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'L'Eco della Serva'
Fatti e misfatti della settimana

Laminatoio a caldo e “giornalismo” a freddo.
Le sorprese della censura talvolta sono anche divertenti. ..
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Trieste Verde. A cosa diciamo no!
Dicemmo no alla progettata Centrale a Carbone nel Vallone di Muggia, battaglia vinta..
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*Circolo Miani
*Ferriera: le analisi della procura
*Questionario medico Ferriera

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Circolo Miani » News Correnti » Page 397

TG da Strada. Quindicesima edizione. Speciale Elezioni.

» Inviato da valmaura il 15 April, 2011 alle 1:12 pm

Sabato 16 aprile, dalle ore 15 alle 18, a Barcola all’altezza del Bivio di Miramare.

Domenica 17 aprile, dalle ore 11 alle 13, in piazza Unità, sulle Rive lato Prefettura.

A condurre le due edizioni straordinarie del TG da Strada dedicate alle elezioni amministrative sarà il giornalista Maurizio Fogar.

www.circolomiani.it




Sabato 9 aprile Conferenza Stampa de LA TUA TRIESTE COMITATI DI QUARTIERE e poi TG da Strada a Barcola e domenica mattina in piazza Unità sulle Rive.

» Inviato da valmaura il 7 April, 2011 alle 7:07 pm

La Conferenza Stampa, aperta al pubblico, di presentazione del simbolo, del programma e dei candidati, compresi Sindaco e Presidente della Provincia, de LA TUA TRIESTE COMITATI DI QUARTIERE si terrà sabato 9 aprile alle ore 11 presso il Circolo Miani, a Trieste in via Valmaura 77 (nono piano, ascensore di destra nel portone).

Più siamo, ovviamente meglio stiamo; come nostra radicata abitudine.

Poi sempre sabato 9 aprile, dalle ore 15 alle ore 17, a Barcola alla fine dell’ex piazzale Kennedy dove inizia la passeggiata a mare della Pineta, quattordicesima edizione settimanale del TG da Strada, Edizione Straordinaria: Speciale Elezioni, condotta dal giornalista Maurizio Fogar.

Ed ancora domenica 10 aprile, dalle ore 11 alle ore 13, sulle Rive di fronte piazza Unità, lato Prefettura, quindicesima edizione del TG da Strada, sempre Edizione Straordinaria: Speciale Elezioni, e sempre condotta da Maurizio Fogar con la partecipazione di Alessandro Giombi.




La Tua Trieste Comitati di Quartiere. Al Circolo Miani, martedì 5 aprile alle ore 20.30

» Inviato da valmaura il 4 April, 2011 alle 9:25 pm

Martedì 5 aprile, alle ore 20.30 al Circolo Miani, in via Valmaura 77, prima riunione organizzativa dei candidati e dei collaboratori della Lista LA TUA TRIESTE COMITATI DI QUARTIERE.

Se vuoi portarci le Tue idee e la tua collaborazione, vieni.




La Tua Trieste Comitati di Quartiere. Il Programma.

» Inviato da valmaura il 30 March, 2011 alle 4:01 pm

TRIESTE
ELEZIONI AMMINISTRATIVE
DEL 15 E 16 MAGGIO 2011

PROGRAMMA DEL CANDIDATO SINDACO MAURIZIO FOGAR
E DELLA LISTA CIVICA “LA TUA TRIESTE - COMITATI DI QUARTIERE ”

LA TUA TRIESTE  COMITATI DI QUARTIERE

Una città "pulita" in cui sia bello vivere

Abbiamo scelto, assieme ai Comitati di Quartiere che in questi ultimi anni sono sorti in gran parte della città, questo nome per la futura lista civica.

PERCHE' "LA TUA TRIESTE COMITATI DI QUARTIERE".  Perché una lista civica.

Il nome per noi è anche un programma, e la parte più importante del nome sta proprio in quella "TUA". Perché abbiamo voluto, proprio a partire dal nome della lista, evidenziare che siamo noi, ovvero tutti i cittadini, i veri padroni della città in cui viviamo. Vogliamo dunque riappropriarci della nostra vita, insomma riprenderci la città ed il diritto di determinarne le scelte.

Perché una lista civica. Perché in questi ultimi anni, in cui abbiamo dato voce con i Comitati di Quartiere ai veri problemi che ci troviamo ad affrontare quotidianamente a Trieste e che qualunque amministrazione pubblica, indipendentemente dal colore di parte, avrebbe avuto il dovere di risolvere, ci siamo invece resi conto che ai partiti che occupano le stanze del potere questi problemi non interessano.

Ecco perché dopo anni di inutili tentativi, di rincorse affannose per chiedere alle istituzioni, Comune e Provincia per primi, di affrontare e risolvere i bisogni veri con i quali la gente normale si trova a fare i conti ogni giorno, abbiamo capito, vista la sordità dei partiti, che l'unica vera soluzione era quella di “cambiare aria”  mandando a casa questi signori.

Ci siamo, infatti, resi conto che, se i problemi che ognuno di noi ha, nei nostri rioni, possono essere in parte diversi, la causa che scatena queste scelte scellerate che la gente si trova a dover subire e conoscere, a cose già decise, è sempre la stessa!

Un'arroganza politica che difende gli interessi di pochi contro i diritti dei molti.

Ecco perché le assemblee dei cittadini nei vari quartieri hanno deciso che, se si vuole veramente cambiare questa situazione, riappropriandosi del diritto di scegliere il proprio futuro, non rimaneva altra possibilità che quella di impegnarci direttamente. Una scelta indispensabile per cambiare la politica, mettendo di nuovo al centro delle azioni delle Amministrazioni i cittadini, con i loro bisogni, con le loro necessità, con il diritto di decidere che cosa fare fuori delle porte delle loro case.

Proprio perché questi problemi non hanno colore politico, ma è il minimo che una vera politica deve fare per garantire un'accettabile qualità della vita di una comunità, abbiamo deciso che questa lista civica sia presente esclusivamente nelle elezioni amministrative, ovvero per il rinnovo della Provincia, del Comune e dei Consigli circoscrizionali, lasciando libera scelta per tutti invece alle elezioni politiche.

RIDARE DIGNITA’ E FUTURO A TRIESTE

Abbiamo pertanto ritenuto opportuno, piuttosto di presentare la classica "lista della spesa", ovvero i soliti programmi con promesse mai realizzate che i partiti da quaranta anni ci propinano, di incentrare l'impegno futuro della lista civica, oltre che su alcuni punti fondamentali per la cui soluzione da anni i cittadini si battono, su di un metodo politico nuovo, capace di garantire la partecipazione di tutti alle scelte delle future amministrazioni e di vincolare chi riceve voti e denari dai cittadini a rispettare rigorosamente il mandato che ha avuto.

Per realizzare ciò bisogna necessariamente cambiare il funzionamento degli strumenti che i cittadini hanno per governare la propria città.

RIFORME ISTITUZIONALI

Primo passo è necessariamente quello di modificare gli statuti, comunale e provinciale, che purtroppo pochi conoscono, anzitutto in alcuni punti centrali.

Il primo riguarda le regole che definiscono la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte dell'Amministrazione. In particolare occorre inserire lo strumento, sostituendo le attuali norme che lo regolano, del referendum vincolante sulle principali decisioni e competenze delle amministrazioni locali, ogniqualvolta la scelta comporti un profondo cambiamento sul territorio (vedi ad esempio la proposta di costruzione di due impianti GNL a Trieste)

I consigli circoscrizionali

Il secondo punto consiste nell'abrogazione della parte statutaria inerente l'attuale funzionamento delle Circoscrizioni, e passa attraverso l'abolizione delle stesse attuali sette divisioni circoscrizionali che amministrano, si fa per dire, dai 34.000 ai 54.000 abitanti l’una e pensate che Monfalcone ha 29.000 e Gorizia 40.000 abitanti, ridotte a puri e costosi enti inutili, e ad una loro radicale rideterminazione, sia dal punto di vista territoriale, ovvero facendo in modo che tornino ad essere corrispondenti ad una parte omogenea dell'abitato cittadino (recuperando l’identità dei rioni), sia dal punto di vista delle competenze, sia da quello del ruolo che queste dovranno assumere in un futuro vero decentramento comunale. Questi enti inutili e costosi (oggi pesano sulle tasche di noi tutti per più di un milione di euro l'anno), dovranno in futuro essere il vero cuore pulsante delle decisioni che l'amministrazione pubblica prenderà in ambito comunale. Esse pertanto dovranno essere ridisegnate in modo da riflettere fedelmente i problemi del territorio in cui operano, premessa necessaria per avere la capacità d'ascolto, conoscenza e risoluzione dei problemi della gente.

Altro aspetto fondamentale di questa riforma sarà la delega diretta di buona parte dei poteri che oggi spettano agli assessori ed al Consiglio comunale, in materie quali i lavori pubblici, la manutenzione del territorio, il verde pubblico, l'assistenza socio - sanitaria, le iniziative culturali e ricreative, il controllo e la sicurezza del territorio, la gestione dell'istruzione (asili nido, scuole materne, pianificazione scolastica e ricreatori comunali), le politiche per i giovani e per gli anziani. Per fare ciò primo atto della nuova amministrazione sarà ripartire sotto questa nuova logica il potere comunale, abolendo alcuni assessorati e trasferendo ai nuovi Consigli circoscrizionali, oltre al potere deliberante su queste materie, i finanziamenti ed il personale necessari.

Il terzo aspetto riguarda il ruolo e l'ubicazione delle Circoscrizioni. Non dovranno più essere il piccolo ufficio dove noi ci rechiamo per rinnovare un documento o ritirare un certificato, ma andranno immediatamente individuate in ogni quartiere delle vaste zone idonee dove, accanto agli uffici della Circoscrizione, andranno collocati i nuovi servizi pubblici sul territorio. Vale a dire l'apertura di centri di socializzazione dove gli abitanti del quartiere possano ritrovarsi, aree verdi attrezzate, centri di servizio e d'assistenza per le categorie disagiate, facendo così diventare il Consiglio circoscrizionale il cuore pulsante della vita del rione. Sarà altresì istituito lo strumento del referendum circoscrizionale, attraverso il quale lo stesso ente, così come avverrà per Comune e Provincia, sia vincolato dalle scelte dei residenti per iniziative che riguardino tutto il quartiere.

Il difensore civico

Altra qualificante riforma della nuova amministrazione sarà quella di dare vigore e impulso all'istituto del Difensore Civico, oggi di fatto esistente solo sulla carta, che sarà dotato di pieni poteri, pari a quelli di un collegio arbitrale giudicante, sul controllo della regolarità dell'operato della burocrazia comunale e dell'equa correttezza dei rapporti tra cittadini ed Amministrazione a tutti i livelli. Esso pertanto dovrà essere liberato da qualunque condizionamento politico e la sua elezione dovrà avvenire con suffragio diretto in contemporanea al Sindaco. La sua durata sarà di cinque anni, rinnovabili per due volte. L'ufficio del Difensore Civico andrà potenziato sia in mezzi sia in personale, in modo da dare allo stesso ufficio una reale autonomia operativa a maggior tutela dei cittadini.

Il Difensore Civico Provinciale avrà le stesse modalità d'elezione, durata e operato.

