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Trieste. Il trionfo della Latitanza (e della monaggine)!
» Inviato da valmaura il 8 July, 2017 alle 1:04 pm
Dalla Ferriera al caso di Sasha Colautti a Trieste è tutto un silenzio, una assenza palpabile.
Certo con un quotidiano che ti dettaglia anche la lista dei vini del banchetto del pregiudicato di centrodestra, o gli amorazzi dei bagni tergestini capiamo che non viene facile informarsi e quindi prendere posizione.
Partiamo dal giovane lavoratore, ex sindacalista della Fiom CGIL poi passato alla USB, dipendente della Wartsila che al momento del rientro in fabbrica si vede trasferito d’ufficio dall’azienda alla sede di Taranto.
Anche un sordo, cieco e muto capisce che si tratta di quella che una volta, quando i sindacati erano cosa seria, si definiva in linguaggio forse arcaico ma efficace una “rappresaglia padronale”.
Attenzione questa decisione viene assunta da una azienda che esprime, speriamo ancora per poco, il presidente (iniziale minuscola di rigore) della Confindustria della Venezia Giulia. Dunque senza prese di distanza alcuna degli industriali triestingoriziani rappresenta la nuova linea ufficiale dell’Associazione, che riporta più o meno agli anni Cinquanta del Novecento. Quelli di Valletta alla Fiat e dei sindacati “gialli”, ovvero padronali.
Ma la città nel suo insieme ha fatto spallucce. Dagli “intellettuali” non pervenuti, alla stragrande parte della politica e delle istituzioni nostrane: idem.
Il sindacato? USB a parte ha fatto proprio il “minimo sindacale”, ovvero in sostanza niente.
Ferriera. Da mesi e mesi, passata la speculazione elettorale, silenzio pressoché totale.
Scomparsi i 5Stelle ed il PD, il Centrodestra vive sulle “mosse” alla Ninì Tirabusciò del Sindaco. Parole, parole, parole e fatti zero.
I sindacati più muti di un pesce e sono quasi quattro anni che non hanno trovato il tempo di aprire bocca sulla gravissima denuncia emersa dalla perizia della Ass resa nota dalla Procura sugli 83 lavoratori morti, e per i tre soli tipi di tumori presi in esame, per le mansioni che svolgevano in Ferriera, da allora nomeata anche “fabbrica di vedove”.
Gli “intellettuali”? Mai pervenuti, è una costante forse perché non ci sono premi da spartirsi, in quasi venti anni.
Meno del 50% dei triestini ha votato alle ultime elezioni comunali, alle regionali di quattro anni fa andò peggio: votò solo il 41%, tutti i partiti a stracciarsi le vesti con dichiarazioni impegnative sull’astensionismo “problema centrale per la nostra democrazia”.
L’espace d’un matin ed il giorno dopo non ne parlava nessuno.
Idem dicasi per l’emergenza sanitaria sul territorio e quella ospedaliera, per il degrado dei quartieri e per il dramma incalzante della povertà crescente.
Insomma a Trieste o si tace omertosamente oppure si latita da far paura.
Per tutto il resto: “venghino venghino, siore e siori, che al Circo Zavata c’è ancora tanto posto!”
Ferriera. Chiacchiere a confronto.
» Inviato da valmaura il 6 July, 2017 alle 1:56 pm
Oggi sul Piccolo il Gruppo Arvedi parla di 137 milioni già investiti sulla Ferriera, ma non spiega che i nove decimi di questa cifra se ne sarebbero andati, il condizionale qui è di super obbligo, per comperare ed installare un laminatoio di seconda mano che non riesce a lavorare a più di un terzo della sua ipotetica capacità produttiva.
Parla poi genericamente del progetto di copertura dei parchi minerali, sostanzialmente inutile per il contenimento dell’inquinamento, cumuli di Coke a parte: l’unico “Parco” che andrebbe subito coperto. Quantifica genericamente in una ventina di milioni il costo dell’operazione.
Annuncia di avere già dato il via al regime ridotto della produzione imposto dalla recente diffida regionale. Inutile per l’Altoforno che la produzione mensile raramente tocca il limite imposto prima dalle ordinanze sindacali di Cosolini e Dipiazza ed ora dalla Regione. Mentre invece i limiti imposti alla Cokeria colpiscono, e duramente, le finanze di casa Arvedi. Si tratta, lo abbiamo già scritto, di una riduzione di quasi il 60% della produzione di carbone Coke, venduto a terzi, e di analogo calo dei gas di risulta con cui funziona la Centrale di Cogenerazione per la produzione di energia elettrica. Per mantenerne i livelli attuali Arvedi dovrà acquistare sul mercato il gas metano in sostituzione.
