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Circolo Miani » News Correnti » Page 370

Perchè ?

» Inviato da valmaura il 4 November, 2014 alle 11:05 am

Dicembre 1996 viene approvato un decreto legge, firmato poi dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel gennaio successivo, che autorizza, tra le altre norme in esso contenute, gli allora Istituti Autonomi Case Popolari, oggi Ater, ad applicare il “Canone Ricognitorio” (cioè far pagare il 10% del prezzo base delle tabelle di mercato) nell’affitto degli spazi immobiliari non abitativi alle associazioni senza finalità di lucro (il Circolo Miani lo è per Atto fondativo del notaio Arturo Gargano e per Statuto).  Nonostante ciò dal 1997 il Circolo ha continuato a pagare un affitto pieno, come per capirci fosse un negozio, per la sede di via Valmaura.

Anno 2003 le altre quattro Ater (Gorizia, Pordenone, Udine e Tolmezzo) della Regione inviano una circolare ai comuni dei rispettivi territori invitandoli a segnalare le “associazioni benemerite” a cui l’Ater potrebbe destinare in uso gli immobili non abitativi sui rispettivi territori al canone di ben 12 euro (si dodici: un euro al mese) all’anno. Da rilevare che la procedura e le relative delibere trovarono l’assenso della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia.

Per fare un esempio concreto a noi geograficamente vicino, il Comune di Fogliano di Redipuglia ne segnala due che da allora usufruiscono dei locali Ater al costo appunto di dodici euro l’anno. Mentre al di qua dell’Isonzo, anzi di Monfalcone, il Circolo Miani continua a pagare un affitto da boutique Fendi e lo farà fino a fine 2010. Vani risultano tutti i tentativi fatti negli anni di rimodulare il canone anche considerando tra le altre cose il ruolo che l’Associazione svolge nel complesso Ater di Valmaura (1450 residenti), e il fatto che il progetto Habitat-Salute (Azienda Sanitaria-Comune ed Ater) nasca sulle esperienze praticate dal Circolo Miani proprio nel quartiere in questione, uno dei più degradati di Trieste.

Anzi l’Ater applica da sempre al Circolo pure il pagamento dell’Iva (20% ed oltre degli importi degli affitti) nonostante l’Associazione ne sia esente a norma delle legge dell’ottobre 1972 e successive modificazioni.

Superfluo qui ricordare che il Circolo sin dalla sua fondazione (1981) ha sempre messo a disposizione le proprie sedi e le proprie strutture, financo telefoni, fax, fotocopiatrici, e poi computer e stampanti, in maniera assolutamente gratuita ai cittadini, comitati ed associazioni che avevano bisogno di un posto per incontrarsi, discutere ed organizzarsi per i loro bisogni, purchè ovviamente non a fini commerciali o partitico-elettorali. Questo per la semplice ragione che in tutto il territorio del Comune di Trieste, desolantemente triste ma vero, non esistono spazi pubblici a ciò destinati, salvo l’Auditorium del Museo Revoltella che però è soggetto ad orari e norme tali da renderlo praticamente inutilizzabile a questi fini. Tutti gli altri spazi, quando e se esistono, sono a lucroso pagamento.

Dunque la sede come strumento di vita e crescita sociale della nostra comunità.

Nel 2007, dopo due anni di tentativi, il consigliere regionale Degano, oggi del PD, su suggerimento dell’allora presidente regionale Illy, riesce a far cancellare l’unico contributo finanziario che il Circolo Miani riceveva: quello regionale, e nell’ultima seduta della Giunta, l’allora assessore Cosolini presente e votante, ad una settimana dalle elezioni dell’aprile 2008 che porteranno alla vittoria il Centrodestra di Tondo, con sua delibera la Regione a guida Centrosinistra estrometteva il Circolo da ogni altro contributo per l’anno in corso, suscitando forti perplessità negli uffici dell’assessorato regionale alla Cultura, per le ragioni e le modalità della scelta (tutte politiche).

Val solo la pena qui ricordare che la Regione distribuisce questi fondi (o meglio dovrebbe farlo) in base a criteri e parametri fissati da una legge che giustamente disciplina l’utilizzo di danari pubblici, cioè provenienti dalle tasse di tutti i residenti, e non dalle casse di un partito.