FUTURO E SVILUPPO DI TRIESTE

I prossimi cinque anni saranno decisivi per la nostra città, e lo saranno in tutti i sensi. Nel 2006 infatti si è perfezionato l’ingresso a pieno titolo dei nuovi dieci paesi (a partire dalla Slovenia, Ungheria, Polonia, ecc..) nell’Unione Europea e nell’Euro, pertanto il mitico e decantato retroterra naturale di Trieste, la Mitteleuropa, sarà la nuova frontiera dell’Europa e finalmente almeno la finiranno con la balla di “Trieste cerniera, porta d’Europa”. Questo pone la nostra città davanti ad un semplice ed ineludibile bivio: fare la fine di Gorizia, ovvero il pensionato d’Italia, e vivacchiare il proprio declino in attesa di arrivare ai centomila abitanti, meta non irraggiungibile vista l’ attuale perdita di residenti (tra le 1500 e le 2000 unità in meno all’anno), oppure individuare alcune idee forti capaci di ridare a Trieste una prospettiva concreta di sviluppo, un futuro capace di attrarre non solo capitali ed investimenti ma anche cervelli e persone. Ecco perché i prossimi cinque anni saranno quelli che contano. C’è un altro aspetto poi che rende decisivi per la città i prossimi anni, e che ha spinto i Comitati di Quartiere a scendere in campo con “La Tua Trieste”: l’assoluto aggravarsi di tante situazioni emergenziali sul territorio, di veri e propri drammi sociali ed umani, e la presenza di un disegno preciso guidato da pochi teso a mettere le mani sulla città con la complicità sostanziale di quasi tutti i partiti politici.

 Ecco a queste situazioni non si possono concedere ancora cinque anni d’attesa, d’inerzia e di silenzio.

INDUSTRIA

 “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” ritiene che la presenza di una vera industria, ad alta tecnologia e basso impatto ambientale sia una delle poche prospettive di sviluppo per la città, l’unica capace di mettere in rete e di dare ricadute concrete a tutte le istituzioni scientifiche, di ricerca ed universitarie presenti a Trieste. Fa sorridere sentire i nostri politici parlare da anni di “isolamento” della “città della scienza” di mancanza di collegamenti tra il mondo del lavoro e quello della ricerca e pensare che ci possa essere qualche forma di sinergia o collegamento tra chi lavora al Sincrotrone e chi fa ghisa con procedimenti lavorativi ottocenteschi.

La scelta obbligata dunque per un futuro industriale della città è quella di puntare, anche per la particolare composizione geografica del territorio, una provincia piccolissima chiusa tra il costone carsico ed il mare, su imprese medio piccole, da venti a cento-duecento dipendenti, facili dunque da ricollocare in caso di chiusure o fallimenti, con produzioni di altissimo livello tecnologico per le quali occorre predisporre per tempo un’adeguata mano d’opera ad altissima formazione e specializzazione utilizzando gli appositi cospicui fondi europei che oggi la Regione impiega magari per corsi di guide museali o di estetiste.

La scelta di puntare esclusivamente a questa tipologia industriale nasce da un’altra banale considerazione: solo queste industrie possono resistere alla spinta globalizzante di una “ricollocazione” (termine gentile che significa chiudere qui, e per qui si intende Regione, Italia, Europa, licenziare e riaprire in Cina, Ucraina, Bielorussia, Corea, dove il costo della manodopera è irrisorio) alla quale sono ricorse anche recentemente Aziende assolutamente in attivo, vedere i casi della De Longhi ad Ampezzo (trecento operai a casa) e non perché Pinguini o Deumidificatori non vendano, oppure la Wihrpool, elettrodomestici (nel varesotto mille a casa).

PORTO

Innanzitutto non ha alcun senso parlare di porto se a questo non si destinano tutte le aree costiere, dal terrapieno di Barcola a Muggia. Oggi infatti i porti abbisognano principalmente di un grande spazio per la movimentazione dei containers e delle merci (Rotterdam il principale porto d’Europa ha 43 chilometri di banchine!).

La piattaforma logistica “fantasma” promessa da un decennio (prima i fondi governativi per finanziarla erano 150 milioni, poi scesi a 120, 100, 50, 30 ed oggi pari a ZERO euro nella migliore tradizione di AIAZZONE) è la testimonianza concreta del fallimento della politica in questo campo, legata per altro strettamente alla vicenda Ferriera perché proprio nella parte di proprietà pubblica demaniale, pari al 60% della area oggi ancora occupata dal cadente stabilimento, doveva installarsi proprio la piattaforma.

“Porto Vecchio”, la parte del porto compresa tra il Canale di Ponterosso e il Terrapieno di Barcola, è da oltre cinquant’anni lasciato nel più completo abbandono e degrado, salvo la zona dell’Adriaterminal, non a caso gestita dalla compagnia portuale di Monfalcone.Questa è l’area dove avrebbe dovuto essere attivato, secondo gli accordi internazionali che rendono unico in questo il porto di Trieste, il “Porto Franco Internazionale” che, in parole povere, avrebbe permesso non solo il carico e scarico merci in franchigia doganale ma anche il deposito e la lavorazione delle merci in esenzione doganale. Tutto ciò avrebbe garantito al nostro porto e di conseguenza a tutta Trieste un’invidiabile posizione nel commercio marittimo e , come accaduto per oltre duecento anni avrebbe rappresentato il vero volano per l’occupazione, lo sviluppo e la ricchezza della città. Ma in tutti questi anni le forze politiche di centrodestra e centrosinistra, pur riempiendosi la bocca dell’argomento porto ed inscenando forti quanto finte polemiche, hanno recitato assieme una commedia degli inganni lasciando precipitare quest’area nelle miserevoli condizioni in cui oggi si trova. In questi ultimi vent’anni non c’è stato architetto di grido che non sia passato per Trieste a presentare progetti di recupero urbanistico-turistico-congressuale e diportistico del Porto Vecchio ritirando una lauta parcella. In realtà tutte queste iniziative altro non erano, né sono, che mera propaganda abbinata ad un nemmeno tanto coperto progetto di speculazione edilizia su tutta l’area. Le proposte de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” vanno invece nel segno di rilanciare l’attività l’attività  portuale con l’annessa lavorazione emporiale, valorizzando gli edifici storici presenti nell’area, come avvenuto, ad esempio, nella città-porto di Amburgo.

FERRIERA E SERTUBI

Se fino al 2000 la posizione dei Comitati di Quartiere era quella di premere sulla proprietà per ottenere gli indispensabili lavori manutentivi e gli adeguamenti tecnologici che potessero garantire una qualche compatibilità con l’ambiente circostante e con la città ed un futuro produttivo per i lavoratori, dal 2001 in poi la posizione è stata quella di chiedere la immediata dismissione di uno stabilimento che ha oltrepassato, come ampiamente dimostrato dalle perizie dei tribunali, il punto di non ritorno. Purtroppo le incapacità, le complicità, i businnes, attorno a questo problema lo hanno lasciato irrisolto perdendo anni preziosi che hanno determinato evitabili sofferenze e lutti per tanti: abitanti e lavoratori.

Per la Ferriera di Servola, l’unica strada veramente percorribile è quella realizzata in quel di Napoli,  a Bagnoli,  nella dismissione di quell’impianto siderurgico. Ci sono anche qui tutte le carte per poterlo fare, non solo tutelando ma incrementando grandemente i posti di lavoro (Nel 2004 quando Regione, Provincia e Comune di Napoli chiusero l’ILVA di Bagnoli ci lavoravano 550 persone. A sette anni di distanza i dipendenti di Bagnoli Futura, la società pubblica creata utilizzando le leggi e gli ingenti fondi europei, che ha dismesso, bonificato e riconvertito l’area sono decuplicati: oltre 5.500 posti di lavoro). Se ciò non è avvenuto la responsabilità va ascritta ad una classe politica, tutta senza esclusione alcuna, ai vertici industriali e sindacali, che non hanno voluto e saputo fare il loro dovere ed hanno troppo spesso usato i lavoratori come carne di cannone del gruppo Lucchini ieri e della nuova proprietà russa oggi. Farebbe ridere, se ogni giorno perso non significasse dolore e lutti per la gente, lavoratori in primis, ricordare i 21 tavoli regionali dell’allora assessore Dressi, la superconsulenza illyana di Gambardella, il vero regista dell’affare Sertubi di cui diremo sotto, il totale fallimento del tavolo di concertazione regionale degli assessori Cosolini e Bertossi, la proposta del sempiterno segretario UIL Luca Visentini di costringere all’esodo 50.000 abitanti dei quartieri limitrofi pur di conservare la Ferriera, i “rigorosi” controlli di ARPA e Azienda Sanitaria che per anni non hanno visto le diossine, i catrami, le micropolveri e che dal 1999 hanno promesso, vero Rotelli-Zigrino-Rotelli-Samani, un’indagine epidemiologica, e per finire le chiusure a salve, se le parole uccidessero Dipiazza avrebbe fatto una strage, ripetute ogni settimana in questi ultimi dieci anni dall’attuale sindaco di Trieste.

In realtà la Ferriera si poteva in tutto questo tempo chiudere con o senza l’accordo della proprietà, i posti di lavoro potevano essere tutelati e salute e vita dei triestini salvate.

Il Sindaco poteva, così come fatto dai suoi colleghi di Genova, centrosinistra, e Taranto, centrodestra, eppoi nel 2005 dal Sindaco di Piombino, sinistra, chiudere lo stabilimento con la stessa legge che gli permette di firmare l’ordinanza di chiusura del traffico cittadino ogni qualvolta risulti lo sforamento delle polveri sottili o di altri inquinanti. Perché non l’ha fatto? Perché ha lasciato senza risposta la richiesta fattagli nell’ottobre 2001 di mettere lo stabilimento di Servola sotto un serio e continuo monitoraggio delle emissioni inquinanti e se ne è ricordato poi solo a quattro mesi dalle elezioni del 2006? Per poi dimenticarsene subito dopo.

 Perché il centrodestra e Dipiazza in particolare si sono occupati della Ferriera solo a partire dal marzo del 2001, cioè per sfruttare elettoralmente la forte contestazione dei triestini all’insopportabile inquinamento prodotto dallo stabilimento servolano, cioè tre mesi prima del voto di quelle elezioni amministrative. Del problema nulla conoscevano allora, ancor più grave per Dipiazza Sindaco uscente di Muggia, cittadina martoriata dallo stesso inquinamento e che mai su questo era intervenuto, e ben poco conoscono ancora oggi. Perché avviare la dismissione dello stabilimento significava contrastare in primis gli affari di Lucchini che avevano nella centrale di Cogenerazione l’unico interesse (per otto anni, che scadevano appunto nel 2009, poi prorogata fino al 2015, la famosa data di chiusura proposta dalla proprietà, l’energia elettrica prodotta dalla Centrale viene acquistata dallo Stato e pagata da noi contribuenti, a tre volte il prezzo di mercato grazie alle agevolazioni di due leggi nazionali), ma soprattutto voleva dire assumersi delle responsabilità politiche, lavorare per garantire il futuro occupazionale di Trieste e la futura destinazione dell’area oggi occupata dallo stabilimento. Tutte cose che l’attuale classe politica e dirigente, centrosinistra e centrodestra qui non fa differenza, non sono capaci di fare.

Sertubi: una fabbrica nata morta, costruita nel cuore di un quartiere densamente popolato, senza praticamente prospettive di mercato, come dimostrano le continue casse integrazioni subite dagli operai, e le innumerevoli cataste di tubi invenduti sistemate all’esterno dello stabilimento. Ma il vero affare in realtà era l’acquisto dell’intera area demaniale dallo Stato (Gruppo Finmare) per 11 miliardi pagabili in quattro rate biennali e la sua immediata rivendita lottizzata con l’incasso di oltre 33 miliardi di lire. La prima domanda allora è perché questa ultima cifra, oltre tre volte del prezzo iniziale, non l’ha incassata lo Stato ma un privato? La seconda è perché si è voluto, grazie ad una compiacente delibera dell’allora assessore Barduzzi, che parlava di “eccezionalità” e di “temporaneità” fino alla durata dei lavori di ristrutturazione della vecchia sede di Largo Panfili, modificare la destinazione d’uso dell’area (riservata ad attività industriali e portuali) per  farci entrare ad un affitto più alto di quello di mercato la sede di tutti gli Uffici finanziari e delle Entrate, con gran scomodità di contribuenti ed operatori costretti in una sede assolutamente periferica? Ed oggi che fine fa la temporaneità visto che non solo i lavori di ristrutturazione dell’immobile di largo Panfili non sono mai iniziati a sei anni dal trasferimento, ma che il Ministero dell’Economia ha messo in vendita il palazzo? E a ulteriore danno e beffa gli uffici finanziari sono stati ritrasferiti in una zona “meno periferica”: a Roiano nell’area ex Stock.