A questo si aggiunge che poco tempo fa la proprietà aveva annunciato la necessità di fermare a fine estate l’Altoforno per “indispensabili lavori”: la sostituzione della Bocca dell’impianto, del crogiuolo e del refrattario interno: una ulteriore ventina di milioni, se va bene, il costo, a cui si aggiunge il non breve fermo dell’Altoforno e la conseguente perdita di produzione di ghisa.
Ora alcune rapide considerazioni.
La diffida regionale ed il suo pronto dichiarato rispetto da parte di Acciaierie Arvedi non ha alcun valore se non c’è la certezza dei controlli, ed almeno in questo la Procura potrebbe fare la sua parte.
Resta un mistero perchè stampa e tivù diano sempre tanto spazio genericamente alla vicenda Ferriera, facendo parlare persone (politici e comitati) che non capiscono un’acca di queste questioni, ma non ritengano importante chiedere ad Arvedi e pubblicare il progetto esecutivo dei lavori sul parco minerali e sull’Altoforno.
Sorge qui una domanda. Che lavori ha fatto finora la proprietà in oltre due anni di presenza sugli impianti se ora deve fermare gli stessi per rifarli da capo a fondo?
Ed ancora. Cosa hanno firmato il 13 settembre 2016 gli “ispettori” di Comune, Regione, Arpa, ASS, e soprattutto Vigili del Fuoco, nella relazione liberatoria in cui si sottoscriveva testualmente che i lavori richiesti dalle prescrizioni AIA erano stati tutti effettuati?
E prima ancora: cosa avevano visto e soprattutto capito? Visto che i lavori vanno rifatti da capo a fondo per ammissione della stessa proprietà.
Se questi sono i “politici”, i “tecnici” tra cui da mesi il “muto” ed a scadenza, ci pare, consulente del Comune nonché dirigente scientifico dell’Arpa, ed il club dei “presidianti” allora siamo a posto, ovvero fregati una volta di più.
Appare chiaro dunque il motivo dell’ostinazione con cui si vuole escludere, nascondere e cancellare l’esperienza del Circolo Miani e di Servola Respira: gli unici a Trieste ed in Regione a conoscere passato, presente e soluzioni del dramma Ferriera.
Un esempio? Rileggetevi qui sotto il pezzo pubblicato in febbraio in occasione dell’Audizione alla Commissione Industria del Senato in visita a Trieste.
E riguardatevi il Servizio delle Iene andato in onda nel maggio di quest’anno.
E invece di tanti “mi piace” ai singoli articoli merita piuttosto condividerli e mettere il “mi piace” sulla pagina Circolo Miani e seguirla. Anche i numeri hanno il loro peso, non vi pare?
I conti di Arvedi. Trieste, Cremona e la Ferriera. Riproduzione vietata senza espressa citazione della fonte.
Da far leggere dieci volte al giorno per dieci giorni a Maranzana del Piccolo. Per i politici di tutti i colori temiamo non sia sufficiente, ci abbiamo provato inutilmente gli anni scorsi. Preferiscono chi di Ferriera parla senza sapere. FinArvedi. La capofila del gruppo Arvedi (stabilimenti principali a Cremona e Trieste) è la FinArvedi, la holding del gruppo che controlla, è proprietaria, tutte le altre società (da Acciaierie Arvedi a Siderurgica Triestina). Partiamo appunto da questa (sono disponibili i bilanci 2014-2015). Premessa: nel gruppo Finarvedi gli utili li porta a casa il settore Inox mentre il settore Acciaio dà volumi (fatturato) ma non ha margini. Le passività a bilancio erano di 1 miliardo e 600 milioni di cui la metà verso i fornitori, a dodici mesi, insomma l’indotto, e quasi 500 milioni con le banche. Passiamo ora ad Acciaierie Arvedi. Acciaieria Arvedi dal 2009 al 2015, in 7 anni, ha perso oltre 21 milioni nonostante i 200 e passa milioni di certificati bianchi, soldi pubblici per riduzione consumi, che lo stato italiano ha erogato ad Arvedi prendendo i quattrini dalle nostre bollette della luce. Acciaieria Arvedi dal 2006 al 2015, in dieci anni, ha visto aumentare i debiti di oltre 800 milioni arrivando a quasi 1,1 miliardi di euro. In questo periodo il capitale sociale, vale a dire i soldi del proprietario cav. Arvedi, sono aumentati solo di 94 milioni, ma grazie