» Inviato da valmaura il 8 September, 2020 alle 3:23 pm
Esof si avvia alla chiusura odierna, e se una cosa si può affermare senza paura di smentita è che esso è passato su Trieste come acqua sul vetro, e non poteva quasi essere diversamente, Covid o non Covid. Resta l’incognita dell’utilizzo futuro del grande scatolone del nuovo centro congressi, la cui capienza rimane comunque modesta, e soprattutto la sua collocazione decentratissima rispetto al Paese e con scarsissimi collegamenti ferroviari e aerei non paiono di buon auspicio. Auguri. Ovviamente il refrain preferito di questa edizione di Esof è stata la costruzione di un “futuro sostenibile” e possibilmente “Green”. A parte l’ironia della location scelta, ovvero Trieste una città che negli ultimi anni si è distinta proprio nell’esatto contrario: da nuove cementificazioni in un territorio piccolo e già fortemente compromesso, a costanti deforestazioni ed incurie contro il verde urbano. Ma forse a questi operatori è sfuggito un piccolo particolare, ovvero che è il presente a non essere sostenibile per decine di migliaia di concittadini, invisibili, che non compaiono nei convegni o nei dotti dibattiti, e di cui politica e “informazione” non si occupano perché non hanno “potere”, perché appunto sopravvivono in solitudine ed emarginazione la loro condizione di povertà. Perfino l’Inps li prende per i fondelli ritardando di mesi (manca una "circolare") l’adeguamento dell’assegno di invalidità civile imposto da una sentenza della Corte Costituzionale, recepito, e non poteva essere diversamente, dal Governo, e che scandalosamente è fermo da decenni a ben 297 euro al mese. Poi c’è l’ulteriore beffa del reddito d’emergenza Covid, quei famosi 600 euro beccati da consiglieri regionali e parlamentari che incassano già dagli ottomila ai dodicimila euro netti al mese, ma negati a chi invece sopravvive con l’assegno di invalidità o con i 187 euro mensili del Rei. Perché qualcuno dei dotti e degli intellettuali presenti oggi all’arrivo del Presidente Conte non glielo ricorda? Che almeno su una cosa rendano concretamente utile questa settimana esofiana.
Scandalo ospedali.
» Inviato da valmaura il 6 September, 2020 alle 12:29 pm
Poggiana te ne devi andare, magari assieme al Riccardi !
Lo studio richiesto dall’Azienda sanitaria all’Università di Trieste, la cui relazione conclusiva porta la data del 31 dicembre 2018, sulla qualità dei pasti distribuiti nei tre ospedali triestini (Cattinara, Maggiore, Burlo) ai pazienti ed ai dipendenti dà questo esito. "Le analisi sui campioni di cibo parlano chiaro. Che si tratti di verdure, carne o pesce, si registrano valori antiossidanti crollati, vitamine drasticamente ridotte, processi ossidativi e cattivo odore. La cuoca “Serenissima” produce i pasti a Rovigo anche venti giorni prima del consumo, li raffredda, li conserva in atmosfera controllata e li consegna due volte a settimana alle varie sedi, dove vengono riscaldati e distribuiti. I risultati sono di bassissimo livello. Rispetto al prodotto cucinato espresso, i dati dell'ateneo dicono che la bieta passata ha una capacità antiossidante (Teac) più bassa del 74% e valori di vitamina A ridotti dell'89%. La vitamina A contenuta negli spinaci "cook and chill" è più bassa del 95% rispetto al prodotto di riferimento e la Teac segna il -42%. Si riducono sensibilmente anche i valori vitaminici della carne, ma in questo caso colpiscono i processi ossidativi dei grassi: i perossidi balzano in su del 227% nel caso del manzo e del 166% in quello del pollo. I problemi maggiori li dà il pesce: «I campioni (di verdesca, ndr) erano tutti caratterizzati da intenso odore sgradevole riconducibile alla degradazione dei composti azotati». I perossidi sono più di sei volte i livelli di riferimento e i valori di istamina superano i 400 mg per chilo. La relazione evidenzia più dati problematici con una situazione preoccupante, tra perdita dei valori nutrizionali e sviluppo di composti ossidanti”. Riceve la relazione e la legge, si spera, il neo commissario prima e poi direttore generale Antonio Poggiana, nominato dalla Regione su proposta dell’assessore alla Sanità Riccardo Riccardi ed entrato in carica il 1 gennaio 2019 (il giorno dopo la consegna dell’indagine all’Asugi). Ambedue i suddetti nulla fanno per quasi due anni, salvo continuare a rinnovare in proroga un contratto di fornitura alla stessa ditta “Serenissima” al costo, per i contribuenti triestini, di 5 milioni di euro all’anno. E cosa fa ieri il nominato di Riccardi ai vertici dell’Asugi triestina? Si scusa, si dimette e se ne va da Trieste? Assolutamente no, anzi. Prima dichiara che quei dati sono “vecchi”, poi che male ha fatto la stampa a renderli noti, per iniziativa del consigliere regionale Ussai perché altrimenti Azienda Sanitaria, Regione ed anche Università avrebbero continuato a tenerli nei cassetti a stagionare come in questo biennio, ed infine attacca i criteri e la credibilità dell’indagine stessa e dell’Università di Trieste. Conclude che oggi le cose sono “cambiate” omettendo però di dire che il “cambiamento” è avvenuto appena da quattro giorni, si avete letto bene, a partire dal 1 settembre 2020 e su iniziativa della stessa “cuoca” Serenissima, che per altro, smentendo clamorosamente quanto appena dichiarato dal protegè di Riccardi ammette che l’indagine universitaria ha scritto il vero. Si becca infine una pepata smentita pure dall’Università giuliana. E rimane tranquillamente al suo posto senza che l’assessore regionale lo rimuova all’istante, dopo questo ennesimo “incidente” ascrivibile a Poggiana. E a nessuno viene in mente la cosa drammaticamente più importante: ovvero che per anni i pazienti (dagli anziani ai bambini), di cui la dieta è parte integrante delle terapie, a Cattinara, al Maggiore e cosa maggiormente disgustosa all’ospedale pediatrico Burlo, sono stati “nutriti” in simil modo. Operatori sanitari compresi. Ma esiste una Procura della Repubblica in questa città? E’ una domanda che sempre più spesso i cittadini a Trieste si pongono.