Per la Ferriera, Centrale di Cogenerazione e Sertubi dunque: piano di dismissione immediata degli stabilimenti, con formazione di una Società temporanea d’impresa tra gli enti pubblici coinvolti (Regione, Provincia, Comune, Autorità Portuale, Ezit) che riassuma i lavoratori occupati, utilizzando i contributi dell’Unione Europea per la chiusura delle produzioni a caldo, e metta a garanzia societaria per i mutui bancari i terreni di proprietà.

 Si vari un piano di bonifica dell’area, addebitandone il costo all’attuale proprietà a conguaglio della parte da espropriare od in cambio di quote azionarie della nuova Società, e di smantellamento degli impianti. Si proceda a nuove assunzioni necessarie allo scopo. Si vari un piano regolatore generale sulla destinazione d’uso di tutte le aree disponibili a partire dal terrapieno di Barcola per arrivare all’ex Aquila, e sulle bonifiche da effettuare, con i costi da addebitare eventualmente ai privati per l’inquinamento arrecato in precedenza.

Vi sembra impossibile? Andate a Napoli e poi ditecelo.

TERRAPIENO DI BARCOLA

Per trenta e più anni hanno scaricato di tutto e di più: di certo per scoprire le migliaia di metri cubi di diossine contenute nelle ceneri del vecchio inceneritore di Monte San Pantaleone, quello che a detta dei politici non inquinava, non occorreva scavare nel terrapieno bastava leggere le carte depositate in Comune. Per trenta e più anni non hanno fatto niente, confidando nella buona sorte o nella scarsa memoria, alla salute della gente ci pensa la provvidenza. Certo è che oggi quella realtà va affrontata e risolta ed ancora una volta la mancanza di controlli, la superficialità, un pizzico di malaffare fatto risparmiando i costi previsti dalle procedure per lo smaltimento dei rifiuti tossici, costeranno ai cittadini, oltre ai danni alla salute eventualmente patiti, un bel mucchio di soldi. Delle due l’una, o si tomba il tutto con tanto cemento armato costruendo una diga a mare, o si asporta e si bonifica alla faccia dei variopinti e fantasiosi “Parchi del Mare” (informarsi a Genova prego, con il famoso Acquario delle Colombiadi, passato da un fallimento economico all’altro)

NO AL RIGASSIFICATORE. GNL: tre volte no!

Il Presidente della Regione, prima Riccardo Illy, oggi Renzo Tondo, il Sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, il deputato, Ettore Rosato, hanno proposto Trieste come candidata ad ospitare non uno bensì due impianti di rigassificazione di Gas Naturale Liquido, GNL per brevità, cosi “Trieste diverrà il principale polo energetico europeo”. Vediamone la collocazione ed i vantaggi. Un impianto progettato dalla società Endesa, nella quale la Regione ha inserito come socio la finanziaria Friulia, dovrebbe sorgere a 12 chilometri, ma c’è chi dice 10, da Trieste tra Punta Sottile e Grado, cioè collocato in mare, con serbatoi in parte sotto acqua, una grande piattaforma alta cinquanta metri sul mare per l’attracco delle navi gasiere ed un gasdotto sottomarino fino a terra. Il secondo impianto progettato dalla società spagnola Gas Natural, che nel frattempo ha lanciato un’ offerta d’acquisto dell’Endesa, dovrebbe sorgere nel Vallone di Muggia, con due megaserbatoi alti 51 metri e dal diametro di 91, a terra nell’area della ex Esso, insomma a fianco della Superstrada a cinquecento metri dalle case di Monte San Pantaleone e Valmaura, con un pontile ed un gasdotto lunghi 400 metri, costruiti nella parte interna del Vallone a fianco di quello della Siot dove attraccano le petroliere, accanto alla fabbrica di ossigeno liquido Linde, ad una distanza di neppure un chilometro da Aquilinia e Muggia.  In aggiunta è stato pure annunciato un accordo per costruire un duplice collegamento, oleodotto più gasdotto, tra Trieste e Costanza, città del Mar Nero, ed una centrale a Turbogas da parte della Sevestal (Ferriera) a fianco del nuovo Inceneritore comunale.

I vantaggi: seicento milioni di euro d’investimento, parliamo solo di quello progettato per il vallone di Muggia, per un massimo di 60 nuovi posti di lavoro. Stop

Gli svantaggi: cominciamo da qui sopra. Dieci milioni di euro a posto di lavoro mi sembra un costo un tantino eccessivo. Dragare ed asportare due milioni e mezzo di metri cubi di fanghi ipertossici stratificatisi nei fondali del Vallone - per portarli dove? - pieni di diossine, piombo, mercurio, catrame, significa, solo a movimentarli con le draghe, mettere in circolazione una dose talmente massiccia di inquinanti da uccidere e devastare tutta la flora e la fauna dell’alto Adriatico. E poiché il GNL arriva sotto forma surgelata liquida a meno 163 gradi di temperatura per riscaldarlo con il circuito aperto e riportarlo allo stato gassoso, si userà l’acqua marina che poi verrà riversata in mare piena di cloro (necessario per evitare la formazione di incrostazioni marine nelle tubature dell’impianto) abbassandone la temperatura di oltre 5 gradi, con le conseguenze che tutti possono facilmente intuire. In più va aggiunto il traffico di camion che partiranno dall’area per trasportare il GNL a destinazione. Tutto questo lo chiamiamo rischio ambientale.

Passiamo poi al rischio sicurezza. Le navi gasiere, dotate di grandi cilindri o coni sulla coperta, lunghe dai 220 ai 300 metri, di stazza tra le 17.000 e le 19.000 tonnellate, al ritmo di una ogni due giorni, entreranno nel vallone di Muggia percorrendo lo stretto canale dragato, basta immaginarlo guardando quello che già oggi percorrono tra le boe le petroliere, passando oltre i pontili Siot dove scaricano appunto le petroliere, e faranno manovra per attraccare al pontile GNL. Durante tutte queste operazioni il traffico marittimo di qualunque tipo, dal sandolino alla nave di crociera, sarà interdetto per due miglia nautiche, insomma per tutto il porto di Trieste ed oltre e rimarrà bloccato fino alla fine delle operazioni di scarico del Gas dalla nave, insomma per ore. Le operazioni di arrivo e scarico di una nave gasiera hanno la precedenza su tutte le altre attività portuali, diportistiche, turistiche, di pesca, ecc. Ogni unità che si avvicinerà a mezzo miglio nautico da una nave gasiera, dalla barca a vela alla battana, sarà abbordata e sequestrata oppure affondata (è il regolamento internazionale per la sicurezza).

Terzo ed ultimo rischio: quello economico. Accettare il terminal GNL significa rinunciare di fatto ad ogni attività portuale, crocieristica, turistica, diportistica, nautica, di pesca. Ma anche industriale poiché voglio proprio vedere chi andrà ad insediarsi nelle aree limitrofe ai megadepositi di GNL a terra, nell’unica zona oggi libera (dalla Ferriera fino all’ex Aquila) che potrebbe ospitare siti economico-produttivi nel comune di Trieste.

Tutto questo senza ipotizzare il quarto rischio, quello di un attentato terroristico, di cui Trieste ha ancora memoria di quello targato “Settembre Nero” ai depositi dell’oleodotto SIOT nel 1972. Ma in questo caso nessuno di noi vivrebbe abbastanza per parlarne e Trieste e Muggia sarebbero semplicemente cancellate dalla faccia della terra. Non a caso l’Agenzia Federale per la sicurezza degli Stati Uniti d’America ha messo il rischio attentati al GNL come secondo solo a quello alle centrali nucleari, ma con un potenziale distruttivo ampiamente superiore. E due “piccoli” incidenti, nel 1944 a Cleveland, Ohio, Usa con 1500 morti ed in Algeria nel 2004 sono lì a testimoniarlo.

“Trieste polveriera e pattumiera dell’Adriatrico”

CENTRALI   NUCLEARI

Il Presidente della Regione, Renzo Tondo ha taciuto (silenzio – assenso) sulla proposta governativa di installare una delle nuove centrali nucleari, in barba alla scelta referendaria fatta dai due terzi dei cittadini italiani, nella vicina Monfalcone. Si è tuffato invece a corpo morto a sostenere, anche economicamente con i finanziamenti di Friulia, il raddoppio di una delle più antiquate centrali atomiche oggi in funzione nella vicina Slovenia a 120 chilometri da Trieste. Probabilmente ritenendo che le radiazioni siano rispettose dei confini che Schengen ha abolito e non posseggano lasciapassare di sorta, come il Giappone sta dimostrando.

L’ACQUA UN BENE DI TUTTI NON UN AFFARE DI POCHI

Deve essere chiaro che la scelta di privatizzare l’acqua, fatta in un minuto e quaranta secondi dal Consiglio comunale del 1 febbraio 2010, con un solo voto contrario e due astenuti, è assolutamente inaccettabile. Tanto più che, come descritto nella delibera, sia l’Acegas-Aps a gestirne gare d’appalto e vendita. Un’azienda che a Trieste cura con tanta “efficacia” la sua attuale distribuzione che oltre il 40% dell’acqua viene persa durante il tragitto dal fatiscente sistema di condutture senza che, leggersi il bilancio dell’Azienda di due anni fa, nessun intervento manutentivo sia messo in preventivo. Con il risultato che le tariffe oggi in vigore a Trieste fanno si che la nostra acqua sia la più cara in Regione e tra le più costose in Italia.

TAV: TANTI SOLDI PER POCHI

Con un percorso da pitone innamorato l’annunciato, da anni, progetto della TAV dimostra sempre più di apparire come un’operazione il cui utile finale ricadrà nelle tasche dei pochi coinvolti nella costruzione di una megainfrastruttura che allo stato attuale non trova alcuna giustificazione di interesse comune.

Le certezze allo stato attuale sono solo due. Un costo spropositato a chilometro realizzato ed una devastazione del territorio senza precedenti. Pensare di usare il Carso e la periferia cittadina per costruire una rete infinita di gallerie sotterranee è un’idea che nemmeno allo svitato dott. Stranamore sarebbe passata per la testa.

Non sono riusciti in tanti anni a dotare Trieste, sempre più emarginata, di un decente collegamento ferroviario con il resto d’Italia, non parliamo poi con lo storico e naturale retroterra mitteleuropeo e questi pensano a Kiev. Quando basterebbe semplicemente dotare ed adeguare l’attuale rete ferroviaria per fornire al Porto di Trieste quei collegamenti oggi indispensabili per il suo sviluppo, sempre che un porto possa sopravvivere ancora dopo le scellerate lottizzazioni partitiche.

AMBIENTE E SALUTE

Un altro impegno prioritario delle nuove amministrazioni sarà di dare risposta ai problemi sollevati da Comitati di Quartiere e gruppi di cittadini nei seguenti campi:

1.          Rigoroso controllo e regolamentazione nell'installazione e nella revisione di un piano antenne per la telefonia mobile e le trasmissioni radiotelevisive, impegnando in ciò l'ARPA e l'Azienda Sanitaria, non nel modo finora attuato.

2.           L'avvio dell'immediata copertura delle vasche del depuratore fognario cittadino.

3.           La bonifica dei tetti in cemento – amianto (Eternit) di tutti i capannoni dell'area portuale.

4.           L’avvio di una immediata e coordinata campagna di bonifiche dei tanti siti colpevolmente inquinati e l’addebito dei costi a chi ha effettivamente prodotto il disastro.

5.           L'assoluta opposizione del Comune e della Provincia di Trieste all'insediamento di un deposito di GNL nel Golfo di Trieste.

6.          L'impegno per un rigoroso controllo delle emissioni degli insediamenti industriali presenti sul territorio provinciale, con particolare riguardo alla Ferriera di Servola  ed alla Sertubi fino alla  loro dismissione, all'Italcementi, e all'Inceneritore comunale, valutando altresì la compatibilità ambientale delle stesse industrie con gli abitati circostanti.