ai 60 milioni che Arvedi ha incassato nel 2014 da Siemens per la vendita del suo brevetto in Cina. Sembrerebbe talmente in difficoltà che per incassare soldi accetta di avere un concorrente con la medesima tecnologia (ma a costo manodopera inferiore) in Cina. Dal 2006 in poi la ditta ha messo a punto e realizzato un grosso programma di investimenti coperti praticamente solo con debiti che non ha dato risultati economici, ma solo perdite...e per fortuna del cav. Arvedi che c'erano i 200 e passa milioni statali (certificati bianchi). Passiamo ora a Siderurgica Triestina. Premessa. Siderurgica Triestina ha ricevuto nel 2015 dalla Regione un corrispettivo contrattuale per il mantenimento dell’operatività del sito di Servola per Euro 5.790.000. L'accordo di programma prevede questo corrispettivo. Significa che al netto di questo contributo pubblico una tantum, nel 2015 perdeva nell'ordine di mezzo milione di euro al mese. Alcune considerazioni. FORTE LEVA DEBITORIA Il solo indebitamento bancario è pari a 115 milioni a fronte di un capitale sociale (apportato da Arvedi) di soli 500 mila euro. E questo con un fatturato per vendite di 134 milioni, in pratica quasi in linea con il suo indebitamento. Quindi non può permettersi di ridurre la produzione o di dismettere attività produttive. DEBITO L'indebitamento bancario a medio/lungo è dovuto a 70 milioni erogati da BEI (a fine 2015 pari a 66 milioni) e da 20 milioni erogati da Mediocredito Friuli VG. Sono presenti poi ulteriori 20 milioni di debiti a breve termine. 1. La Regione Friuli V.G. non è in conflitto di interessi: controlla, emette AIA e finanzia Siderurgica Triestina (Mediocredito Friuli è controllato al 55% da Regione FVG)? 2. L'erogazione della BEI avvenuta a giugno 2015 quando l'AIA è stata emessa solo il 27.01.2016 Bonifica Degli oltre 20 milioni incassati dal liquidatore Lucchini, Nardi, per le bonifiche, sono stati spesi poco più della metà: rimangono 9 milioni da spendere. Investimenti Siderurgica Triestina si era impegnata ad investire 172 milioni nel periodo 2014-2016, di cui 140 nel biennio 2014-2015. Nel biennio 2014-2015 gli investimenti sono stati nell'ordine di circa 75 milioni: insomma pochi spiccioli oltre la meta’. In pratica si confermano le parole (2014) del sen. Mucchetti che si mostrava preoccupato per l'eccessivo indebitamento delle aziende di Arvedi, cosa che sta avvenendo anche a Trieste. Questo, tuttavia, è in linea con quanto dichiarato dall'azienda nel 2014 quando affermava che il socio (Arvedi) avrebbe versato 10 milioni. Ad oggi sono stati versati neanche 2 milioni. 1. Regione FVG è conscia della pesante situazione debitoria e dell'elevata leva finanziaria che, in base anche al più basilare libro di ragioneria, evidenzia una pesante sottocapitalizzazione? 2. Regione FVG di fatto sapeva che saremmo arrivati a questa situazione perché nel piano finanziario presentato nel 2014 si indicava che Arvedi avrebbe messo 10 milioni mentre si sarebbe indebitato per 140 milioni, con un effetto leva molto importante, quasi insostenibile. Alcune osservazioni. 1- resoconto audizione commissione industria (2014) del Senato in cui il Presidente Mucchetti afferma che " Infine, ritiene che il Gruppo Arvedi, sebbene italiano, stia attraversando una fase di criticità finanziaria non ideale per porre le basi del rilancio del Gruppo Ilva. Inoltre ha una struttura improntata ad una capitalismo familiare mentre il Gruppo Ilva, a suo giudizio, dovrebbe passare ad una struttura proprietaria più manageriale." 