gruppo di educande, e dunque della chiusura della Ferriera, ma perché non pure di Piombino con 600 e passa in strada, da ben 8 anni avevano individuato un percorso per le bonifiche e la riconversione del sito di Servola . Percorso e progetto che Circolo Miani e Servola Respira avevano presentato indicando persino i fondi per finanziarli e che non avrebbe fatto perdere né un giorno né un posto di lavoro. Abbiamo ancora nelle orecchie le risate di scherno dei bravi sindacalisti che hanno oggi messo nelle condizioni i lavoratori di trovarsi con il culo per terra alla mercè delle scelte di una azienda che fino a qui hanno sempre spalleggiato. Si contentino degli applausi dei Rosato e dei Semino alle audizioni come quella in Comune.

 

Ecco il testo dell’interrogazione a risposta scritta presentata oggi da Maurizio Ferrara a nome del Gruppo della Lega Nord al Consiglio Comunale, a seguito dell’incontro con il Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia ed il Coordinamento dei Comitati di Quartiere.

 

Oggetto: Interrogazione al Sindaco del Comune di Trieste

 

Posto che l’amministrazione comunale ha ritenuto, con deliberazione di data 12.06.2008, protocollo n.0823179/69/06/2, sulla base delle norme vigenti che regolano i procedimenti di rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali di competenza regionale, di chiedere formalmente l’apertura di un procedimento di revisione dell’AIA rilasciata dalla Regione con delibera giuntale dd. 28.12.2007 e pubblicata con annesso regolamento prescrittivo sul BUR di gennaio 2008 alla Lucchini spa, proprietaria dello stabilimento Ferriera di Servola.

Posto che tale richiesta, motivata con le deduzioni che avevano accompagnato il parere negativo del Comune di Trieste alla precedente Conferenza dei Servizi che doveva decidere sul rilascio dell’AIA alla Ferriera e con i dati forniti dagli enti di controllo sulla sussistenza di continue emissioni inquinanti provenienti dallo stabilimento ben oltre i limiti di legge e dannosi per la salute di cittadini e lavoratori, aveva indotto l’Amministrazione regionale, a termini di legge, ad aprire formalmente un procedimento di revisione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla Lucchini spa.

Posto che la fase istruttoria di tale procedimento si è conclusa, con la raccolta dei pareri e delle osservazioni degli interessati aventi titolo tra cui di particolare rilevanza tecnico-giuridica quella presentata dal Circolo Miani e Servola Respira, il 28 agosto 2008.

Si interroga il Sindaco per capire come mai la Regione, a distanza di sei mesi dalla conclusione formale del procedimento istruttorio, non abbia ancora dato corso alla fissazione di una data per la convocazione della Conferenza dei Servizi, come previsto espressamente dalla legge vigente, per decidere sulla revisione, e sul ritiro, come auspicato dalla Lega Nord, in coerenza con la posizione espressa da questa amministrazione comunale e con la risoluzione parlamentare votata il 23 settembre 2008, dell’ Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla Ferriera, Lucchini spa, per altro ben dopo il termine tassativo di legge fissato improrogabilmente per il 31 ottobre 2007, ed oggetto pure di una procedura d’infrazione aperta dalla Unione Europea per il mancato rispetto dei termini temporali.

Si interroga il Sindaco per capire come mai l’Amministrazione Comunale promotrice formalmente della richiesta di revisione dell’AIA rilasciata alla Ferriera, non abbia sollecitato la Regione a fissare a termini di legge la convocazione della Conferenza dei Servizi e si sollecita la medesima a farlo tempestivamente.

Si ricorda che il ricorso al TAR presentato dalla Lucchini spa in ottobre verso tre ministeri, la Regione e le amministrazioni locali, senza neppure la richiesta di un atto sospensivo, non può in nessun caso interferire con il regolamentato procedimento di revisione dell’AIA poiché la Carta Costituzionale garantisce la totale autonomia dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. E sarebbe gravissima la considerazione che un semplice atto ricorrente a qualunque istanza giudiziaria possa essere motivo di sospensione di un procedimento legislativo, il cui esito eventualmente sfavorevole casomai potrà essere contestato nel merito dal ricorrente una volta assunto, e non prima.

Si chiede altresì a questa Amministrazione, che siede con il proprio Sindaco nel Comitato Portuale, Comitato a cui spetta l’onere di decidere sull’eventuale rinnovo a fine dicembre 2009 della concessione dell’area demaniale occupata dallo stabilimento Ferriera di Servola di proprietà della Lucchini spa, di esprimere parere negativo al prolungamento di detta concessione demaniale e ad attivarsi da subito presso il Presidente dell’Autorità Portuale e le altre amministrazioni (Regione, Comune di Muggia, Governo, Dogane, Capitaneria di Porto e Provincia) che siedono con i loro rappresentanti nel medesimo Comitato al fine di uniformare il proprio voto a quello negativo del Comune di Trieste.

Si ricorda che tra i motivi per non rinnovare la concessione in uso dell’area che di fatto equivale a quasi metà di quella occupata dallo stabilimento si possono esporre:

1)      Il vasto interramento abusivo, corrispondente ad una area pari ad otto campi di calcio, del Vallone di Muggia attuato negli anni dalla proprietà della Ferriera, interramento su cui per altro non risulta essere stato pagato negli anni alcun canone, con un duplice danno al pubblico demanio.

2)      Il recente sequestro a cura della Procura della Repubblica di una discarica abusiva di materiale altamente inquinante creata dall’attuale proprietà nell’area dello Scalo Legnami, dunque zona demaniale marittima, a latere di altra discarica di materiali edili pure oggetto di altro analogo provvedimento giudiziario.

3)      Il mancato rispetto e la totale inadempienza della Lucchini spa denunciata in tutti i verbali delle Conferenze dei Servizi decisorie a partire dall’anno 2003 per altro inviati pure al Comune di Trieste ed all’Autorità Portuale tra gli altri, fino all’ultimo verbale del luglio 2008, a firma del Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente, dott. Mascazzini, e che di fatto hanno bloccato la caratterizzazione del sito altamente inquinato sul quale opera la Ferriera. Oltre al fatto che le analisi sui campioni di suolo, sottosuolo ed acque di falda e marittime hanno dimostrato una presenza micidiale dei peggiori e più dannosi per la salute inquinanti, frutto della produzione non protetta dello stabilimento.

4)      La semplice constatazione che la presenza nell’area demaniale della Ferriera rende impossibile l’avvio dell’azione di bonifica del sito inquinato di interesse nazionale e conseguentemente impossibile la destinazione ad uso portuale dell’area in questione nell’ambito della realizzazione della prevista piattaforma logistica.

5)      L’osservazione che per la prima volta in cento anni è stato concesso ad un privato di realizzare una concorrenza di qualche consistenza, anche con le recenti autorizzazioni rilasciate incredibilmente dall’Autorità Portuale, per il banchinaggio conto terzi e per il raddoppio dell’area della banchina stessa. Cosa invece pervicacemente negata al Comune di Trieste, pur ente portatore di interessi diffusi, nel caso della sola compartecipazione al defunto polo crocieristico.





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