7.           L'impegno a richiedere alle istituzioni competenti un effettivo controllo delle condizioni di sicurezza, e più in generale, in cui operano gli addetti ai comparti industriale ed edilizio locale.

8.           Un impegno delle Amministrazioni comunali e provinciali a ricercare nel minor tempo possibile la fattibilità di un progetto di interramento in caverna dei depositi dell'oleodotto SIOT.

9.           L'installo, di comune accordo con gli enti preposti, di un'effettiva, efficace e capillare rete di monitoraggio della qualità dell' aria sul territorio, a tutela di residenti e lavoratori.

10.       Il potenziamento del servizio di asporto rifiuti, potenziando la raccolta differenziata al fine di coprire con questa i due terzi del monte rifiuti prodotto, in modo da garantire una città più pulita.
L'Amministrazione provinciale dovrà fare chiarezza sul recupero e la conservazione del territorio, tema sul quale è stata sinora praticamente assente, e in particolare dovrà intervenire sulla sistemazione del litorale costiero, a partire dalla Baia di Sistiana, nel senso di bloccare ogni ulteriore cementificazione ed avviare invece un recupero minimale che, rispettoso dell'unicità dell'ambiente (Carso – mare), permetta ai residenti una piacevole fruizione dell'area soprattutto nei mesi primaverili ed estivi. Bloccare la speculazione sul diritto dei cittadini ad una migliore qualità della vita e stimolare altresì l'apertura di un organico servizio di trasporti via mare, "costa a costa", al fine di decongestionare seriamente la viabilità nei mesi estivi e di permettere una più ampia fruizione delle aree interessate.

Sarà un compito al quale la nuova Amministrazione provinciale non potrà né dovrà sottrarsi; anzi, uno dei doveri della Provincia sarà quello di fare una seria indagine sulla libertà di accesso al litorale, da Monfalcone a Muggia, per garantire anche a Trieste il rispetto della legge che impone a tutti i privati e concessionari di permettere comunque l'accesso e la fruizione del bagnasciuga senza alcun pagamento o divieto.

LA NOSTRA SALUTE

Altro punto nodale e non più rinviabile è quello di un'effettiva tutela della salute dei residenti della Provincia di Trieste, passando attraverso la revisione della spesa sanitaria regionale, che oggi penalizza le realtà locali. Sarà compito della nuova Amministrazione sollecitare e collaborare con l'Azienda Sanitaria e Ospedaliera per un'effettiva e rapida realizzazione di un serio piano di prevenzione ed assistenza sanitaria sul territorio, soprattutto per l'abbattimento dei tempi e modi della diagnostica, oggi scandalosamente lunghi, per il miglioramento della ricezione ospedaliera, non è ammissibile che interi reparti debbano chiudere per carenza di personale ed i pazienti vengano parcheggiati su barelle per intere giornate nei corridoi,  ma soprattutto per l'immediata apertura di un centro per il pronto soccorso degno di questo nome. Se da un lato, infatti, proposte dell'Azienda Sanitaria quali l'infermiere di famiglia ed il mai decollato progetto "Habitat e Salute", vanno rapidamente resi funzionali ed estesi a tutto il territorio, dall'altro appare scandaloso che un capoluogo di Regione con i connotati anagrafici di Trieste, abbia oggi due realtà di pronto soccorso assolutamente inadeguate e vetuste.

Deve assolutamente essere invertito il processo di silenzioso e graduale smantellamento dell’Ospedale pediatrico Burlo Garofalo e non è ammissibile che le sale operatorie restino inattive per mezze giornate con conseguente inaccettabile prolungamento delle attese per gli interventi.  

LA CITTA'

La logica che ha pervaso la politica delle amministrazioni precedenti è stata quella di privilegiare, negli interventi e nelle spese, l'abbellimento di parte del centro città, trascurando lungamente i quartieri periferici, dove peraltro vive la maggior parte dei cittadini. La lista civica invece, porrà al centro dell'iniziativa delle future Giunte comunali e provinciali il "rinascimento delle periferie" e del non grande territorio della nostra Provincia. Questa scelta passerà necessariamente attraverso gli strumenti delle nuove Circoscrizioni ed al diverso ruolo che verrà riconosciuto ai Comuni della Provincia, attraverso l'istituzione, proprio presso la Provincia di Trieste, di un'assemblea permanente di coordinamento con compiti di indirizzo e di programmazione, di cui dovranno far parte, oltre al presidente della Giunta provinciale, i sindaci dei Comuni presenti nella stessa, i presidenti dell'Area di Ricerca, della Camera di Commercio, dell'EZIT e dell'Autorità Portuale, nonché del Rettore dell'Ateneo. Creando le premesse concretamente operative per la nascita di quella Città Metropolitana che superando un ente oggi praticamente inutile e dove il bilancio serve quasi per intero a coprirne la pura esistenza, la Provincia, possa ovviare anche a quei sistematici conflitti di competenze che rallentano vieppiù la macchina burocratica ed allungano i tempi di realizzazione.

Il "rinascimento delle periferie", che dovrà ispirare l'attenzione principale della nuova Amministrazione comunale, punterà innanzi tutto ad elevare la qualità della vita dei residenti anche attraverso il decentramento sul territorio di tutte quelle manifestazioni ed iniziative che l'Amministrazione comunale precedente ha finora riservato al centro città. Dovrà assolutamente essere incentivato il recupero urbanistico delle periferie con il potenziamento dei servizi pubblici, la creazione di aree verdi, l'immediata soluzione dei problemi fin qui denunciati dai Comitati di quartiere. Questo recupero che dovrà essere anche umano e sociale, offrirà l'occasione di creare nuovi posti di lavoro, coinvolgendo i privati, ma soprattutto favorendo la nascita di cooperative sociali nelle quali possano trovare adeguata posizione sia i giovani sia le persone prive di attività lavorativa. A questo scopo un forte impegno sarà assunto, di concerto con l'ATER e la Regione Friuli Venezia Giulia, per un rapido progetto di riqualificazione dell'edilizia popolare in ambito comunale e provinciale.

Nuovo piano regolatore. Dal 1997, anno in cui la Giunta Illy votò l’attuale piano regolatore, che la Giunta Dipiazza in dieci anni non modificò ed invece attuò, la città è stata oggetto di una corsa speculativa alla cementificazione, alla scomparsa delle aree verdi sostituite da crescenti costruzioni incredibilmente a fronte di un progressivo ed aumentato calo demografico, e ad un esteso patrimonio di case ed appartamenti vuoti ed inutilizzati (stime prudenti parlano di almeno 8.000 abitazioni) soprattutto nel centro storico. Questo “partito dei costruttori” ha insomma determinato le scelte urbanistiche a Trieste negli ultimi dieci anni al di là degli effettivi bisogni della città, un “partito” trasversale che ha trovato coperture ed appoggi in ambedue gli schieramenti di centrosinistra e centrodestra.

Obbiettivo primario de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” è dunque il rifacimento completo del Piano Regolatore cittadino, privilegiando la conservazione ed il recupero, bloccando immediatamente i progetti di cementificazione e tutelando le zone verdi urbane.

ATER, e TASSA RIFIUTI. Purtroppo la cosiddetta riforma del 2000, attuata dalla Regione ha cambiato si il nome alle aziende (da IACP ad ATER), ma ha sensibilmente peggiorato la qualità ed i costi, sulle tasche degli utenti, del loro intervento. Va assolutamente cambiato il ruolo di queste aziende, riportando al centro la funzione pubblica di garantire la norma costituzionale del diritto alla casa, sottraendole alla invereconda spartizione partitocratrica che ha visto, in particolare nell’ultimo decennio, i vertici ed i consiglieri d’amministrazione venire indicati dai partiti non in base a specifiche professionalità o sensibilità ma esclusivamente per il colore della tessera che avevano in tasca. L’Ater della provincia di Trieste gestisce oltre 13.000 appartamenti, molti dei quali lasciati colpevolmente sfitti da tempo perché privi dei minimi requisiti di abitabilità ed altri in condizioni manutentive pietose (senza riscaldamento, ascensore, ecc) con canoni di locazione assolutamente sproporzionati rispetto al reddito effettivo degli utenti.

Anche qui priorità de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” sarà quello di riformare la funzionalità dell’istituto riportandolo ai compiti originari: quelli cioè di garantire una civile abitazione a tutti coloro che ne abbiano necessità e non possano affrontare i costi del libero mercato, di sottrarlo alle logiche di lottizzazione partitica, di immediato abbattimento delle sproporzionate attuali rendite catastali tali da determinare affitti insostenibili, di riassunzione di personale adeguato a garantire una pronta ed effettiva manutenzione del patrimonio abitativo abbattendo gli attuali onerosi appalti esterni, e di programmare immediatamente una progressiva ricollocazione in nuove case a misura d’essere umano delle centinaia di famiglie attualmente alloggiate nei degradanti ed antisociali complessi di cemento delle case di via Grego (i Puffi), di via Valmaura (il Serpentone), di Rozzol Melara tra gli altri.

TARSU: è incredibile di come la Regione a Guida Riccardo Illy e Renzo Tondo abbia concesso consistenti riduzioni all’Irap che Banche ed Assicurazioni, notoriamente indigenti, devono pagare ma invece le amministrazioni pubbliche non siano riuscite a varare una esenzione della Tassa Rifiuti per le categorie più deboli e svantaggiate, ma anzi hanno sistematicamente e di molto aumentato alcune tasse pubbliche in settori particolarmente sensibili, vedi le spese funerarie,  asili nido, e case di riposo. Il Comune di Trieste poi ha quadruplicato l’addizionale IRPEF comunale portandola ai massimi di legge.

Sarà cura de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” proporre da subito un’adeguata riforma che indirizzi le plusvalenze che il Comune riceve ad esempio dall’Acegas-Aps, per altro gestrice di molti di questi servizi (dai cimiteri alla Nettezza Urbana), non ad opere di abbellimento estetico del “salotto buono” od a costose spese di rappresentanza, ma a finanziare questi doverosi interventi sociali degni di una città civile non solo a chiacchiere.

Traffico e viabilità. L'attuale piano del traffico e dei parcheggi, che risale alla Giunta Spaccini dei primi anni settanta dello scorso secolo,  ha evidenziato in questi anni un'assoluta inadeguatezza ed ha suscitato costanti e vibranti proteste dei cittadini e delle categorie commerciali, a tal punto da dover essere necessariamente abrogato. In questi ultimi dieci anni la Giunta Dipiazza non ha saputo né voluto presentarne uno nuovo, riservandosi a pochi mesi dalla scadenza di far filtrare sulla stampa le più originali e balzane proposte (dal senso unico di marcia nelle gallerie cittadine, al rispuntare dell’ipotesi sciagurata del tunnel via D’Alviano-Largo Mioni)

 Se da un lato va salvaguardato uno dei principi fondamentali per la tutela della salute e della qualità della vita dei cittadini, ovvero quello della progressiva pedonalizzazione del centro storico, tale progetto dovrà nascere in via sperimentale e con il consenso dei soggetti interessati, solo dopo aver realizzato le soluzioni alternative. In particolare, se da un lato è interesse della Comunità incentivare la costruzione da parte di privati di parcheggi a pagamento al chiuso, dall'altro è impensabile ed ingiusto costringere il cittadino contribuente a pagare un parcheggio sulla pubblica via di sua proprietà. Andrà pertanto recuperato, come sancito dal Codice della Strada e dimenticato dagli attuali amministratori, l'uso del disco orario con l'estensione massima della sosta libera e a rotazione alle due ore, nella fascia oraria compresa tra le 9 e le 19.

Andrà inoltre rifatto, a premessa di qualsiasi intervento sul traffico, uno studio "origine – destinazione": una ricerca indispensabile per comprendere i flussi e le fasce orarie di movimento dei cittadini e per programmare conseguentemente non solo un nuovo piano del traffico, ma soprattutto un'adeguata offerta del trasporto pubblico.

Un nuovo piano parcheggi non potrà non tener conto del diritto ad un posto macchina gratuito per i residenti e per coloro che esercitano attività professionali o commerciali, disciplinando altresì rigorosamente l'afflusso orario dei mezzi pesanti e lo scarico delle merci.