Il Circolo Miani dunque, trovandosi di fronte alla scelta di impiegare il modesto denaro raccolto con l’autofinanziamento cittadino per pagare l’affitto o per continuare a garantire alla comunità un servizio che durava da oltre trentanni, scelse di perseguire questa ultima strada, grazie anche alla generosità della famiglia Fogar che provvide per tre anni a pagare di tasca propria i canoni Ater (sede di via Valmaura e magazzino in via Orlandini), in particolare il merito va a Livio Fogar che è giusto ringraziare pubblicamente, oltre a mio padre Galliano.

Nel tentativo di evitare azioni di sloggio incontrammo, assieme al Prefetto di allora, Alessandro Giacchetti, visto anche l’interessamento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva inviato un suo contributo di 3000 euro a favore del Circolo, il Presidente Ater Rocco Lobianco ed il direttore dell’Istituto, da cui ricevemmo ogni tipo di rassicurazione in merito.

Dimessosi il Presidente per dissensi con la riforma Ater voluta dalla Regione, immediatamente o quasi partì l’azione legale in Tribunale per sfrattare il Circolo Miani da parte dei vertici rimasti dell’Ater stessa.

Nell’udienza di convalida dello sfratto (febbraio 2013), a fronte della insistente richiesta del legale dell’Ater che esso fosse immediato, il Giudice civile Merluzzi fissò la sua esecutività di lì a sei mesi, rivolgendo all’Ater un preciso invito che tenendo conto del ruolo e dell’importanza delle attività del Miani in città esso, sfratto, fosse interrotto se l’Associazione avesse dimostrato la possibilità di iniziare a pagare la morosità pregressa.

Nel dicembre 2013 l’attuale Prefetto, Maria Adelaide Garufi, convocò una apposita riunione in prefettura alla quale presero parte i vertici dell’Ater, sostanzialmente il nuovo direttore nominato dalla Giunta regionale Serracchiani, il commercialista di Cordenons (PN), Antonio Ius, il Vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, il Vicesindaco Fabiana Martini, e Maurizio Fogar e Romano Pezzetta per il Miani, oltre naturalmente al Prefetto accompagnato dal Capo di Gabinetto.

La riunione si concluse con la presa d’atto della animosità dimostrata dal direttore dell’Ater che fu interrotto dallo stesso Prefetto e la promessa pubblica, mai mantenuta, di Dolenc di pagare di tasca sua tre mensilità della morosità arretrata (1500 euro).

Va anche detto che a partire dalla primavera 2013 il Circolo Miani aveva cercato di coinvolgere le istituzioni locali nella soluzione del problema, visto che i vertici Ater erano per altro frutto di nomina pubblica su indicazione dei partiti che guidavano gli enti locali.

Chiedemmo con ripetute lettere un incontro con la Presidente della Regione, la neoeletta Debora Serracchiani (oggi anche Vicesegretario nazionale PD), ed ai primi di luglio il suo portavoce ci rassicurò che “entro una settimana avremmo ricevuto una risposta positiva”. Dopo quasi un anno e mezzo la stiamo ancora aspettando. E volevamo anche informarla sull’emergenza Ferriera, ma questa è la politica.

Ci incontrammo con i Capigruppo del Consiglio Comunale e con il Vicesindaco Fabiana Martini che in luglio dello scorso anno, di sua iniziativa, giunse ad offrirci sede e magazzino in un immobile del Comune. Salvo “scoprire” nell’anno e passa trascorso da allora che nelle centinaia e centinaia di immobili di proprietà comunale, in buona parte vuoti e dei quali non esiste neppure un censimento aggiornato a Palazzo Cheba, non vi erano disponibilità immediate. Insomma aveva scherzato.

Sorprendente poi la sua dichiarazione pubblica che la famosa sempre costituenda “Casa delle Associazioni”, uno dei primi impegni annunciati dalla Amministrazione Cosolini ancora nel 2011, da aprire nella ex scuola elementare De Amicis in via Combi, non era ancora pronta perché “mancavano al Comune alcune decine di migliaia di euro per eseguire i lavori necessari per metterla in sicurezza a norma di legge (soprattutto per l’impianto elettrico)”. Peccato ignorasse che dall’inizio dell’anno essa veniva utilizzata, pur secondo le sue parole “non essendo a norma”, per ospitare, dormitorio compreso, centinaia di immigrati profughi lì ricoverati. Come pure riportato in grande evidenza sul piccolo giornale, che lei da giornalista ed ex direttrice del settimanale della Curia, giustamente non legge.