2. intervista del FattoQuotidiano: Mucchetti afferma che "Si è fatto vivo Giovanni Arvedi, ottimo industriale con molti debiti e una successione da inventare." Il fido europeo. Una boccata di ossigeno ad Arvedi la da la Banca Europea di Investimenti, BEI, quando nel giugno 2015 eroga un fido per cento milioni di euro, sui duecento chiesti da Arvedi, peccato che nella istruttoria della Banca Europea si vincoli la erogazione al conseguimento della AIA per la Ferriera di Trieste da parte della Regione FVG, emessa appena nel gennaio 2016, e della VIA per Cremona, conclusa un anno dopo nel giugno 2016. Poi invece la BEI da per scontato che Arvedi riceva le autorizzazioni tanto da richiedere non il documento della VIA o l'AIA nuova, ma solo una relazione non tecnica redatta dai consulenti Arvedi. Come chiedere all'oste se il suo vino è buono!! Il laminatoio da 111 milioni. L'impianto, come scrive anche Il Sole24ore, arriva dal fallimento della fabbrica americana di Sparrows Point, il cui penultimo proprietario era stata la russa Severstal, proprietaria anche della Lucchini Italia. In una intervista sulla stampa USA colui che ne fu il proprietario indica "sei ragioni per cui le acciaierie di Sparrows Point sono fallite". Al punto 1 indica GLI IMPIANTI OBSOLETI e dichiara "even worse, its 68inch hot strip mill dates back to 1947. Employees have made heroic efforts to keep these antiques running. But it’s a losing game." [molto peggio il laminatoio datato 1947. Gli operai fecero sforzi eroici per far funzionare questa anticaglia. Ma non ci riuscirono.] L'impianto di laminazione è stato oggetto di un revamping (manutenzione straordinaria) negli anni '80. Questo abbiamo esposto nella Audizione in Prefettura alla Commissione Industria. Maranzana sul Piccolo titola “La sfida di Arvedi”, con questi numeri che “il giornalista” si e’ ben guardato dal leggere, appare persa in partenza! Nel contempo nel suo articolo i numeri dei dipendenti, diretti e indiretti, sono lievitati a 1000, e sono sparite le banche, dodici: le maggiori, tra i vecchi proprietari obbligate a pagare i costi delle bonifiche. Complimenti vivissimi. Adesso capite le ragioni per cui ci oscurano!
https://www.iene.mediaset.it/puntate/2017/05/07/toffa-i-politici-cambiano-l-altra-ilva-resta_11204.shtml
Ferriera. Tanto rumore per nulla!
» Inviato da valmaura il 4 July, 2017 alle 12:45 pm
Basta, basta, di Fantozzi, delle sue “cagate pazzesche”, c’è n’era uno solo. Assistere ieri all’ennesima pantomina, da cui per l’assunzione di colpe e responsabilità si salva solo Massimiliano Fedriga, a venti, capite venti anni dalla denuncia del problema, è francamente troppo ed inaccettabile. Sentire Sindaco e mezza Giunta, con l’accodo di tre parlamentari tre, ripetere sciocchezze dette a destra e manca, dalla politica di destra e manca per diciannove anni, è semplicemente desolante e quel che è peggio dimostra l’assoluta incapacità di questi signori, “presidianti” compresi, di risolvere il problema. Ma neppure di affrontarlo, perché ieri è emerso palesemente di fronte a quattro decine di persone che questi non conoscono pressoché nulla dei veri problemi causati dalla Ferriera e dal suo ciclo produttivo ed impiantistico. Se tutto si riduce ad una petizione per fissare la data “certa” di chiusura dell’area a caldo (il 2050 va bene?), quella che il terzo sindaco Dipiazza aveva promesso di serrare in cento giorni, ed il suo amico e compagno di partito, nonché Presidente di Regione, Renzo Tondo, in “una settimana”, e se gli argomenti prodotti dal club del “presidio” è la “polvere nera” che la siora Maria trova sulla sua finestra a Servola, allora Arvedi o chi altro può dormire sonni tranquillissimi. Ma è Dipiazza che ancora una volta, con la Polli al seguito, ha dato il peggio di se. “Sta finalmente emergendo la verità: la ghisa non è il futuro”. Emergendo? Ma te lo dicevamo nel 2001, e te ne accorgi solo ora? E allora quel “cancro” che a parole affermavi di voler chiudere era causato dal fumi di cucina della mensa aziendale? Ma per favore! “Poi qualcuno ha voluto portare Arvedi e questi sono i risultati”. Davvero? E chi ha riempito le colonne dei giornali a partire dal luglio 2007 con titoloni “Arvedi a Trieste? Ho fatto Bingo!”? Lo conosce? Si chiamava Dipiazza Roberto e faceva il Sindaco. Altro che Fantozzi! E sul porto ripubblichiamo quanto scritto alcuni giorni fa, che è meglio.