In questo quadro un'organica pedonalizzazione del Centro dovrà essere avviata previa consultazione con chi vive ed opera nelle zone interessate, soggetto a fasi sperimentali di verifica, e conseguente all'individuazione e realizzo di zone di parcheggio pubblico attrezzate da un rapido e frequente servizio di bus navetta.

In questo contesto il personale attualmente impiegato nella riscossione dei pedaggi nei parcheggi potrà essere riassorbito con l'innovativa qualifica di vigile ausiliario nel corpo della Polizia Municipale, con compiti di controllo del rispetto dell'orario di sosta.

CULTURA E SOCIETA'

La politica fin qui attuata degli "importanti eventi" e delle "grandi mostre", con conseguenti "grandi oneri" finanziari per il pubblico, dovrà necessariamente essere rivista a favore di una più diffusa localizzazione sul territorio, capace di raggiungere e stimolare le persone nei luoghi dove esse vivono e di esprimere un concetto di cultura più vicino agli interessi diffusi della gente. Se è vero che Trieste è proporzionalmente prima in Italia per gli abbonamenti teatrali, è similmente vero che la cultura di una comunità non si misura solo su quanti abbonati hanno il Verdi od il Rossetti. Pertanto gli eventi e le manifestazioni culturali da un lato dovranno essere decentrati sul territorio, dall'altro dovranno coinvolgere i cittadini alla loro realizzazione.

Sarà impegno delle nuove Amministrazioni individuare, recuperare e mettere a disposizione dei cittadini gli immobili di loro proprietà negligentemente abbandonati per anni, per la creazione di luoghi d'aggregazione artistica, culturale e sociale.

UNIVERSITA’ – RICERCA – CITTA’ DELLA SCIENZA

Si parla sempre, rigorosamente in campagna elettorale, di sviluppo della nostra “città della conoscenza e scienza” (dall’Università alla Sissa, dal Sincrotrone all’Area di Ricerca, ai laboratori di biologia marina e di astrofisica). Nelle parole della politica, che lamenta costantemente lo scollamento e l’isolamento di queste realtà dal contesto cittadino e dall’economia locale, non ci può essere menzogna ipocrita più sfacciata. Con chi dovrebbero fare sinergia le nostre strutture di ricerca avanzata? Con chi produce ghisa e carbon Cocke con procedimenti ottocenteschi?

Dove possono trovare occupazione i nostri laureati e ricercatori in una città capace solo di importare mano d’opera a basso costo e costringere i nostri giovani ad espatriare? Dove dell’Università, per non parlare poi delle altre realtà scientifiche, ci si ricorda solo per l’inaugurazione dell’anno accademico o per qualche passerella d’occasione per l’illustre ospite di turno. In una Regione poi che ha prodotto uno scellerato doppione universitario per pure ragioni di campanile a meno di un’ora di macchina.

 

Gli uomini, amici dei cani?

Non è possibile che praticamente l’unica misura intrapresa in questi ultimi anni da tutte le amministrazioni locali sia stata quella di avviare campagne contro le deiezioni canine o vessatorie, con salate multe, contro i pensionati che portavano i loro cagnetti nei giardini cittadini. Certo va perseguita una rigida campagna educativa verso i proprietari dei fedeli amici dell’uomo affinché non lordino le strade, ma essa va accompagnata dall’apertura in città di aree verdi ad essi dedicate, a zone balenabili estive aperte ai cani, con le ovvie precauzioni s’intende, fino ad arrivare a istituire i cimiteri per gli animali domestici.

I QUARTIERI

Roiano-Gretta-Barcola: Ieralla, ed hanno il coraggio di chiamarlo giardino. L’ex campo di calcio della Roianese: una vera e propria discarica. I ripetitori e le antenne telefoniche: i nuovi alberi del rione. Dopo la battaglia vinta contro il Bucone recentemente gli abitanti hanno nuovamente dovuto mobilitarsi contro il progetto “bipartisan” del forzista Rossi, assessore della Giunta Dipiazza e dell’Illyano Fortuna Drossi, consigliere regionale del centrosinistra, che volevano “riqualificare” la via Giusti costruendo altri 150 appartamenti. Per ora hanno fatto marcia indietro davanti alla gente, ma sui giornali insistono sulla bontà del progetto, e nonostante una sentenza del TAR e del Consiglio di Stato pensano di modificare la legge per garantire i costruttori.

Tutelare il poco verde esistente, fermare la progressiva cementificazione che ha trasformato Roiano, assieme al rione di San Giacomo-Maddalena, nel più densamente popolato di Trieste, e con il traffico più caotico in una cronica assenza di posti macchina pubblici e gratuiti per i residenti, spostando finalmente la caserma della Polstrada (e di questi giorni l’ennesima panzana sul nuovo sito) e rendendo quest’area centrale fruibile per i cittadini (zone verdi, centri di aggregazioni per giovani ed anziani e parcheggi in primis) invertendo così il trend distruttivo attuato dalle recenti amministrazioni, e le promesse mai mantenute, di centrosinistra e centrodestra. Riqualificare immediatamente tutte le estese aree di edilizia pubblica esistenti, da via Udine e dal recupero del fatiscente ex dispensario tbc, in particolare dell’ Ater, a partire poi  da Piazzale Osoppo e zone limitrofe e studiare una nuova viabilità a misura d’uomo, soprattutto di quelli che ci vivono. Bloccare l’abbattimento degli alberi di Barcola , così come l’allargamento dell’albergo Greif. Preservare il verde esistente ed evitare lo scempio edilizio del costone carsico e di via del Pucino a Grignano  

Del terrapieno abbiamo detto sopra. Questo l’impegno de “La Tua Trieste”.

RISANAMENTO BORGO TERESIANO. Da troppi anni uno dei principali quartieri storici della città è divenuto quasi un corpo estraneo alla stessa, dapprima devastato dalla concentrazione al suo interno del mercato proveniente dall'ex Jugoslavia e dall'Est Europa, oggi dal nuovo insediamento di una numerosa comunità cinese, che ha progressivamente acquistato svariate attività commerciali.

Il quartiere di fatto oggi non è più vissuto dai triestini.

Parimenti si è aggravato il degrado urbanistico ed abitativo, grazie anche alla scarsa manutenzione degli storici palazzi del Borgo, soprattutto quelli di proprietà pubblica (dal Palazzo degli Uffici Finanziari di Largo Panfili a quello delle Ferrovie in Piazza Vittorio Veneto). L’infelice rifacimento di piazza Vittorio Veneto, il degrado rovinoso di piazza Sant’Antonio, oramai priva di selciato e devastata dalla costante presenza di sagre e mercati di ogni tipo, la sporcizia perenne e non ultima la prostituzione che ha oramai stabilmente occupato le zone centrali del quartiere al calar del sole, pongono con urgenza, accanto all’emergenza del traffico, dell’inquinamento e dei parcheggi, la necessità di ridisegnare la vita dell’esteso Borgo incentivando e reinsediando le tradizionali attività, soprattutto quelle dedicate alla ricezione alberghiera ed al turismo, in modo da favorire il ritorno abitativo dei triestini nell’area.

Pertanto il problema va affrontato non solo dal punto di vista dell'ordine pubblico, ma soprattutto del recupero della vivibilità per chi abita nel quartiere, sia tramite il riutilizzo dei molti appartamenti ora sfitti, sia attraverso la riqualificazione della parte commerciale al fine di ricollegare il quartiere al processo di risanamento  avvenuto nella vicina piazza Libertà, a quello da avviare urgentemente nella zona di piazza S. Antonio, sfruttando il polo culturale della Sala Tripcovich, il non più rinviabile restauro dei grandi immobili di proprietà pubblica, da riservare ad iniziative di socializzazione per residenti, la pedonalizzazione e l’arredo di alcune aree centrali (da Largo Panfili a piazza Sant’Antonio), la costruzione di un giardino in piazza Vittorio Veneto, la totale ridisegnazione del traffico privato e pubblico dell’area a partire dal rispetto delle attuali zone a traffico limitato e dell’orario di carico e scarico merci oggi inesistente.

Città Vecchia. Dopo anni di colpevole abbandono e degrado si è deciso in tutta fretta, con il ricatto del termine dei finanziamenti europei, di attivare un progetto di recupero veramente discutibile.

Nell'esecuzione dei lavori sono state completamente ignorate le raccomandazioni dei più autorevoli storici della città, e così è stata per una seconda volta coperta e danneggiata un'area che conteneva e contiene le principali vestigia storico – urbanistiche d'epoca romana e medievale. Sarà nostro impegno intervenire per salvare quell'area e valorizzare quella vera e propria " miniera archeologica" che essa contiene, atto doveroso e presupposto necessario ogniqualvolta si citi la vocazione turistico – culturale della città.

Analogamente dovrà fare la nuova Amministrazione provinciale, spingendo su di una Sovrintendenza troppo sorda e pigra, per aprire cantieri di recupero dei patrimoni storici presenti sul territorio (in primo luogo i castellieri preistorici) ed avviare una prima organica ricerca e catalogazione.

Viale XX Settembre-Piazza Volontari Giuliani-Cologna

Anche qui manca una regia complessiva di risistemazione dell’area: si rifà a lotti il Viale, per altro massacrando molti alberi, ma si lasciano nel caos più completo le vie limitrofe e non si attua un piano del traffico coordinato con la necessità di carico e scarico merci per i commercianti in zona. Non si prevedono nuove aree di parcheggio libero e gratuito ma nel contempo si lascia cadere la possibilità di riutilizzare il tetto del parcheggio comunale del centro commerciale “Il Giulia” per destinarlo a nuovi posti macchina.

Si rifà il giardinetto di piazza Volontari Giuliani, per poi abbandonarlo al più vistoso degrado ma si lasciano marcire le aree verdi e le scalinate delle soprastanti scarpate. Si lamenta l’assenza di luoghi di socializzazione ma nulla si fa per recuperare il palazzo della Marina Militare con annesso giardino, inutilizzato da anni a fianco della stessa piazza.

Si cerca di alienare i terreni verdi di via dello Scoglio al fine di trasformarli in aree edificabili o di far sparire il verde residuo di via Cologna alta per analoghe iniziative di cementificazione. Si lascia scaricare di tutto nell’area dell’ex cava Faccanoni trasformandola in una futura bomba inquinante a cielo aperto e si blocca ogni progetto di recupero dell’area collegate alla sottostante cittadella universitaria

San Giovanni. Assolutamente incredibile di come si possa lasciare morire nell’inverno del 2005 una persona di freddo e fame nella Trieste “città dell’Expò e della Scienza”. Una tragedia annunciata da diverse segnalazioni, lettere e richieste di intervento: Azienda Sanitaria, Ater e Comune non avevano questa volta la scusante di non sapere ed infatti le loro risposte sono arrivate ma a sepoltura avvenuta. Una cosa che in qualunque paese veramente civile avrebbe causato l’allontanamento con ignominia dei responsabili; ma i problemi di San Giovanni non sono purtroppo solo quelli della tragedia di via Capofonte. Dai grandi complessi Ater di San Giovanni Alta, dalla Chiesa in su, sono tutte realtà abitative in forte degrado, dove l’abbandono e la sporcizia regnano sovrane, praticamente senza collegamenti pubblici, isolate dopo il calar del sole, senza luoghi di incontro con una popolazione di anziani lasciata molto spesso sola, non parliamo di centri di aggregazione, inesistenti fatto salvo per l’oratorio parrocchiale dove i bambini sono costretti a giocare, nonostante le ripetute proteste di Parroco e genitori, a dieci metri da un ripetitore della telefonia mobile e tra i fumi delle vernici della confinante carrozzeria. Invece di vergognarsi i politici hanno inaugurato una piscina attesa e promessa da trenta anni come un avvenimento straordinario e dopo la tragedia di via Capofonte hanno fatto proclami dicendo che “bisogna intervenire”. Una sola domanda i cittadini devono farsi e fare a lor signori: chi deve intervenire, vostra zia o chi ha chiesto soldi e voti alla gente per amministrare “come il buon padre di famiglia” la nostra città?