In occasione del voto sulla “riforma della riforma” Ater in Regione (sostanzialmente per estromettere i vertici della stessa appena nominati dal fu Presidente Tondo e per piazzare dieci direttori e presidenti-commissari targati PD) fu accolto nel novembre 2013 un Ordine del Giorno, primi firmatari i consiglieri 5 Stelle a partire dal triestino Ussai ed altri, che impegnava le Ater della Regione a concedere gratuitamente gli spazi non destinabili a civili abitazioni alle Associazioni iscritte al registro regionale del Servizio del Volontariato. Prassi per altro da tempo e tempo, come abbiamo visto, applicata in tutte e quattro le altre Ater del Friuli Venezia Giulia, con l’unica preoccupante eccezione di quella triestina.

Per mesi i vertici dell’Ater di Trieste, neo nominati dalla Giunta Serracchiani su indicazione del PD triestino, ovvero Raffaele Leo, già componente della segreteria provinciale del partito, e Antonio Ius, segretario provinciale del PD di Pordenone e neo tesoriere regionale sempre del PD, adducono ogni tipo di riserva pur di non applicare l’ordine del giorno regionale.

Fino a spingere i suoi stessi firmatari, con l’aggiunta di Franco Rotelli e Roberto Dipiazza a presentare un emendamento alla legge di assestamento di bilancio regionale, accolto dall’Assessore competente, Mariagrazia Santoro, e votato dal Consiglio, che riproduciamo tanto è breve e chiaro.

Legge regionale 15, dd. 4 agosto 2014, articolo 9 comma 59: l’Amministrazione regionale autorizza le Ater a concedere in comodato gratuito, mediante bandi pubblici o mediante delega ai Comuni i locali non locati e non adibiti o adibibili ad uso abitazione o parcheggio, alle associazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale iscritte nell’apposito registro regionale.”

Nel frattempo il 6 maggio scorso l’Assessore regionale Santoro convoca in Regione una riunione con il Circolo Miani (Fogar), i vertici Ater Trieste (Leo e Ius), ad essa partecipano su invito di Fogar i consiglieri regionali triestini Dipiazza, Rotelli e Ussai, che rappresentano il 95% degli elettori, alla cui fine l’Assessore accogliendo un suggerimento di Dipiazza, stabilisce che in attesa di verificare la corrispondenza del Miani (iscritto con decreto regionale n.287 del 16 febbraio 2009 alla posizione 182 del registro regionale) alle condizioni previste per godere dell’usufrutto gratuito della sede, il Circolo si impegni a versare 300 euro mensili a rimborso della morosità pregressa. L’Ater chiede che tale proposta formale venga inviata dal Circolo Miani al suo ufficio protocollo entro le 12 del successivo lunedì.

Ciò non solo avviene ma il Miani si impegna a versare, a riprova della sua volontà di onorare l’accordo, sette ratei mensili, pari a 2100 euro in un’unica soluzione anticipata.

Salvo ricevere la settimana dopo una striminzita quanto brusca email, senza neppure i saluti di circostanza, in cui il direttore Ius disconosce quanto pattuito alla riunione con la Santoro, confermando la decisione di proseguire l’esecuzione dello sfratto.

Nonostante tutto il Circolo versa in due bonifici anticipati (1500 più 300) sei ratei mensili.

Approvata la legge regionale del 4 agosto, prima il presidente-commissario Leo dichiara al legale del Circolo, avvocato Gianfranco Carbone ed ai capigruppo comunali, che il Circolo non è iscritto al Registro regionale. Un falso bello e buono aggravato dal fatto che come controllate regionali, le Ater, rientrano negli obblighi di legge dei decreti Bassanini, che impongono l’acquisizione diretta di informazioni già in possesso della pubblica amministrazione, in questo caso poi la stessa Regione.

Poi che l’immobile di via Valmaura 77, la cupola sul tetto al nono piano, non ha il requisito di legge del “non locato” perché il Circolo ci sta ancora dentro, ergo prima deve essere sfrattato poi si vedrà.

Confondendo clamorosamente i termini giuridici di “non locato” e “non libero”. Ovvero l’immobile è sicuramente, a termini di legge, “non locato” (la sentenza di sfratto pronunciata da un tribunale serve infatti ad interrompere legalmente ogni contratto di locazione in essere, senza questa interruzione non ci potrebbe essere sloggio alcuno. Appare abbastanza ovvio anche ai non legulei), ma risulta allo stato attuale “occupato senza titolo” dallo stesso Circolo.

