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Circolo Miani » News Correnti » Page 134

Stanno smantellando la sanità territoriale. Emergenza Diabete a Trieste.

» Inviato da valmaura il 12 April, 2021 alle 11:46 am

Anche i sassi lo hanno capito: che il sistema della sanità pubblica, ospedaliera e territoriale, messo in ginocchio ed affanno dall'emergenza Covid è il prodotto di anni ed anni di tagli: nel personale, nelle strutture e nei posti letto, magari a vantaggio della sanità privata.
Così come tutti hanno amaramente compreso che passata l'emergenza resteranno sul campo gli “effetti collaterali”, ovvero si sconteranno, sulla pelle dei cittadini, le sospensioni, i rinvii, gli enormi ritardi accumulati nei controlli, nelle visite e negli interventi per i milioni di pazienti affetti dalle altre patologie.
A Trieste la situazione è anche, se possibile e nonostante gli encomiabili sforzi e sacrifici attuati dal personale sanitario, peggiore.
Prendiamo l'esempio della Diabetologia, un servizio di assistenza territoriale giustamente nato e pensato così per decine di migliaia di persone (ventimila quelle seguite più altre almeno diecimila inconsapevoli di soffrire di Diabete). Finora il servizio era assicurato nei quattro ambulatori distrettuali spalmati sul territorio con puntate settimanali nei Comuni fuori porta, ora in piena emergenza Covid (distanziamenti, non assembramenti e quanto altro) il vertice Asugi, forse il peggiore che la storia ricordi a Trieste, ha deciso di accentrare il tutto, ma meglio sarebbe dire decentrare in un sito per nulla agevole da raggiungere e privo di efficaci collegamenti pubblici, in un unico posto: al secondo piano, dunque raggiungibile con ascensore, non proprio il massimo in tempi di pandemia, di una palazzina nel mezzo del parco, in cui recentemente il Comune ha dato il sostanziale contributo di segare 160 alberi, dell'ex ospedale psichiatrico a San Giovanni.
Dunque la “territorialità” ha cessato di esistere almeno per uno dei più importanti servizi di diagnosi e cura a Trieste, e senza che si sia levata la voce di uno solo dei quattro direttori di Distretto, di cui a questo punto si fatica a capire il senso del loro incarico.
Idem dicasi per tutti i giornalieri interventi di medicazione soprattutto del “piede diabetico” che se trascurato porta inevitabilmente ad amputazioni crescenti degli arti.
Non parliamo poi delle altre consulenze specialistiche legate al Diabete, a partire da quelle oculistiche, di cui Asugi per mesi non è stata in grado di fissare neppure gli appuntamenti a lunga distanza.
Questa “risposta” dei vertici regionali nasce dalla sofferenza del Servizio diabetologico, non da oggi ma da anni carente di medici ed infermieri e che mai ha visto accogliere la richiesta, più che motivata dai numeri che sono in media di tre/quattro volte superiori a quelli di un “medico della mutua”, di un potenziamento dell'organico in dotazione al Servizio al fine di garantire agli utenti continuità e prontezza nelle cure.
Resta da capire il perchè l'Asugi e la Regione non abbiano provveduto (visto che i soldi del Governo Conte ci sono, i vincoli ad assumere sono saltati, e gli specialisti abbondano) almeno in questo ultimo anno ad arruolare nuovo personale, ma abbia optato per questa sciagurata scelta.
E resta il fatto che Trieste Verde che ha messo le proposte sulla sanità tra i punti qualificanti del suo Manifesto per la Città ha deciso di dedicare questo sabato, 10 aprile, alle ore 11, presso la sede (g.c.) del Circolo Miani in via Valmaura 77 alla emergenza sanitaria, in particolare a quella Territoriale, dove pure molti degli ambulatori per i prelievi ordinari rimangono ancora inspiegabilmente chiusi.
Insomma qui parlare di rafforzare la sanità territoriale produce questi risultati, e ciò è francamente inaccettabile: ne va della salute dei Triestini.
Ed è ora di dire basta e cambiare registro altrimenti tanto vale cancellare i Distretti Territoriali.



Il Mercato (s)coperto della politica.