Le soluzioni de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” passano attraverso la necessità di avviare immediatamente una vasta azione di risanamento dei tanti caseggiati di proprietà pubblica, a partire ovviamente dall’Ater, abbattendo quella mostruosità del “grattacielone” di cemento abitato da un inquilino e tenuto in piedi solo perché ospitante l’ennesimo ripetitore telefonico (ma i signori dell’Ater non avevano promesso pubblicamente di vietare l’uso dei loro edifici per “ospitare” antenne e ripetitori, come invece accade anche al Serpentone di Valmaura?),  di valorizzare e tutelare il verde pubblico presente, di fare del piazzale della Chiesa, oggi deposito della Trieste Trasporti all’aperto, una vera piazza arredata, di offrire un serio collegamento pubblico tra San Giovanni Alta e la città, di spostare antenne e ripetitori in un’area non abitata e sicuramente lontano da posti frequentati da bambini, di chiedere la costante presenza di poliziotti di quartiere e di utilizzare un edificio pubblico per offrire un luogo di incontro e socializzazione, oltre a servizi socio-assistenziali, per i tanti anziani e giovani presenti nel rione.

San Luigi-Chiadino-Rozzol

E’ forse una delle aree più abbandonate della città, priva sostanzialmente di negozi, con molte isole di edilizia pubblica (ATER) lasciate chiuse o in degrado, i cui simboli viventi sono da un lato la sconsacrata ed abbandonata da trent’anni chiesa di via dei Mille, che generazioni di abitanti hanno invano chiesto che fosse trasformata in un centro sociale e di aggregazione per i residenti, e dall’altro dalla disumana costruzione di Rozzol Melara, la cui unica soluzione dovrebbe consistere nell’offrire ai tanti residenti una più civile abitazione e poi nell’abbattimento di quel quadrilatero di cemento armato.

La grande area poi del Boschetto, Ferdinandeo, Villa Rivoltella, vero polmone verde della città, è stata in tutti questi anni molto mal gestita, con risistemazioni anche pregevoli ma prive di un coordinamento (si rifà il boschetto ma si lascia in rovina Villa Rivoltella), e senza manutenzioni e vigilanze continuative che ne hanno in poco tempo riproposto il degrado.

Largo Niccolini e Campo Marzio. Due perfetti esempi di intreccio tra l’incapacità dei politici di tutti i colori (i progetti sono nati sotto il Centrosinistra e cantierati dal Centrodestra) ed una discutibile progettazione privato-pubblica. L’aumento di cubature e di insediamenti abitativi senza alcuna strategia di gestione del territorio e di effettivo bisogno nelle aree interessate e già densamente abitate e trafficate ha sollevato una vera e propria protesta degli abitanti che molto spesso, come anche nel caso dei rioni di Roiano e Gretta, si sono trovati di fronte a scelte calate dall’alto senza alcuna informazione preventiva delle migliaia di cittadini residenti nelle zone interessate ai lavori. Se per l’area dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco l’impegno de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” nelle prossime amministrazioni sarà quello prioritario di ridurre i danni invasivi di un progetto fin troppo superficiale nel non considerare sia la presenza estesa di amianto nei fabbricati da abbattere sia le condizioni del substrato oggetto di profonde escavazioni,  per Campo Marzio si tratterà di rivalutare, a conferma della necessità di una rapida riiscrizione del Piano Regolatore cittadino, la destinazione d’uso di tutta l’area interessata in un rapido futuro all’insediamento del nuovo polo congressuale cittadino. Dalla improcrastinabile necessità di spostare il crescente traffico pesante di Tir sulla direttrice via Svevo-Campi Elisi-Campo Marzio all’interno dell’area portuale, al bisogno di collegare le nuove iniziative congressuali ai poli museali ed universitari presenti nell’area, creando una zona cuscinetto pedonale ed attrezzata a verde pubblico. In questo contesto ogni prevista licenza costruttiva andrà ridiscussa e modificata in modo da armonizzarsi con il futuro sviluppo dell’area, e dovrà essere riconsiderata pure la destinazione d’uso della Stazione ferroviaria e dei terreni circostanti, al fine di evitare nuove cementificazioni che snaturino il volto del quartiere.

Campi Elisi-San Vito.

Due tra i quartieri più popolosi della città dove il processo di invecchiamento dei residenti e di decadimento commerciale è tra i più evidenti a Trieste. Ai Campi Elisi in via dei Lloyd ed in via Schiaparelli, le “strade dei negozi” di qualche anno fa,  non esiste più alcuna attività commerciale aperta: dai saloni agli alimentari hanno chiuso tutti. Oggi il quartiere è di fatto abbandonato a se stesso con inesistente manutenzione di strade e marciapiedi, il verde non curato, un traffico caotico di mezzi pesanti e non, che ha subito un ulteriore incremento dall’apertura nel 2000 della fabbrica Sertubi, con annessa fonderia, in via Von Bruck e dall’ipermercato “Torri d’Europa” in via d’Alviano. A questo va aggiunto lo stato di sostanziale abbandono in cui versano i datati complessi di edilizia popolare, da viale Tartini a viale Campi Elisi, quasi tutti di proprietà Ater.

Si è aggravato poi in via esponenziale l’inquinamento, prodotto non solo dal nuovo tubificio costruito a pochi metri dalle case, e contro il quale a lungo si era battuto il comitato di quartiere, e che non ha mai rispettato le prescrizioni imposte dalla Regione che per altro sia con Antonione-Tondo che con Illy nulla ha fatto per farle rispettare, ma anche dalla Ferriera di Servola, i cui letali gas di cokeria e d’altoforno, oltre al catrame, alla diossina ed agli idrocarburi prodotti in quantità industriale, invadono il rione a tutte le ore del giorno e della notte. Non di rado i bambini giocano ore e ore in un piazzale Rosmini trasformato in camera a gas all’aperto, senza per altro che i genitori, più impegnati a correre dietro alla pipì sterile dei cagnetti, già perchè i ragazzini non la fanno, si siano mai preoccupati della cosa. A completare il tutto si aggiunge, quando tira il vento giusto, pure l’odore di guano, che solo odore non è visto che sono i contestuali batteri che inaliamo a produrlo, proveniente dalle vasche del depuratore fognario comunale e Acegas a cielo aperto, neanche a Calcutta e Bombay, della vicina Chiarbola dove scaricano e depositano le feci e gli escrementi di 209.000 triestini. Qui l’assenza delle amministrazioni comunali negli ultimi quindici anni, da Illy a Dipiazza per non parlare poi dei vertici dello IACP-ATER lottizzati da centrosinistra e centrodestra, è stata totale: basti pensare che appena poco tempo fa hanno finalmente messo un semaforo all’altezza della superstrada davanti al complesso scolastico dopo decine di incidenti accaduti in tanti anni e che continuano a verificarsi sulle altre strade del rione ad alto scorrimento.

A San Vito, che vive analogo processo di decadimento e chiusura di tante piccole attività commerciali, non manca invece la speculazione edilizia di chi vuole cementificare ogni spazio disponibile, ma ci mettono venti anni ad esempio a restaurare il muro di contenimento di quella vera e propria giungla in cui si è trasformato il giardino vergognosamente abbandonato di villa Necker, sede fantasma del Comando Truppe Trieste, che qualunque seria amministrazione pubblica avrebbe preteso ed ottenuto che fosse reso pubblico ed aperto alla fruizione dei residenti, e che per molti anni con le sue transenne avvolte da rampicanti ha inibito il passaggio ai pedoni di viale Terza Armata.

Sempre a San Vito c’è il vergognoso  stato di abbandono in cui vengono lasciati enormi complessi di edilizia popolare, una volta decorosi, di proprietà di enti pubblici (Ferrovie ed Assicurazioni) siti nel cuore del rione che sconta l’arrivo sempre più pesante dell’inquinamento industriale (Sertubi e Ferriera). Per diversi mesi all’anno poi il giardino di piazzale Rosmini viene lasciato nello sporco e nell’incuria più totali.

Anche in questi due quartieri gli unici spazi di aggregazione sono dati dalle sale parrocchiali perché manca qualsiasi sala pubblica ove gli abitanti possano ritrovarsi e la presenza poi, a crescere negli ultimi anni ed ulteriormente in futuro, di sedi di grandi uffici e del nuovo impianto natatorio, ha di fatto reso difficilissimo trovare dei parcheggi per i residenti. Va ricordata poi l’arroganza dimostrata dall’amministrazione di centrosinistra allora guidata dal sindaco Illy nel rifiutarsi di ricevere i 5000 sottoscrittori di una petizione contro l’illegale pretesa di istituire una vasta area di divieto di sosta ( sulla direttrice via Locchi-Campi Elisi pur di favorire il parcheggio a pagamento costruito da una ditta privata) e nel varare nel 1997 una variante al piano regolatore che ha dato il via ad una serie di progetti di megacostruzioni in tutto il quartiere e nella vicina Campo Marzio. Progetti votati si dal centrosinistra ma cantierati senza modifica alcuna dall’attuale centrodestra. A dimostrazione ulteriore, se ve ne fosse necessità, della trasversalità completa del partito degli affari.

Chiarbola-Ponziana. Uno dei più popolosi rioni della città, privo praticamente di tutto. Non c’è un luogo, uno spazio pubblico dove gli abitanti possano ritrovarsi, paradossalmente non c’è, cosa comune ad altri quartieri semiperiferici, nemmeno una piazza, di fatto l’unica area verde, il giardino di via Orlandini è lasciato in uno sconcio indescrivibile a riprova che servono poco gli interventi di riqualificazione se non vengono abbinati ad una continua manutenzione e sorveglianza. Per Ponziana il problema primario è rappresentato da vasti e datati complessi Ater carenti di manutenzione e bisognosi di radicali ammodernamenti, oltre che di una adeguata politica sociale verso i molti anziani, spesso soli, presenti. Chiarbola invece è stata devastata dalla costruzione dell’ipermercato “Torri d’Europa”, unico esempio in Italia di megacentro commerciale costruito nel cuore della città, a lungo contestato dai residenti, molti dei quali sono ancora in attesa dei giusti risarcimenti, che anche grazie alle promesse non mantenute del Comune, probabilmente non riceveranno mai nella misura dovuta dalla proprietà. Alla già critica situazione del traffico, in particolare quello pesante, si è aggiunto quello diretto all’ipermercato ed è poi esploso, come d’altronde facilmente prevedibile, il problema drammatico dei parcheggi, incredibilmente a pagamento per clienti e dipendenti delle Torri. Anche il rifacimento della viabilità in zona è stato fatto esclusivamente in funzione delle esigenze del Centro commerciale e non invece di chi ci vive attorno. L’ipermercato, voluto dalla precedente giunta di centrosinistra che grazie alla definizione di “opera di pubblica utilità”, vorremmo sapere a questo punto come il Comune definisce una scuola od un ospedale, si è visto regalare mezze vie Svevo e Doda, ha avuto pure il permesso di costruire fino all’ultimo metro cubo disponibile a ridosso delle case circostanti con tutti i danni derivati ai residenti. Quella che il Sindaco Dipiazza ha dichiarato nel suo discorso inaugurale del Centro commerciale “una svolta epocale per il futuro e l’economia della città” e che il Presidente della Camera di Commercio ha definito “Come un volano per il commercio cittadino” (infatti in questi dieci anni hanno chiuso migliaia di piccoli esercizi e si sono persi 10.000 posti di lavoro) a meno di otto anni dall’apertura ha già palesato tutti suoi limiti: buona parte delle attività commerciali presenti è in perenne crisi, la struttura, a parte il peraltro preesistente supermercato delle Coop, si è trasformata in un grande lunapark frequentato soprattutto da giovanissimi, la già scarsa capacità di attrarre clientela d’oltreconfine ha subito, in occasione dell’apertura alla porte di Fiume dell’ipermercato “Le Torri 2”, il colpo di grazia, in cambio ha dato una decisiva spinta a far precipitare verso la chiusura il piccolo commercio in zona ma con pesanti riflessi negativi pure sull’agonica attività commerciale di tutta la città. Chiarbola poi soffre, oltre al traffico pesantissimo sulle direttive via Baiamonti-Svevo, l’inquinamento insopportabile prodotto dalla vicina Ferriera di Servola (basti pensare che la centralina di rilevamento è posta nel giardino dell’asilo all’interno del complesso scolastico di via Svevo frequentato da oltre 850 tra bambini e ragazzi), lo sconcio odore proveniente dal vicinissimo depuratore fognario cittadino con le vasche di decantazione incredibilmente a cielo aperto, caso unico in Europa, la cui copertura richiesta dai comitati già a partire dal 1998, seppure di rapida esecuzione e di costi contenuti, è sempre stata rifiutata dalla giunta Illy prima e da quella Dipiazza poi.  A latere inoltre, tutti i capannoni dell’area portuale hanno le coperture in Eternit (cemento-amianto), oltre 50.000 metri quadrati, molte delle quali sono, grazie all’effetto congiunto di bora e salsedine, ridotte a pezzi.