Per fare un esempio se l’Ater, padrone di casa, volesse vendere l’immobile non ci sarebbe alcun impedimento di legge a farlo, anche con l’Associazione dentro. Sarebbe poi scelta del compratore decidere cosa fare: uno sfratto, un nuovo contratto e così via. Pertanto delle due l’una. O via Valmaura 77, Cupola, è “locata”, come sostiene il presidente Ater, ed allora non ci si può presentare per la quinta volta, il 24 novembre prossimo, per eseguire lo sfratto. Oppure l’immobile è “non locato” e quindi la procedura di sfratto può essere formalmente eseguita. Ma il “non locato” fa rientrare appieno lo spazio di via Valmaura 77 in quelli che la legge regionale stabilisce come “concessione in comodato gratuito”.

Sempre i vertici Ater ribattono che dovrebbero fare comunque un bando pubblico e che non è detto che il Circolo lo vinca e poi la procedura si allunga perché devono individuare altri immobili da inserire nel suddetto bando, e burocrazie consimili. Dimenticano, gli stessi vertici, che la legge regionale stabilisce quel “o mediante delega ai Comuni” che risolverebbe tutto, anche per il magazzino di via Orlandini di cui l’Ater ha cambiato le serrature ad inizio aprile con tutta “la roba” (archivio, attrezzature, mobilio) del Circolo dentro.

Nel frattempo in Comune, dopo tre incontri in questi mesi con la Commissione Capigruppo, il 30 giugno scorso era stata approvata dal Consiglio comunale all’unanimità (35 presenti, 35 votanti, compreso il sindaco Cosolini) una mozione presentata dal consigliere Bertoli ed altri (Menis, Lobianco, Rovis…) che recitava testualmente, saltiamo la parte antecedente che fa la storia del Circolo Miani e della vicenda, “il Consiglio comunale di Trieste impegna il Sindaco e l’Assessore competente a mettere in atto tutto quanto necessario per evitare lo sfratto dalla sede di proprietà dell’Ater del Circolo Miani ed in particolare una mediazione con l’Ater anche tramite il coinvolgimento dell’Assessore regionale competente.

A trovare una sede alternativa qualora il tentativo di mediazione non dovesse dare risultati soddisfacenti.”

E questo prima che venisse approvata la legge regionale di agosto di cui sopra.

Come i consiglieri Antonione e Sossi hanno ricordato nell’ultima Capigruppo al duo Leo-Ius, essi avevano in precedenza detto in Comune cose non corrispondenti (è un gentile eufemismo) alla situazione ed al modus operandi dell’Ater.  In quella seduta i vertici Ater hanno perfino dichiarato di ignorare l’esistenza del “canone ricognitorio” e delle condizioni che le altre Ater della Regione praticano a realtà similari al Miani (non male per dei professionisti: uno è avvocato civilista e l’altro commercialista).

Ora il quarto tentativo di sfratto è andato a vuoto, (il funzionario Ater si è presentato comunque con due colleghi, un medico legale per evitare malori di comodo, due fabbri ed una ditta di traslochi, oltre naturalmente l’incolpevole Ufficiale Giudiziario) grazie anche alla presenza di una sessantina di cittadini, nonostante l’ora infelice di un giorno lavorativo, oltre che dei consiglieri regionali Rotelli ed Ussai, di quelli comunali Bertoli e Menis e del Presidente della Settima Circoscrizione, Bettio e di Rai e TeleAntenna (il piccolo giornale tifava per lo sfratto come ci hanno “gentilmente” scritto via email dalla redazione della cronaca, Primorski non pervenuto e Telequattro era distratta).

Il 24 novembre ci riproveranno per la quinta volta. Perché?

Già perché il vicesindaco recentemente mi ha detto infastidita che si è spesa sul Circolo solo per “un atto di cortesia nei miei confronti” e lo ha ripetuto per ben due volte prima di fermarsi a meditare sulla gravità delle sue parole, poi in fretta sostituite con il termine “sensibilità”?

Perché il presidente del Consiglio comunale ha risposto negativamente al mio invito a presenziare assieme al “popolo” il 23 settembre scorso alla esecuzione dello sfratto dicendo “che aveva perso fin troppo tempo sul Miani”? Certo i parcheggi di largo Granatieri (39) da tre anni lo hanno emotivamente coinvolto molto ma molto di più.