Ferriera. Porto. Antidoping.
E dal 2004 che come Circolo Miani e Servola Respira martellavamo, tra un corteo ed una manifestazione, sulle istituzioni, sul Sindaco di allora, Roberto Dipiazza, sulla Giunta Regionale Illy-Cosolini, sulla politica tutta che la soluzione utile a Trieste e lavoratori era destinare l’area occupata dalla Ferriera alla logistica portuale. Non ci hanno degnato di uno sguardo, e non perché avessero, sarebbe chiedere troppo a questa gente, idee e progetti alternativi. Ora, come colpiti da una folgore divina neanche la conversione di San Paolo, tutti si stracciano le vesti (ma rigorosamente su stampa e televisioni) a saltare sul carro del vincitore. Viva il Porto, viva l’allegato Ottavo (che i nove decimi di lorsignori non sanno neppure cosa sia), viva i Punti franchi, che fino a ieri irridevano: vero Pacorini? Sentire Dipiazza confessarsi “commosso ed emozionato” fa sbellicare dalle risa: lui che in dieci anni da Sindaco a Trieste, quattro a Muggia e tre in Regione, più due tentativi di farsi candidare dal centrodestra ai vertici dell’Autorità Portuale, non ha portato a casa nulla che è nulla. Ma lo stesso vale per quasi tutti, di qualunque colore politico e ruolo istituzionale, sentiti pontificare oggi. In realtà i vincitori ai quali va attribuito il merito di questa svolta epocale per Trieste sono due, e due soltanto, più il Ministro Del Rio. I loro nomi fanno Zeno D’Agostino, Presidente Autorità portuale Alto Adriatico, e Debora Serracchiani, Presidente Regione FVG. Due personaggi ai quali in passato, e specificatamente sulle note questioni della Ferriera, non abbiamo fatto sconti. Sul primo, D’Agostino, abbiamo perfino presentato un esposto alla Corte dei Conti per il fermo lavori sulla piattaforma logistica dello Scalo Legnami. Alla seconda non ne abbiamo fatta passare una a partire dalla denuncia in Procura contro l’illegittimo svolgimento dei lavori della Conferenza dei Servizi che ha rilasciato un’AIA viziata di nullità alla proprietà della Ferriera. Ma se oggi uno dei due si candidasse a Sindaco di Trieste lo voteremmo subito, e non ci può fregare di meno la parte politica alla quale appartengono: il PD. Per tutti gli altri che parlano oggi tanto a sproposito, a partire dal Dipiazza accanito sponsor dei rigassificatori: la morte fisica per il futuro del Porto di Trieste, chiederemmo solo l’obbligatorietà del test Antidoping prima di registrare una loro dichiarazione. Il minimo sindacale per non prendere così spudoratamente per i fondelli la gente. Sotto (pagina Facebook Circolo Miani) un esempio dei “fatti”, delle realizzazioni del Sindaco dei “cento giorni”.
Europa? Questa? Ma mi faccia il piacere! (Totò)
» Inviato da valmaura il 2 July, 2017 alle 12:52 pm
Più che “chiudere i porti” bisogna disertare i vertici inutili e, forse chiudere qualche rapporto.
Visto l’acuirsi del flusso migratorio che trova sbarco soprattutto in Italia e Grecia.
Vista la ridicola differenza francese del “nuovo” Presidente Macron tra migranti che fuggono dalla morte per guerra e quelli che fuggono da carestie senza fine e dalla morte per fame, pur di respingere a Ventimiglia qualche centinaio di persone che da mesi attendono di entrare in Francia.
Vista la spocchia del Ministro Estone che annuncia che al prossimo vertice di Tallin, a questo punto totalmente inutile, dei ministri dell’Interno di tutti i 27 paesi dell’Unione Europea “Italia e Grecia saranno solo ascoltate ma non verranno prese decisioni”.
L’Italia cominci a fare sul serio.
Si faccia rappresentare a quel vertice, riunito solo per ascoltare, non dal suo Ministro ma dall’ultimo, gerarchicamente parlando, degli impiegati dell’Ambasciata italiana in Estonia, insomma l’addetto a spegnere le luci dei nostri uffici consolari quando tutti sono usciti, incaricato di leggere due striminzite cartelline con i drammatici dati degli sbarchi nel nostro Paese. E così dovrebbe fare anche la Grecia.