Le proposte de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” che dal 1997 opera assieme al Comitato di Quartiere sono di rapida attuazione: Traffico di Tir e mezzi pesanti, spostamento dell’asse di scorrimento all’interno dell’area portuale. Inquinamento Ferriera, chiusura dello stabilimento e rigoroso controllo in continuo di tutte le emissioni pericolose, diossine in primis, fino alla cessazione dell’attività prevista. Depuratore Fognario, immediato avvio del rifacimento dell’impianto che oggi opera al di fuori dei limiti previsti dalle normative europee con copertura contestuale delle vasche. Viabilità e parcheggi, rifare il piano di quartiere secondo le effettive esigenze degli abitanti  riservando l’area del piazzale soprastante la via D’Alviano a parcheggio esclusivo dei residenti in zona (sbarra automatica con ingresso a tessera magnetica, riutilizzando le tessere della benzina/gasolio agevolati), apertura fissa del parcheggio del vecchio palazzetto dello sport. Torri d’Europa, subentro delle amministrazioni pubbliche a garanzia della chiusura dei contenziosi per i rimborsi, rigoroso rispetto delle norme antirumore, antinquinamento (dalle rampe d’accesso agli impianti d’illuminazione), presenza costante della polizia municipale per disciplinare il traffico dei mezzi pubblici e lo scarico delle merci, pulizia a carico della proprietà delle aree esterne limitrofe all’Ipermercato. Risanamento di tutte le aree verdi e del giardino di via Orlandini, apertura di un luogo di aggregazione per giovani ed anziani e di un centro servizi socio-assistenziali.

Servola. Maggio 2001, campagna elettorale, il candidato Sindaco Dipiazza promette “se sarò eletto il mio primo impegno sarà chiudere la Ferriera”. Cinque anni dopo il Sindaco Dipiazza chiede ancora il voto promettendo di chiudere la Ferriera, che lui spesso ama chiamare il cancro di Trieste. Di cancro amano meno parlarne quelli che, abitanti o lavoratori, ne subiscono direttamente le conseguenze. Nel 2008 è la volta del candidato presidente alla Regione, Renzo Tondo, a fare passerella a Servola promettendo, se eletto, di chiudere subito lo stabilimento.

Liberi i servolani di credergli ancora.

 Il primo problema è determinato dall’inaccettabile inquinamento prodotto dalla Ferriera e dalla Centrale di Cogenerazione, oltre ovviamente dai miasmi provenienti dal Depuratore Fognario posto a pochi metri dalle case di via Pitacco. L’altissimo consumo di farmaci legati alle patologie dell’apparato respiratorio, alle dermatiti, ed alle allergie registrato dalle farmacie in zona, così come le indagini prodotte nel 1999 dai medici pediatri dell’ospedale Burlo Garofano e dalle ricerche del Centro Tumori e dal Cro di Aviano, le indagini sanitarie sui bambini fatte nel Comune di Capodistria, i dati di sfondamento ben oltre i limiti di legge, già generosi di per se, rilevati dalle centraline di via Pitacco, via del Carpineto, via San Lorenzo in Selva, oltre dalla gia citata centralina di via Svevo e di quelle posizionate sul Monte San Pantaleone ed a Muggia, confermano l’assoluta drammaticità della situazione che è grandemente peggiorata a partire dall’arrivo della nuova proprietà (il Gruppo Lucchini) nel 1995. La gravissima  presenza, oltre alle emissioni costanti di polveri sottili e grossolane, di gas d’Altoforno e Cokeria, di catrame,  policiclici aromatici ed idrocarburi, altamente cancerosi, anche di diossine, scoperte “ufficialmente” appena nel 2005 ma evidenziate da anni da “Servola Respira” è oramai un fatto certo ed incontestabile e denuncia le inaccettabili carenze e responsabilità degli organismi di controllo (ARPA ed ASS) e degli enti pubblici (Comune, Provincia e Regione) in questi ultimi dodici anni come purtroppo confermato anche dalle indagini della Procura. Il rumore assordante e le vibrazioni prodotti dalla Centrale di Cogenerazione entrata in funzione nel 2001 hanno vieppiù aggravato la situazione causando pure l’apertura di crepe nelle opere murarie di molte abitazioni del versante prospiciente il Vallone di Muggia e Valmaura. Il quartiere si trova poi a dover affrontare il problema del proliferare di antenne e ripetitori della telefonia mobile, oltre ad un irrisolto problema di viabilità e parcheggi.

Le risposte de “La Tua Trieste” che dal 1997 è impegnata a fianco di “Servola Respira”, il locale Comitato di Quartiere, nascono proprio dal lungo confronto con gli abitanti di Servola.  Ferriera e Centrale di Cogenerazione, chiusura degli impianti, con immediato impiego della manodopera nello smantellamento dello stabilimento e nelle bonifiche sul modello di quanto avvenuto a Napoli, stabilimento siderurgico di Bagnoli, dove dai quasi 600 lavoratori dell’ex Ilva, più o meno i numeri degli attuali occupati tra Ferriera e Sertubi, sono passati a 5.500 occupati. Antenne e ripetitori, blocco di nuovi impianti ed avvio di una zonizzazione di quelli esistenti in un’area quanto più lontana possibile da abitazioni.. Viabilità e parcheggi, ridisegnare soprattutto il traffico di mezzi pubblici, oltre che di quelli privati, sulle reali esigenze di chi vive nel rione e destinare a parcheggio pubblico e gratuito l’area delle case diroccate oggi antistante lo stabilimento siderurgico dopo ovviamente il loro abbattimento.

Valmaura e Monte San Pantaleone. Moltissimi dei gravi problemi legati all’inquinamento prodotto dalla Ferriera e dalla Centrale di Cogenerazione sono comuni a Servola-Chiarbola, a questi si aggiunge per Valmaura la mancanza di un vero rione. Il quartiere infatti altro non è che un sconnesso susseguirsi di grandi complessi edificati in anni diversi, senza alcun piano strategico, senza una piazza, se si esclude il piazzale dove ha sede la farmacia e che ha come monumento centrale un cassonetto dell’immondizia, con netta prevalenza di abitazioni Ater tra cui spicca, si fa per dire, il complesso finale di via Valmaura, detto il “Serpentone”dal nome del tubone da fogna calcinato e sezionato messo al centro del cosiddetto campo giochi (un piazzale di cemento a meno di cento metri dalla Superstrada e dalla Ferriera) dove non cresce pianta, e dove risiedono quasi 1500 persone, costruito nel 1981. Un rione di fatto senza luoghi di incontro e aggregazione, dove purtroppo non è infrequente assistere ad atti di vandalismo o peggio, con un traffico costantemente caotico ed assordante, con interminabili cantieri aperti, con una sporcizia indicibile e con l’aggravante delle rampe d’accesso alla superstrada che lo tagliano in due passando a pochi metri dalle finestre delle case, la cui manutenzione è una sfida persa in partenza dall’Ater, e con l’ulteriore complicanza della semiblindatura di via Valmaura a quasi ogni sabato del campionato di calcio. Dopo la battaglia persa dagli abitanti per il riutilizzo degli ottocento metri quadri dell’asilo di via Valmaura 39, lasciato chiuso, in rovina, per venticinque anni e del vicino auditorium chiuso “provvisoriamente” nel 2000 per mettere gli antisdrucciolo sulle scale e sei anni dopo ancora non riaperto, il quartiere ha subito la particolare arroganza dei politici di ogni colore che si sono sempre opposti immotivatamente alle richieste del Comitato di Quartiere di un recupero della qualità della vita. Così come nel 2000 l’allora presidente Ater, Perla Lusa, si oppose alla richiesta sottoscritta da oltre 1200 residenti di abbattimento delle rendite catastali degli appartamenti del complesso, classificati come quelli di via Besenghi o via Romagna (finiture di pregio) e che determinavano affitti, parametrati con il reddito non più del capofamiglia ma di tutto il nucleo familiare (bella riforma quella fatta dalla Regione nel passaggio da IACP a ATER!), da 800.000 lire al mese.

 Unico successo l’apertura dello striminzito giardinetto all’angolo di via Carpineto.

Mentre per Monte San Pantaleone la situazione inquinamento è aggravata dalla presenza dei due inceneritori, quello vecchio inquinantissimo chiuso nel 2001 e lasciato marcire in dono alle “pantegane” e quello nuovo per la cui apertura l’allora candidato sindaco Dipiazza promise alla gente del posto che mai sarebbe stata attivata la terza linea di lavorazione se non a scopo manutentivo, salvo deliberare in una delle prime riunioni della nuova Giunta comunale l’assegnazione della Terza linea all’Acegas-Aps per la bruciatura in continuo dei rifiuti provenienti da Gorizia, Pordenone e d’oltre confine. Oggi si parla di aprirne una quarta. A complicare la vita dei residenti c’è poi lo stabilimento dell’Italcementi, oltre ovviamente alla Superstrada che circonda la collina la cui vista si apre sui resti della zona industriale e sui siti inquinati del canale di Muggia. Non esiste piazza, edicola o chiesa, salvo il piazzalone Giarizzole che pone al centro ben otto bottini dell’immondizia, macchine e camion parcheggiati in terza fila. In cambio le amministrazioni pubbliche: Regione, Comune e Acegas-Aps hanno sempre respinto le richieste di miglioramenti avanzate dal Comitato di Quartiere a partire dagli anni settanta-ottanta in cui hanno sistematicamente negato l’inquinamento prodotto dal vecchio inceneritore e dall’Italcementi, fino ad arrivare ad oggi dove, nel 1999, i tecnici dell’Ass e dell’Arpa hanno ufficiosamente “consigliato” i residenti a non mangiare la verdura e la frutta dei loro orti che questi trovavano sempre coperti da un pulviscolo bianco-giallastro. Da notare che gran parte della frutta e verdura nostrana venduta al mercato proviene proprio dalle coltivazioni in zona. Di questo incredibile suggerimento si occupò pure nel 2000 un programma nazionale della Rai condotto dal giornalista Oliviero Beha ma senza esito e risposta alcuna da parte dei nostri tecnici sanitari locali. Tra le richieste de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” avanzate alle giunte Illy e Dipiazza quella di risarcire gli abitanti del rione utilizzando i proventi della bruciatura di rifiuti foresti nel nuovo Inceneritore, tolte le spese Acegas-Aps, per recuperare uno spazio pubblico vasto quanto abbandonato dal 1954, uffici e parco ex GMA, e creare un centro polivalente a disposizione dei residenti e per ridisegnare la piazza del borgo creando un centro di aggregazione.  A otto anni dalla proposta si attende ancora l’appuntamento promesso “una settimana dopo”.