Perché l’Ater a guida PD fa dello sfratto del Circolo Miani una questione di vita e di morte (la nostra) quando hanno centinaia e centinaia di immobili (abitazioni e non) liberi ed abbandonati da anni?  E chi paga per i tre anni buttati ad esempio per il complesso (una quarantina di appartamenti, parcheggi e spazi comuni) di Largo Niccolini, nuovo, primo ingresso ed ora da rifare e restaurare perché lasciato vuoto a marcire?

Avvocato da strada, si è autodefinito il Leo, avvocato che mette in strada tanta gente che frequenta il Circolo, lo hanno definito in tanti.

Perché insistono sulla morosità pregressa (tre anni e mezzo) poiché dal novembre dello scorso anno nulla sarebbe dovuto, anche a fronte dei versamenti anticipati dal Circolo, quando in realtà sarebbe l’Ater di Trieste a dover restituire decine di migliaia di euro al Circolo Miani visto quanto praticato dal 1997 nel resto della Regione. La legge, le norme valgono per tutti o solo per gli iscritti al Partito Democratico di Trieste, che in Friuli mi pare altra solfa per loro fortuna?

E perché il sindaco Cosolini, la Giunta, non rispettano quanto deciso dal Consiglio comunale il 30 giugno? A questo punto dunque è arrivata la volontà di eliminare il Circolo Miani, la sua storia, e tutto quello che rappresenta per tanta gente? Perché non ascoltate Claudio Magris, Gherardo Colombo e Adriano Sofri e preferite seguire le avventatezze di un Gianni Torrenti sulla “finanza allegra” del Circolo Miani a chi gli chiedeva un intervento riparatore (Ussai, Rotelli)?

Già, perché?

Maurizio Fogar




SUPPOSTE 9. Rubrica di filologia e semantica applicata.

» Inviato da valmaura il 31 October, 2014 alle 11:36 am

“Sindacati. Niente pubblico per la Ferriera

Annullata l’iniziativa pubblica che Cgil, Cisl e Uil avevano organizzato ieri pomeriggio nella sede Cisl di piazza Dalmazia sulla situazione della Ferriera di Servola alla luce dell’acquisizione dello stabilimento siderurgico da parte di Arvedi. Non c’erano persone ad ascoltare i rappresentanti sindacali delle tre sigle: di qui la cancellazione.”

Torrenti. Serracchiani lo assolve

Cooperative Operaie

“Il Vicepresidente della Regione, Bolzonello rilevando che la recente azione della Procura di Trieste è stata determinante per dare una svolta cristallizzando una situazione che si stava rapidamente deteriorando – ha detto - e consentendo quindi di procedere nella trattativa con i potenziali acquirenti in una situazione certa e definita.”

Ecco solo tre perle, ma avevamo l’imbarazzo di una scelta difficile assai, apparse nei titoli e nei testi sul piccolo giornale degli ultimi due giorni. Fino alla fine infatti eravamo molto attratti dall’intervista al Treu, “esperto” di Coop, che è stato letteralmente asfaltato dalle domande, ma soprattutto dalle disastrose sue e per lui risposte fornite. Ma anche il commento finale alla seduta del Consiglio comunale sulla Ferriera (l’ennesima) ci attizzava non poco con quella frase “la temperatura della maggioranza in Comune è oramai quella di un cadavere”. Non male, veramente.

Partiamo dalla prima notizia. Da quando abbiamo memoria, da troppo tempo oramai, non ci era mai capitato di leggere una cosa simile. Ovvero che oltre al cronista del piccolo giornale in sala, al cospetto di si tanta delegazione sindacale, la Triplice al completo, non c’era anima viva. La cosa non ci sorprende più che tanto viste credibilie popolarità dei sindacati a Trieste (l’ultimo caso, quello delle Coop sta qui a dimostrarle) ma che neppure un lavoratore che è uno, della Ferriera-Sertubi, si facesse vivo questo fa riflettere e molto sulla fiducia che gli stessi ripongono nei sindacati.

Il Torrenti Gianni. Assessore sospeso poi a mezzadria, ma sempre assessore pagato con i pubblici denari (a proposito 21 immobili a suo nome nella dichiarazione dei redditi pubblicata di poco più che 50.000 euro annui, lordi immaginiamo, giusto il sufficiente, e non ne siamo certi, per pagare le varie tasse comunali su casa e rifiuti). Prima lo assolve il suo avvocato e compagno di partito Borgna, ora l’assoluzione arriva in prima pagina per bocca della sua presidente che lo ha nominato in quel posto di assessore. I tribunali possono dunque chiudere, ricordarlo al ministro Padoan.