Esof. Chiacchiere portuali.
» Inviato da valmaura il 5 September, 2020 alle 1:56 pm
Tutta la nostra comprensione umana al Presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino vincolato per dovere d'ospitalità a passare 20 ore su 24 tra i convegni Esof in Porto vecchio. Ma da quel poco che riporta la stampa locale il dibattito sulle innovazioni (ben cinque studi) da realizzare nel funzionamento del Porto di Trieste non ha partorito neppure un topolino-ino-ino concretamente utile. Anzi no, uno dei patron delle manifestazioni, l'ex parlamentare DC pordenonese Michelangelo Agrusti, la cui già lunga carriera politica fu bruscamente interrotta con le manette di un arresto nelle inchieste di Tangentopoli nel 1994 e con una condanna in primo grado a due anni e mezzo di reclusione, poi finita in prescrizione per decadenza dei termini, e riconvertitosi poi in incarichi confindustriali ha efficacemente sintetizzato la realtà che sta uscendo da Esof. Dal suo attuale incarico di presidente di Confindustria Alto Adriatico ne ha “invece evidenziato le difficoltà in quanto l'innovazione richiede una nuova competenza che non può essere compresa da tutti”. Ergo accade quello che alcuni temevano: un esercizio culturale e scientifico tra addetti ai lavori da cui rimane estranea quando non esclusa, anche per incapacità a comprendere (Agrusti dixit), la comunità triestina e regionale. Ma questa, spiace dirlo, è l'antitesi del vero progresso che si misura invece sulla semplificazione dei percorsi e delle funzioni, sull'ampia comprensione e condivisione nell'opinione pubblica. Ed è per questo che rilanciamo con forza la necessità invece di far partire quel progetto concreto di Porto Green, tale da additare l'esperienza di rilancio di Trieste come un modello italiano, europeo ed internazionale, e senza ulteriori ritardi visto il riaprirsi della stagione crocieristica e la ripresa del traffico mercantile. Ripubblichiamo dunque uno dei nostri ultimi articoli. Trieste. Porto Green. Autorità Portuale e Circolo Miani. Due ore d'incontro tra Zeno D'Agostino e Maurizio Fogar. Abbiamo parlato delle criticità da affrontare e risolvere segnalate in più articoli su queste pagine. Ne facciamo schematicamente un riassunto. Intervento immediato per sostituire alla forza motore (inquinantissima) la forza elettrica con l'installo su tutte le banchine, da Porto Vecchio a Muggia, degli appositi terminali a cui le navi all'ormeggio, siano esse da crociera, petroliere o commerciali, si colleghino per alimentare i servizi di bordo. Abbattendo così anche l'inquinamento acustico molto forte soprattutto nelle ore notturne. Presenza degli appositi filtri sui fumaioli delle navi. SIOT. Risolvere la criticità causata dall'olezzo in uscita dai depositi, un nauseabondo tanfo di benzina marcia, che investe le zone di San Dorligo e la fascia costiera triestina. In tempi rapidi perchè la situazione si protrae insopportabilmente da anni. Progettata nuova grande stazione e zona di manovra ferroviaria, da Valmaura-Servola-Scalo Legnami. Studiare tutte le misure da assumere per prevenire l'inquinamento acustico e le copiose emissioni di Polveri Sottili (PM10 e 2,5). Riapertura linea ferroviaria “transalpina” al traffico di treni container. Intervenire il prima possibile per barrierare e ridurre il fortissimo inquinamento acustico in città (da San Giacomo ai Campi Elisi) prodotto dalle fermate, in particolare quella in corrispondenza del viadotto metallico fianco PAM, dei convogli in discesa. Di questo ed altro, in particolare della Siot, si è parlato nel corso delle due ore di incontro che hanno dimostrato una sostanziale condivisione dei temi affrontati e messo altresì in primo piano anche l'attesa di risposte da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE). Si è deciso di rinnovare l'incontro ai primi di settembre per fare il punto della situazione e valutare i tempi necessari, che non sono una variabile indipendente, per concretizzare le soluzioni. Ecco, se ci si permette una considerazione, è così che si affrontano per risolverli i problemi, nell'ottica di raccogliere una sfida importante per la città ed il suo sviluppo: fare di Trieste il primo Porto Green in Italia ed un modello per l'Europa.