Le proposte de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” altro non sono che il frutto del lavoro svolto negli anni a fianco degli abitanti, ovvero: per Valmaura il rifacimento del piano regolatore del quartiere con la destinazione delle zone non edificate a verde pubblico, e quello degli immobili abbandonati a centri di aggregazione e servizi per i residenti. Abbattimento dell’inquinamento prodotto dalle industrie (per Ferriera e Centrale abbiamo già detto) e regolamentazione del traffico. Accesso libero agli impianti sportivi presenti nell’area, altrimenti non si capisce perché da questa presenza gli abitanti debbano trarne solo gli svantaggi. Ricollocazione dei residenti nel “Serpentone” in nuove e più civili abitazioni, simili a case normali e non al Vallo Atlantico di nazista memoria. Risistemazione dell’area circostante la Risiera di San Sabba, monumento nazionale ed oggetto di visite sistematiche di decine di migliaia di turisti. Nuovo censimento catastale per tutti i complessi presenti nell’area con conseguente abbassamento di parametri ed affitti. Presenza costante di poliziotti di quartiere al fine di garantire la sicurezza della zona. Lo stesso dicasi per Monte San Pantaleone, il cui sacrificio di aver sopportato e di dover sopportare in futuro la presenza dell’inceneritore cittadino con il traffico dei camion ad esso collegato, deve essere risarcito socialmente con gli interventi di recupero scritti sopra a cui vanno aggiunti gli indispensabili rifacimenti dei caseggiati Ater presenti in zona.

Altura e San Giacomo-Maddalena. Il primo è stato lasciato ridursi a quartiere dormitorio, pressoché isolato dal contesto cittadino, con scarsi e scomodi collegamenti, senza servizi pubblici salvo la mostruosa presenza della Superstrada, privo di luoghi d’incontro e socializzazione, ma anche di negozi e di attività artigianali o culturali, mentre il secondo, devastato per anni  dall’interminabile cantierone pieno d’acqua antistante la Chiesa, sta venendo progressivamente snaturato nella parte bassa verso Barriera da una crescente presenza di appartamenti dormitorio per extracomunitari. Sorte analoga è riservata a Barriera-Piazza Garibaldi, preoccupante epicentro anche di recenti gravi episodi di cronaca nera. Ad una cronica assenza di parcheggi gratuiti, che tale è rimasto anche dopo il sospirato completamento di quello sotterraneo in piazza, si aggiunge l’insopportabile caos del traffico perennemente in coda, problemi che da decenni i politici di tutti i colori non hanno saputo risolvere. Il degrado dei grandi complessi Ater si accompagna anche qui con la mancata manutenzione delle poche aree verdi presenti e dei giardini attualmente in stato d’abbandono.  Mentre per l’area della Maddalena, oggetto negli ultimi anni di fortissimi insediamenti urbanistici (via del Veltro-San Giacomo in Monte) le attuali amministrazioni hanno pensato bene di sfruttare una delle poche zone disponibili, quella dell’ex ospedale infettivi, non per creare una zona cuscinetto riservata a verde attrezzato, centro sociale e parcheggio libero, ma di dare il via anche qui ad ulteriori costruzioni di palazzi.

I “Puffi” di via Grego e Borgo San Sergio. L’unica risposta possibile a quella mostruosità concepita e realizzata dall’Ater di far vivere centinaia di persone in quel complesso edilizio di cemento e cartongesso che tutti i triestini conoscono come le case dei Puffi in via Grego (e non solo per il colore ma per le misure di porte, finestre, soffitti e scale) è quella di costruire altre e più civili case, degne di questo nome, dove trasferire in zona gli attuali residenti ed abbattere poi l’attuale complesso. E’ assolutamente grottesco infatti che Ater, Ass, Comune spendano tantissimi soldi per progetti che tentano di stoppare le situazioni di emarginazione, violenza e disperazione, i cui danni sono in gran parte generati dall’aver mandato a vivere delle persone in casermoni simili, senza per altro riuscire a risolvere il problema. Ecco perché, e lo dicevamo all’inizio, nel programma de “La Tua Trieste Comitati di Quartiere” hanno un ruolo preminente la non rinviabile riforma dell’Ater, se non si vuole ridurre questo istituto ad un semplice affittacamere con i conti in pareggio, ma non è per questo che i padri costituenti inserirono il diritto alla casa nella Costituzione e non è per questo che furono creati, a Trieste ancora sotto l’Austria, gli istituti per l’edilizia popolare, e quella analoga dei Consigli Circoscrizionali e del decentramento dei servizi sul territorio con la reale partecipazione attiva della popolazione. Mentre per Borgo San Sergio bisogna riconoscere che molto è stato fatto, ma va anche detto che oramai hanno i capelli bianchi tutte le persone che qui sono state mandate a vivere dallo Iacp negli anni sessanta, senza che per decenni fosse messo mano al piano dei servizi e delle infrastrutture e che i politici di tutti i colori dovrebbero oggi vergognarsi per il martirio del prof. Giancarlo Roli, il cui cuore generoso cedette di schianto per il tanto impegno profuso per i ragazzi del rione nel silenzio e nell’apatia di quelle stesse forze politiche che oggi tagliano nastri. Nel ricordarlo in questo programma “la Tua Trieste Comitati di Quartiere” ritiene però che non sia sufficiente fare ma bisogna anche conservare e vigilare, sarà nostra cura verificare che il Comune non lasci queste opere abbandonate a se stesse e che nel quartiere sia costante una presenza delle forze dell’ordine che impediscano a Borgo San Sergio di rivivere gli anni bui.

CONCLUSIONI

Quanto sopra scritto e soprattutto quanto vissuto in questi anni a Trieste, impone alle persone una scelta su quale futuro dare alla nostra città. Certamente appare difficile conciliare, in un territorio provinciale così piccolo e così densamente abitato, la presenza di un'attività industriale pesante con l'idea di una città turistica. Parimenti difficile appare il richiamo ad una vocazione commerciale e scientifica della città senza chiarire, ad esempio, quale ruolo potrà esercitare il porto di Trieste. Ed anche quando si voglia parlare di sviluppo industriale, bisogna comunque chiarire se questo, vista la morfologia della nostra Provincia, non possa che essere riservato ad industrie ad alta tecnologia e conseguente basso impatto ambientale. Anche al fine di arrestare quella crescente fuga di giovani e meno giovani in cerca di prima occupazione qualificata, che negli ultimi sette anni ha visto quasi ventimila persone abbandonare Trieste.

In ogni caso nessuna idea dello sviluppo della città può prescindere dal reale coinvolgimento della gente nella discussione, perché, se è vero che un imprenditore investe solo dei soldi, la gente normale impegna il futuro proprio e della propria famiglia.

La città sta oggi scontando l'eccessiva velocità con cui la vecchia classe politica ha scelto, per esempio, di attuare una falsa privatizzazione, mancando, infatti, la libertà di scelta e di concorrenza, nel settore di alcuni servizi pubblici essenziali, come quelli prestati dall'ACEGAS e dall'ex ACT. Scelte che non potranno che essere riviste, o perlomeno corrette, garantendo l'aspetto sociale di questi servizi pubblici essenziali, che deve essere privilegiato rispetto al dato affaristico – monetario. Uguale considerazione va fatta anche nei confronti di chi in queste aziende ci lavora.

Così come questioni che da anni penalizzano il dibattito politico in città dovranno finalmente trovare unna soluzione concreta: ad esempio uno degli impegni che la nuova amministrazione potrà assumere sarà quello di far svolgere, rispettandone rigorosamente il risultato qualunque esso sia, un referendum sulla proposta sottoscritta da oltre 50.000 concittadini per una maggiore autonomia della Provincia di Trieste nell'ambito regionale.

A Trieste nonostante i molti cambiamenti avvenuti nel Paese, è rimasto sostanzialmente immutato il modo in cui viene intesa la politica. Sono, in apparenza, cambiati gli uomini, variati gli equilibri politici, ma le istituzioni sono ancora considerate oggetto d'appropriazione e non bene comune; molto spesso non viene neppure rispettata la separazione tra la sfera pubblica e quella privata; non ci si muove con una visione d'insieme dei problemi e nell'interesse generale, che comprende anche quella parte di cittadini che non hanno interessi da tutelare.

Per cambiare questa situazione, per raggiungere anche qui una più alta qualità della vita individuale e collettiva, per realizzare un più alto livello di civiltà e democrazia, per passare finalmente ad una solidarietà delle regole e dei meriti, bisogna completare pienamente il passaggio dalla "politica dei partiti" alla "politica dei cittadini".

Ma perché questo sia possibile occorre che entrino in politica da protagoniste le risorse della società civile, capaci di accoppiare alle competenze professionali la sensibilità culturale che consente di distinguere un'azienda da un'istituzione o di cogliere il legame indissolubile esistente tra i concetti di "Società" e di "Stato"; risorse capaci di vivere senza paura il cambiamento, capaci di testimoniare, nel loro lavoro, nell'impegno pubblico e associativo, il bisogno di questa più alta qualità civile ed il rifiuto di una politica arrogante ed egoista, saccheggiatrice delle risorse materiali e morali della nostra comunità.

Perché questo sia possibile occorre, oggi più di ieri, che ogni cittadino sia parte diretta nella costruzione del futuro, suo e della collettività in cui vive: con le sue parole, il suo pensiero, i suoi comportamenti, le sue scelte.

Stimolare quindi il principio della "cittadinanza attiva". Affermare la centralità ed il primato del cittadino come punto di partenza per ogni scelta politica ed istituzionale. Il cittadino, quindi, al centro dei disegni istituzionali; e con il potere possibile, in un quadro che gli consenta di avere il massimo possibile d'informazioni e d'opportunità di partecipazione e di controllo. I servizi pubblici e gli apparati burocratici devono essere riformati a partire dalle esigenze dei destinatari dei servizi piuttosto che dagli interessi di chi ci lavora.

Salvo restando il principio che chi ci lavora ha il diritto di poterci lavorare bene, le pubbliche amministrazioni hanno la funzione di garantire, anzitutto e per definizione, il più alto livello di interesse pubblico. Accettare questo elementare principio significa operare una vera e propria rivoluzione mentale in un ambito estesissimo delle relazioni sociali.

 




La Tua Trieste Comitati di Quartiere.

» Inviato da valmaura il 29 March, 2011 alle 4:42 pm

La Tua Trieste Comitati di Quartiere.

La Lista civica promossa dai Comitati di Quartiere parteciperà alle prossime elezioni amministrative del 15-16 maggio 2011 per il rinnovo della Provincia, del Comune di Trieste e dei Consigli Circoscrizionali.

La scelta è stata presa nelle tre assemblee tenutesi in queste settimane al Circolo Miani  e le motivazioni saranno illustrate in un prossimo incontro pubblico.

Il programma non è altro che la trasposizione completa di quanto i cittadini hanno maturato in oltre dodici anni di impegno sul territorio per garantire la qualità della vita, la tutela della salute, un lavoro dignitoso e sicuro, la difesa del nostro territorio ed un futuro per la nostra Trieste.

La scelta di partecipare è maturata anche dalla volontà di costringere questa politica che ha prodotto il sostanziale fallimento della città ed un progressivo degrado delle condizioni di vita della nostra comunità a farsi da parte e di portare alla ribalta dell’opinione pubblica cittadina tutti quei problemi con cui la gente è costretta a fare i conti ogni giorno cogliendo ogni opportunità fornita da una campagna elettorale che finora ha espresso solo il peggio della vecchia politica.

In una sola giornata già più di sessanta cittadini hanno accettato di candidare nella Lista civica ma qui estendiamo l’invito ai tanti che da tempo ci seguono sul nostro sito o attraverso faceboock a farsi avanti, a mettersi in gioco, o come meglio mi disse anni fa don Mario “a sporcarsi le mani”. Le liste complete dei candidati saranno chiuse giovedì 31 marzo.

Per chi volesse ricevere il programma online, in attesa della sua integrale pubblicazione, può richiedercelo al seguente indirizzo di posta elettronica segreteria@circolomiani.191.it  od ottenere ulteriori informazioni semplicemente telefonando allo 040.383323, dalle ore 11 alle ore 19.

Maurizio Fogar.

PS: il sito della Lista civica, che oggi riporta i contenuti del 2006, verrà riaggiornato la prossima settimana.





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