La giustificazione davvero originale sta nel fatto che se ha commesso qualche reato lo ha fatto non nei panni di politico, dunque nulla osta al permanere in un incarico politico di amministratore del pubblico denaro. Ergo se uno dovesse delinquere fuori dall’orario di lavoro, tutto va bene. Se un dipendente della Regione timbra il cartellino e poi in strada scippa la prima vecchietta che gli capita a tiro lo ha fatto, si il monello, ma non da “regionale”.

Ed arriviamo alle Coop. Il succo dell’intervista a Bolzonello è questo: i controlli della Regione sono perfettamente inutili e mentre in Piazza Oberdan-Unità assistevano impassibili, anzi “monitorando da mesi” e mesi, le Cooperative fallivano inesorabilmente svuotando i risparmi di 17 mila triestini e preparandosi ad arricchire le liste dei disoccupati con gli oltre 650 dipendenti più tutto l’indotto, che non essendo della Ferriera notoriamente non contano una mazza (vedi ad esempio Sertubi e Burgo). Per fortuna, argomenta il ViceSerracchiani, si è mossa la Procura. Dunque la Regione si può tranquillamente sciogliere perché ente costosissimo quanto inutile visto che anche quando controlla ha gli occhi pieni di Atropina. A proposito sui tanto decantati tagli agli sperperi pubblici a quando la Regione comincerà a chiudere e vendere le sedi faraoniche e lussuose cresciute come funghi in tutti i capoluoghi provinciali, perché ogni assessorato deve averne di sue, e parliamo soprattutto degli uffici di rappresentanza, quando il capoluogo è Trieste?




Coop: volemose bene.

» Inviato da valmaura il 22 October, 2014 alle 2:32 pm

Il leitmotiv della politica in queste confuse ore sul disastro delle Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli è quello dell’unità in nome della salvezza dei posti di lavoro e dei risparmi dei soci.

Niente polemiche, per carità, o peggio ricerca delle responsabilità. Tutti colpevoli nessun colpevole.

No, primo perché non è vero, e secondo perché non si recupera questa situazione assieme a coloro che sono i responsabili del disastro.

Intanto, lo abbiamo già scritto e detto in TiVù (TeleAntenna) in tempi non sospetti, quando tutti i “sorpresi” di oggi erano in altre faccende affaccendati: ci sono stati rari politici (da Alessandro Metz prima ai CinqueStelle poi, da Everest Bertoli per finire con Marino Sossi) che qualcosa hanno detto o fatto per cercare di evitare lo sfracelo. Accompagnati in questo da un politico a mezzo servizio, l’avvocato Gianfranco Carbone. Inascoltati e senza risposte da chi doveva esercitare i controlli, prima fra tutti la Regione, e osteggiati da quei partiti che esprimevano i vertici delle Coop e controllate.

Ora il buco di 140 milioni (37 di scoperto in bilancio e 103 di prestito sociale) secondo molti dei politici e degli amministratori regionali e comunali intervenuti sulla stampa, quella stessa che in questi anni si è girata dall’altra parte per incassare le paginate di pubblicità o le sponsorizzazioni televisive marcate Coop, dovrebbe essere risanato proprio da quelli che l’hanno creato, in attesa, veloce si spera, che la Procura ed il Tribunale di Trieste indichino le responsabilità penali, e che non possono ovviamente ascriversi al solo Marchetti, di un modus operandi che aveva da anni creato un “sistema” Coop che coinvolgeva appieno i principali partiti.

Sono in ballo 650 posti di lavoro, più centinaia dell’indotto, altro che la Ferriera, oltre ai risparmi di 17.000 triestini.

E molti oggi a perorare di “non fare campagna elettorale” sulle disgrazie delle Cooperative Operaie.

E perché? Oggi più che mai questo ed altri drammi (Ferriera, ospedali e sanità a pezzi, Cartiera Burgo, il disastro dei rioni, povertà e tasse crescenti) dovrebbero essere proprio al centro della prossima/e campagna/e elettorale/i. Dovrebbero essere il punto di discrimine necessario affinchè i triestini, ma anche i muggesani in rassegnata e luttuosa attesa di una “sicurezza” da pioggia, individuino le responsabilità politiche e personali e mandino di conseguenza a casa questi signori, bocciandoli nelle urne e nelle piazze.