» Inviato da valmaura il 10 April, 2021 alle 10:48 am

Francamente disgusta il balletto, dopo quello brasiliano (vedi sotto), della politica sul Mercato Coperto di largo Barriera.
Questi che firmano e che si sbracciano in dichiarazioni e comunicati stampa hanno governato da trenta e passa anni la città, direttamente o indirettamente (per quindici il centrosinistra e per quindici il centrodestra, futuristi e progettisti compresi).
Dunque a rigor di logica e semplice buonsenso sono i responsabili della situazione non proprio “felice” in cui il Mercato versa e non da oggi per l'appunto.
A leggere poi la confusa dichiarazione senza capo né coda ed infarcita di luoghi comuni del sempiterno presidente della Camera di Commercio che si esprime in politiche stretto, si chiude il cerchio delle irresponsabilità. Ed è lo stesso che all'inaugurazione delle Torri d'Europa (2000) disse che la grande distribuzione sarà “un volano per il commercio cittadino”, dunque aveva capito tutto, come i diecimila posti di lavoro persi e le centinaia di chiusure di piccoli e medi negozi confermeranno negli anni a venire.
Quando Dipiazza con una sola battuta ributta la palla nel campo avverso ha dunque gioco facile, anche nel nascondere le responsabilità delle sue amministrazioni: “invece di raccogliere firme mi portino un progetto fattibile e do loro le chiavi del mercato agratis”.
E se da un lato dice una cosa ovvia quanto vera, dall'altro assolve se stesso ed i suoi dalla parte di responsabilità che spetta a chi siede in Consiglio comunale, che sia in maggioranza o all'opposizione.
Ma ricordare non guasta mai.
Scriveva la stampa locale il 29 Ottobre 2016.
Il mercato coperto fa 80 anni con le ballerine brasiliane.
Affollato rinfresco, con tanto di musica, per la storica ricorrenza delle “venderigole”.
Lorenzo Giorgi: «L’interno è un po’ grigio, ci serviva del colore. Contiamo di rivitalizzarlo», che questo non sia «soltanto un anniversario, ma un punto zero da cui ripartire».
«Abbiamo voluto le ballerine perché l’interno del mercato è un po’ grigio e per l’occasione ci serviva del colore - dichiara Giorgi -. Contiamo di rivitalizzarlo: entro l’anno saranno occupati tutti gli stalli liberi al piano terra, e nei prossimi mesi lavoreremo al secondo piano, anche con un bar».
La memoria e magari la coerenza, brutte bestie in politica e non solo.
Teodor per Trieste Verde.



L'insostenibile pesantezza del presente.