Trieste. Scoppia lo scandalo, ritardato, dei pasti ospedalieri.
» Inviato da valmaura il 4 September, 2020 alle 1:27 pm
Ospedali (Cattinara, Maggiore e Burlo) un menù da dieta Fantozzi.
Invece qui è tristemente vero, almeno a leggere i risultati resi noti con due sospetti annetti di ritardo dall’indagine dell’Università triestina, grazie anche alla meritoria iniziativa del consigliere regionale Ussai. Prima di entrare nel merito è proprio il ritardo che colpisce: ora la stessa Azienda Sanitaria triestina commissiona ad un laboratorio universitario questa indagine sulla “qualità” del cibo fornito a ricoverati, ma anche a dipendenti: i risultati sono disastrosi. E cosa fanno i vertici dell’ASS? E chi li ha nominati, li controlla e ne porta la responsabilità? Li tengono sepolti nei cassetti dei loro uffici e continuano a prorogare l’appalto al “cuoco”, che costicchia alla Regione svariati milioncini (5 solo per Trieste) all’anno, come se niente fudesse. Le date sono importanti: la relazione conclusiva dell’indagine risale al 31 dicembre 2018. Chi era il responsabile regionale, insomma l’assessore, alla Sanità? Riccardo Riccardi, lo stesso che non si capisce con quale logica e fidando che il piccolo giornale non glielo contesti, dichiara oggi alla stampa che “Sono cose avvenute prima della mia nomina (avvenuta nel maggio 2018 dunque sei mesi prima) e di quella del direttore Antonio Poggiana (in sella da 19 mesi), ma resto esterrefatto che nessuno abbia proceduto dopo simili dati”. Anche noi, e per la verità esterrefatti lo siamo pure per il suo goffo scaricabarile. Poi con involontaria comicità prosegue in stile littorio “Andrò a verificare se c'è stata una contestazione all'impresa Serenissima (la cuoca): se così non fosse, ci sarebbero responsabilità pesanti da individuare all'interno di Asugi (Poggiana). Se i dati corrispondessero al vero, sarebbe un fatto molto grave e ci sarebbero elementi per la risoluzione del contratto”. La cacciata dei vertici Asugi e le sue dimissioni sono cose che non gli passano minimamente per la capa, e che invece sarebbero il minimo sindacale richiesto in ogni paese normale e civile. “Quo usque tandem abutere (=abuteris), Riccardi (Poggiana), patientia nostra?” Ed anche dei nostri soldini che amministrate con questi risultati.
A Trieste si lavora così.
» Inviato da valmaura il 2 September, 2020 alle 2:46 pm
Inaugurato a fine giugno, in ritardo, il nuovo sottopassaggio pedonale che porta alla Stazione ferroviaria, è già chiuso per “allagamento”. Ora a parte che in città non c’è stata alcuna alluvione e le piogge la hanno quasi risparmiata, ma in un cantiere costato oltre 5 milioni di euro per rifare la viabilità di una piazza Libertà che andava benissimo com’era, che alla prima pioggia degna di questo nome si allaghi il nuovo manufatto per “guasto alle pompe” a quanto è dato di conoscere, mentre non si conosce il nome della ditta esecutrice dei lavori, né il suo costo, né il nome del tecnico che li avrebbe controllati, è sconsolante. Sconsolante si, ma assolutamente in linea con la tradizione dei soldi pubblici, cioè nostri, buttati quanto invece negati ad altre e più cogenti priorità: l’emergenza povertà è la prima di una sterminata lista che ci viene in mente. La casistica è lunga assai e pertanto ci terremo stretti nell’elenco: si va dai bidoni, di nome e di fatto, a scomparsa di piazza della Borsa (un milioncino di euri), al Tram elettrico di via Mazzini, al rifacimento del Teatro Rossetti (lì si veleggia sui 5 e passa milioni), al Ponte Curto, da cui il nome, al Tram di Opicina (abbiamo perso il conto dei milioni), alla fu Piscina Terapeutica, nata e crollata nel giro di dieci anni, alla ex Caserma di Roiano, abbattuta, meravigliosi alberi per primi, due anni orsono e trasformata in discarica di laterizi, per finire con un tocco di comicità, con il Vate corto, ovvero con il piastrellone posto in fretta e furia sotto la sfortunata statua. Ma lasciamo ai lettori arricchire l’elenco. Che a pagare, tanto non sono lorsignori ma i triestini. Che nella foto ieri l’altro “tagliavano il nastro” in Porto Vecchio, che Iddio ce la mandi buona.