No, niente “volemose bene” ma chiarezza su chi ha la responsabilità di questo ultimo disastro, con nomi, cognomi e sigle di partito di appartenenza.

In quanto ai sindacati è meglio che stiano zitti che fanno miglior figura e in merito alla vigilanza e alla partecipazione dei soci-lavoratori, sarebbe meglio stendere un pietoso velo. Dobbiamo dire che i nostri articoli sono letti a Palazzo Cheba, visto ed ascoltato l’intervento del consigliere Menis.

A proposito due perle a cornice: l’Istat dice che a Trieste si vive bene, appunto vedi sopra, ma che, peccato e disdetta, si continua a morire di più che in Italia per tumori e si vive un anno di meno dell’aspettativa di vita nazionale.

Eppoi ci riscalda l’animo leggere che il senatore piddino Russo si prepara a riempire le piazze con falangi di migliaia di fans al grido di “via la Monassi”. Perbacco tiene famiglia numerosa, a partire dal Francesco Rosato, già direttore della Ferriera e della Lucchini Italia, già consulente del sindaco PD Cosolini, oggi amministratore della Siderurgica Triestina al comando sempre della Ferriera e sotto processo per falso e smaltimento illecito di rifiuti “speciali” nella cui indagine fu pure arrestato, che ne ha impalmato la sorella.




A Galliano Fogar

» Inviato da valmaura il 14 October, 2014 alle 11:04 am

Caro papà è una fortuna che tu non ci sia. Una fortuna per Te, si intende.

Non oso immaginare, anche se in realtà me la immagino benissimo, la Tua reazione alla lettura sul piccolo giornale di qualche giorno fa dell’intervista di tale Silvio Maranzana ad un laureato in fisica, certo  Antonio Ballarin, presidente di una associazione di esuli istriano-dalmati.

Quando avresti letto la frase che “il magazzino 18 (del nostro Porto Vecchio, dove sono messe a deposito le masserizie ed il mobilio lasciato qui dagli esuli di passaggio per Trieste) è come Auschwitz”.

Non credo che i muri di casa nostra sarebbero bastati a contenere l’eco delle Tue imprecazioni ma soprattutto rivolte a chi aveva realizzato e pubblicato quell’articolo senza perlomeno dissociarsi fermamente da tale bestialità storica.

Tu che hai seguito allora da giornalista ed inviato di una delle più importanti ed autorevoli agenzie di informazione del mondo (France Presse) le colonne degli esuli che tristemente si dirigevano a piedi, abbandonando le loro case in Istria verso Trieste, ed una volta mi ricordasti che le loro parole, di vittime di un dramma per loro epocale, erano meno dure nei confronti di chi li aveva costretti a quella fuga di quelle che oggi certi nipotini politici pronunciano in televisione o sui giornali.

Ed è una fortuna per Te, che hai fondato assieme ad Ercole Miani e Alberto Berti la deputazione  regionale dell’Istituto di Storia del Movimento di Liberazione, a non poter assistere al silenzio degli ignoranti, dei vili ed opportunisti che a tutt’oggi si guardano bene dallo smentire e dal replicare, insomma tacciono probabilmente per continuare a mendicare uno spazietto su questa stampa.

Caro papà, avevi un caratteraccio insopportabile ma Ti ringrazio comunque di avermi dato la possibilità di crescere accanto a Te.

Mi manchi tanto e sempre di più ogni giorno che passa.

Maurizio




Non capiscono proprio …

» Inviato da valmaura il 8 October, 2014 alle 12:36 pm

No, la faziosità e l’ignoranza sono sempre pessime consigliere.

E la vicenda di ieri ne è stata l’ennesima riprova, a partire dal confuso resoconto che la Ziani fa oggi sul piccolo giornale, d’altronde perfettamente in linea con suoi precedenti articoli sul tema, nell’incontro pubblico al Circolo della Stampa sulla Ferriera modello Arvedi, protagonisti, in negativo, il sindaco Cosolini, il numero uno di Siderurgica Triestina (50.000 euro di capitale) Francesco Rosato (per lunghi anni direttore della Ferriera poi in ultimo dell’intera Lucchini Italia, consulente della giunta Cosolini per sei mesi, sotto processo per falso e traffico illecito di rifiuti “speciali” nella cui inchiesta era finito pure agli arresti).