» Inviato da valmaura il 10 April, 2021 alle 10:47 am

Dedicato ai politici che parlano e straparlano di “Futuro sostenibile”.
Questi i numeri dell'emergenza povertà a Trieste, e badate bene che sono ampiamente in difetto perchè le persone comprensibilmente provano un forte ritegno, quasi un dignitoso pudore, a mettere in piazza la loro povertà.
Su queste pagine ne abbiamo scritto da anni e vincere l'emergenza povertà, riformare radicalmente i “servizi sociali”, assieme a quelli sanitari sul territorio, ed invertire il processo ultradecennale di degrado dei quartieri è parte importante e concreta del Manifesto per la città di Trieste Verde.
Così ne parla anche la stampa locale:
“Lo spettro della povertà si allunga sulla Venezia Giulia. A un anno di distanza dal primo lockdown sono raddoppiate rispetto all'epoca pre-Covid le persone che hanno bussato alle porte della Caritas di Trieste, mentre a Gorizia le richieste sono aumentate fino al 60%. Nella nostra regione il quadro, drammatico, un nucleo medio oggi non arriva più a fine mese.
Il Comune di Trieste nel 2020 aveva erogato buoni spesa per 4 milioni di euro, derivati da trasferimenti statali e Allianz, a fronte di oltre 3.800 domande. Un altro milione è stato stanziato per il 2021: all'assessorato al Welfare sono già pervenute 4.000 richieste, di cui 1.200 sono famiglie nuove ai servizi.
La povertà degli anziani è messa in luce anche da Emanuela Pascucci, della Comunità di Sant'Egidio: «Prima con la pensione riuscivano a vivere, ora devono sfamare i figli disoccupati. In generale l'anno scorso, oltre ai poveri che già conoscevamo, sono arrivate tante famiglie nuove provenienti da attività chiuse, casse integrazione in ritardo perché le ditte non erano in grado di anticipare, mancanze di reddito da lockdown. Ora queste nuove povertà sono diventate croniche. Tante utenze sono state tagliate: c'è chi ha passato l'inverno al freddo e al buio. Chi ha accumulato 3 mila euro di debito non sa come fare”.
Ma qui si buttano soldi in luminarie natalizie (650mila), statue e mostre sul Vate (oltre 500mila), trasferimenti di Sissi per 80 metri e 600mila euro, ponti “curti” (più di 800mila), bidoni a scomparsa (oltre un milione appunto scomparso) e poi diciamocelo chiaramente: era proprio necessario spendere 5 milioni di euro per un “rifacimento” della viabilità di piazza Libertà?
A chi non lo avesse letto.
Il Manifesto contro la povertà.
Le proposte di Trieste Verde.
780 euro netti al mese, è quanto ha fissato con sentenza la Corte Costituzionale l'altro anno, la soglia minima di sopravvivenza che lo Stato deve erogare agli aventi diritto.
Questo è quello che Trieste Verde innanzitutto propone attui il Comune di Trieste nei confronti delle singole persone incapienti residenti, senza alcun vincolo di spesa e prelievo, come avviene tutt'oggi per le pensioni, dove le sociali e le minime devono essere innalzate a questo livello base.
Ciò deve avvenire in collaborazione con la Regione e con l'Inps, che conosce perfettamente la situazione e non ha bisogno di richiedere ulteriori trafile burocratiche, che per altro violerebbero ben quattro leggi dello Stato (i Decreti Bassanini). E deve divenire operativo nel più breve tempo possibile, con richiesta formale a Banche e Poste di aprire una corsia preferenziale per il pagamento “sociale” ai loro sportelli.
Resta inteso che tale importo, che è quello indicato dall'Istat per la mera “sopravvivenza” e sfidiamo chiunque a scialarci, va aggiornato annualmente al rialzo, e per i nuclei familiari non monocellulari va parametrato ai componenti della famiglia a carico.
La riforma totale dei Servizi sociali comunali, oggi accentrati e ridotti al ruolo di passacarte e burocrazia della povertà.
Gli Assistenti Sociali, oggi carenti di numero e diretti con criteri operativi che ne annullano la professionalità, devono poter tornare sul territorio affinchè la parola “presa in carico” degli assistiti non resti lettera morta. Va ricreata la rete collaborativa con il personale dei Distretti sanitari (per altro da tempo in sofferenza e da riformare come proposto da Trieste Verde) per assistere tempestivamente le persone in difficoltà, dove queste “vivono”.
E' evidente che quando una persona, giunta all'estremo delle sue possibilità, decide di rivolgersi ai Servizi sociali, compie una scelta difficile e combattuta: non è affatto facile mettere in piazza la propria povertà e disperazione.
Ma da quel momento il ruolo di un Servizio sociale degno di questo nome sta nel sostenere, e non solo economicamente, la persona, rispettarne la dignità (non con le umilianti file in pubblico a cui abbiamo assistito nel camerone stipato di gente di via Mazzini), e sostituirsi a lui per tutte le pratiche di cui abbisogni. Insomma privilegiare il rapporto umano e non limitarsi a passare e compilare moduli.
Per fare ciò bisogna assumere nuovo personale idoneo, non da oggi carente, aprire nuovi centri di aiuto ed ascolto sul territorio, non limitarsi ad un numero telefonico, quando non è perennemente occupato, attivo solo da lunedì a venerdì tra le ore 9 e le 11.
La carenza dei vertici del Servizio sociale comunale è apparsa chiara fin dall'inizio, la loro incapacità a confrontarsi con l'analogo Servizio regionale è stata totale, per non parlare poi nell'interfacciarsi con l'Inps (locale e nazionale), che in particolare a Trieste non brilla per capacità.
Ma quale Sindaco è, conoscendo la drammatica situazione in cui sono costretti a “tirare avanti” decine di migliaia di concittadini, quello che non senta il bisogno di dedicare tutto il suo sforzo, le energie, anche economiche di cui l'amministrazione dispone, a risolvere questa priorità sopra ogni altra.
Per le statue, le ovovie ed i grandi eventi, ci sarà un domani tempo e modo, altrimenti basta citare un titolo famoso di Primo Levi: “Se questo è un uomo”.



Mercato Coperto. Riceviamo e come Trieste Verde condividiamo.