Cominciamo a sospendere le nostre presenze istituzionali a questo tipo di vertici, che l’addetto alle pulizie va benissimo e non è detto che non riesca a fare meglio di Alfano, e dove per altro tutto è già deciso prima da Germania con Francia e Spagna al traino e con Juncker a fare da ventriloquo.
Cominciamo a detrarre dai tanti quattrini che l’Italia versa alla UE tutti gli importi, fino all’ultimo centesimo, che l’Italia spende per questa emergenza.
Cominciamo ad esercitare il diritto di veto che la UE riserva ai singoli Stati.
Chissà forse allora il nostro Paese conterà più della terna baltica, o di alcuni paesi centroeuropei e della Croazia che in quanto a razzismo e antisemitismo durante l’ultima Guerra Mondiale non sono stati secondi al Terzo Reich nazista.
Certo sarebbe anche meglio non doversi presentare con il piattino in mano per chiedere periodicamente scorciatoie indecorose per salvare le nostre banche, in realtà per salvare i favori e gli affari di pochi.
Ma separiamo per ora le due cose, che la dignità dell’Italia ed il concetto di umanità hanno la precedenza.
Ferriera. Venti di crisi dopo la diffida della Regione.
» Inviato da valmaura il 1 July, 2017 alle 1:35 pm
Quanto poco conoscano dell’argomento su cui pontificano ogni giorno dalle colonne del Piccolo e dagli schermi di Telequattro tutti, politici, comitatini e operatori dell’informazione, che chiamarli giornalisti ci sembra parola troppo grossa, è dimostrato dal sostanziale silenzio con cui è stata accolta la notizia della diffida regionale alla Ferriera. Perché?
Perché l’atto emesso il 28 giugno dalla Direzione regionale all’Ambiente, una “diffida immediatamente esecutiva”, pone una prima pietra, anzi un macigno tombale sulla prosecuzione della produzione dell’area a caldo (Altoforno con agglomerato e macchina colare annessi, e Cokeria) della Ferriera.
Sappiamo dai bilanci di Siderurgica Triestina prima ed Acciaierie Arvedi poi che la produzione di Ghisa, che raramente supera le 33-34mila tonnellate mensili, dunque sotto il limite praticamente inutile fissato dalle ordinanze sindacali (Cosolini e Dipiazza) costa al Gruppo Arvedi una perdita mensile che oscilla tra i 500mila ed Un milione di euro. Dunque lavora in perdita, e da oltre un quinquennio oramai.
Per ciò dal momento che la diffida regionale “immediatamente esecutiva” interviene sulla Cokeria “e la limitazione della produzione di coke a quelle strettamente funzionali alla produzione di ghisa.”, sintassi a parte, significa che l’impianto che oggi distilla in Coke più del doppio del Carbone fossile destinato all’Altoforno per la produzione di ghisa, mentre il resto viene caricato sulle navi e venduto a terzi, dovrà ridurre la produzione di quasi il 60%.
Ciò avrà pure un altro riflesso immediato: la necessità per Arvedi di acquistare forti quantità di gas metano per mantenere inalterati i livelli della produzione di energia elettrica della sua centrale di cogenerazione venendo a ridursi del 60% i gas di risulta provenienti proprio dalla Cokeria.
Ohè Arpa, occhi aperti, almeno per una volta!
Ora, mentre per i posti di lavoro questa diffida regionale non crea alcun rischio (che Cokeria od Altoforno producano 100 o 10 sempre lo stesso numero di lavoratori devono impiegare) il danno economico per un Arvedi che guida una Società non quotata in Borsa e fortemente indebitata, è rilevante assai.
Insomma la Regione, sembra incredibile, ha fatto con questa diffida del 28 giugno molti più passi in avanti per la chiusura dell’area a caldo che il Dipiazza del “chiudo in 100 giorni”.
E qui sorge pressante una domanda. Vero è che spetta alla Regione l’emissione di “ordinanze” su violazioni tecniche, ma altrettanto è vero che gli sforamenti tecnici determinano, con il superamento dei limiti, un danno alla salute. E perché mai allora il Sindaco in veste di Ufficiale Sanitario del Comune, cui per legge spetta la tutela della salute dei cittadini, non ha emesso analoga ordinanza?
Lo abbiamo già scritto. Consigliamo vivamente i “presidianti” a trasferirsi sull’altro lato di piazza Unità, e non sotto ma dentro il Municipio.
A proposito che fine ha fatto l’inutile consulenza? Non doveva scadere a fine giugno?
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