Ma tutto questo il “bravo giornalista” Maranzana si dimentica di ricordare al pubblico (una settantina, forse ottanta i presenti, non i “centocinquanta” del Sindaco), come ben si guarda dal menzionare i due laminatoi già promessi dai Lucchini padre e figlio proprio dalle colonne del giornale per cui lavora da anni senza conoscere, o per lo meno leggere Pierluigi Sabatti come emerge nel dibattito.

Anzi esordisce annunciando due domande “cattivissime” a Sindaco e Rosato: slurp, slurp, che un gatto mammone dimostra più grinta.

La Ziani titola di “gazzarra” e  poi scrive che “il Circolo Miani e Servola Respira (ai quali facevano riferimento i due terzi dei presenti) hanno anche usato civilmente il microfono”. Perbacco che complimento, e Fogar e Pezzetta che pensavano che quelle antenne nere con protuberanza finale servissero a tutt’altro scopo, modello enteroclisma (traduciamo in volgare per Ziani e Maranzana: clistere).

In realtà l’unica “gazzarra” a cui abbiamo assistito, assieme ai triestini che hanno praticamente smesso di comperare il piccolo giornale, non ieri ma da dieci e passa anni è stato l’indecoroso comportamento di certa stampa, ridotta a fare la semplice propaganda dei padroni delle Ferriere e dei partiti di riferimento, oscurando e censurando ogni voce fuori dal coro, il loro.

E la giornata di ieri non ha fatto differenza. A proposito la domanda di Fogar a Rosato (che Cosolini non sapeva neppure a cosa servissero e chi cacciava –Noi, cioè lo Stato e non la Siderurgica Triestina- ed in quanti anni –cinque: 2015/2020- i 42 milioni del repentinamente defunto accordo di programma numero Uno, che pure aveva baldanzosamente sottoscritto solo nove mesi fa) era incentrata su chi paga i 120 milioni delle bonifiche, ed è stata l’unica cosa nell’infausto pomeriggio al quale il pur abilissimo manager non ha saputo, o meglio voluto, rispondere, andando visibilmente in imbarazzo. A salvarlo ci ha pensato, more solito, il “cattivissimo” Maranzana. Eppure la risposta era semplice: la precedente proprietà, cioè le dodici principali banche italiane che di soldini non difettano oppure la nuova proprietà, alias Siderurgica Triestina che la firma di Arvedi non compare da nessuna parte, nemmeno sul contratto di compravendita, il cui importo, chissà perché visto che chi vende è un Commissario del Governo, tale Nardi fresco di condanna ad otto anni e sei mesi al Tribunale di Taranto per la morte di una decina di lavoratori dell’Ilva (ma che bell’ambientino questo dei boiardi della siderurgia italiana), che è pure referente dei giudici del fallimento Lucchini, è tuttora segreto, e se fosse per il giornalismo modello Maranzana lo rimarrebbe per sempre.

Un sommesso quanto “civile” suggerimento a Cosolini ad ai vari Grim e Cok: nel 2007 quando da Assessore regionale presiedeva il Tavolo per la dismissione e riconversione della Ferriera, con a lato i supervisori Semino e Rosato sempre lui, Roberto Cosolini inneggiò ed approvò il Piano industriale per Ferriera e Trieste presentato dalla Lucchini-Severstal (due paginette) oltre ad annunciare con sei mesi a passa di anticipo la concessione dell’AIA da parte della Regione. Abbiamo visto poi come è finita, con i libri in Tribunale e con le prescrizioni della stessa Aia bollate dalla Procura come “generiche ed inefficaci”, Maranzana sveglia!

Ecco ora forse un tanticchio di prudenza non guasterebbe. Capiamo certo che fino che a scriverne ci sono i Maranzana e company l’amnesia è garantita, ma non si sa mai, visto che l’attuale piano industriale modello Arvedi di paginette ne ha quattro.

In quanto ai Salvaneschi  (“la città si è sempre rivoltata contro la fabbrica dimenticando che i più interessati ad un ambiente sano siamo noi, i lavoratori più esposti”) e Palman di turno che nel suo intervento è arrivato ad ironizzare sull’inquinamento e le sue conseguenze, rispondiamo con i dati, per altro parziali per difetto perché collegati solo a tre tipi di tumore (polmone, vescica e mesotelioma/amianto) resi noti dalla Procura: 83 lavoratori morti.

Lo spieghino alle vedove ed ai familiari.





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