» Inviato da valmaura il 8 April, 2021 alle 2:30 pm

“Questa è una richiesta d'aiuto. Rivolta non solo ai triestini, anche a coloro che vivono altrove ma hanno a cuore Trieste. Lo splendido edificio in foto è il Mercato Coperto.
Ha le fattezze di una nave, ma è ben radicato a terra. Una nave di terra varata nel 1936, grazie al denaro donato da Sara Davis, una donna che voleva dare un tetto alle "venderigole", donne del popolo che vendevano frutta e verdura, ambulanti umili e caparbie.
Il Mercato Coperto si affaccia su Largo Barriera Vecchia, dove un tempo si trovava la barra dei dazi. Era un piccolo confine. Vi abitò Joyce per un periodo. Joyce amava i luoghi popolari.
La disgrazia è la seguente: il Comune "ha aperto" a due proposte di investimento, di Lidl e Despar. Peccato che a 50 metri esistano già due grandi supermercati, Despar e Coop, e che a Trieste, notizia di pochi giorni fa, i supermercati sfiorino quota 100. Se ne aprono in continuazione, nonostante il declino inarrestabile della popolazione. Uno ogni meno di 2.000 abitanti.
Vi sono esempi virtuosi di recuperi di mercati in Europa. Ma potremmo anche fare qualcosa che ancora non c'è, qualcosa di nuovo, e farlo insieme, con la progettazione partecipata. Da anni alcune associazioni e molte persone si muovono in tal senso, basterebbe ascoltare.
Il Mercato Coperto è una casa del popolo. Dei piccoli. Affacciata su quello che fu un piccolo confine, costruita su un torrente che si chiama Grande ma che è piccolo anch'esso. È una nave voluta per gli ultimi. Deve restare un luogo in cui i piccoli vendono frutta e verdura, e potrebbe aprirsi ad altri piccoli: i calzolai che resistono in zona, ad esempio, piccoli artigiani, e così via, piccoli che lavorano con le mani e con la testa. Ci sono tanti piccoli a cui dare un tetto.
Lidl e Despar sono grandi. Non è per loro questo spazio. Così come è sbagliato il progetto di costruire, a 50 metri dal Mercato, un autosilo a più piani. In un zona, tra l'altro, in cui esistono già altri autosili. Perché questa è la visione di chi governa Trieste: parcheggi e supermercati. Macchine ovunque con bagagliai stracolmi di cibo.
Il Mercato Coperto potrebbe diventare il Mercato dei Piccoli. E Barriera Vecchia potrebbe riempirsi di alberi e viuzze pedonali. Diventare Barriera Verde. E rimanere un rione popolare. Come piaceva a Joyce.
Se amate Trieste, per favore fate girare questo post. Adoperiamoci affinché Trieste non si trasformi, da città della scontrosa grazia, in città dei carrelli e dei parcheggi.”
Pubblichiamo con gioia questo scritto e, per quel che rappresenta il percorso quarantennale del Circolo Miani, aderiamo totalmente alla proposta contenuta.
Ci aggiungiamo solo la considerazione che anche questo è il frutto avvelenato di una politica, di tutta una politica senza distinzione alcuna, che ci troviamo a sopportare da troppo tempo a Trieste.
Il cui operato si può facilmente sintetizzare in due parole: incapacità ed affarismo.



Porto di Trieste.

» Inviato da valmaura il 8 April, 2021 alle 2:28 pm

Anzi: Porti (Nuovo e Vecchio) e ripresenteremo le proposte operative di Trieste Verde nell'ultimo dei sabati dedicati ai dieci punti del Manifesto per Trieste.
Ma sono quattro annetti buoni, a leggere i nostri articoli, che insistiamo sulla necessità di eliminare il pesante inquinamento, superiore a tutto quello generato dal traffico urbano, provocato dai motori perennemente accesi dalle navi, bianche, petroliere e commerciali che siano, anche quando sono ferme attraccate in banchina per permettere ai servizi di bordo di funzionare a regime. Senza contare l'inquinamento acustico prodotto.
Ora a noi fa sommo piacere, come abbiamo avuto modo di ribadire al Presidente dell'Autorità portuale in più incontri, che ci sia in previsione futura il progetto di elettrificazione delle banchine (per chi non lo sapesse si tratta di collegare, scusateci la sintesi, i servizi di bordo all'energia elettrica fornita da terra permettendo lo spegnimento dei motori all'ormeggio), ci è di conforto che la stessa Autorità abbia ricevuto 800.000 euro dai fondi europei per la bisogna e che altre decine di milioni sono preventivati dagli stanziamenti governativi-europei. Ci preoccupava un po' il ragionamento teorico di Zeno D'Agostino di ricorrere ad una energia “pulita” possibilmente prodotta in loco nell'ambito portuale, e non per le intenzioni, ottime ma come recita il detto di “buone intenzioni è lastricata la strada per l'Inferno”, ma per i tempi che, come è facile intuire, si sarebbero dilatati all'infinito.
E noi che riteniamo che l'ottimo sia nemico del bene, gli avevamo pressantemente suggerito di attuare dei provvedimenti tampone, ad esempio per la quattro-cinque navi bianche parcheggiate da mesi a mesi in Porto e che eruttano continuamente dai fumaioli vistose fumate, e poi gli avevamo evidenziato l'urgenza di risolvere una volta per tutte la costante emergenza creata dalla Siot, che oltre a chiazzare di nere fumate delle petroliere l'aria del nostro Golfo, riversa sistematicamente a terra, a seconda di come tira il vento verso San Dorligo e Muggia o verso la nostra città un lezzo di “benzina marcia”, il copyright è nostro, da far rivoltare lo stomaco.
Lo riproponiamo di nuovo oggi: in attesa di elettrificare anche il Molo Balota si provveda in via breve a risolvere queste due situazioni e siccome sappiamo che il Zeno ci legge sarebbe utile pure che ci rispondesse altrimenti continuare a trattare l'argomento a doppie pagine di giornale non aiuta a risolvere il presente.
Come vedete è una caratteristica nostra volare, anzi nuotare, bassi.
Ma la salute è nostra e la vita è, purtroppo, breve.
Trieste Verde.




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