Lo stabilimento della Ferriera è lontanissimo dai criteri indicati dalla legge istitutiva delle Autorizzazioni Intergrate Ambientali per ottenere dalla Regione un verdetto positivo.

La legge vincola il rilascio dell’AIA allo stato esistente e non a quello che forse sarà tra anni.

Eventuali prescrizioni possono sussistere sempre che però il quadro esistente sia già nei limiti di legge previsti per l’ottenimento dell’AIA.

Sappiamo però che la Regione, e/o la Conferenza dei Servizi in caso di unanimità dei componenti, rilascerà l’AIA alla proprietà della Ferriera.

Ce lo hanno dichiarato formalmente e con estrema chiarezza nel corso dell’incontro all’assessorato regionale all’Ambiente il giorno prima che si aprisse la Conferenza dei Servizi, perché “a prescindere da ogni considerazione tecnica” così vuole l’accordo di programma e la scelta politica.

Hanno pertanto ritenuto di escludere, nonostante la legge e la prassi, il Circolo Miani e Servola Respira dall’assistere ai lavori della Conferenza e dalla facoltà di presentare osservazioni scritte in quella sede.

Il contributo finanziario di 100 milioni legato al fido della Banca Europea d’Investimenti, di cui il Gruppo Arvedi, visti i bilanci, ha disperatamente bisogno, è condizionato all’ottenimento dalla Regione FVG appunto dell’AIA e della Valutazione d’Impatto Ambientale.

La decantata “innovazione tecnologica” si concreta per ora in un impianto di laminazione acquistato da un epocale fallimento negli USA, costruito nel 1947 e parzialmente ammodernato nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso. Di cui si paventa tra le altre cose la eccessiva rumorosità.

La osannata “trasparenza”, a parte il ridicolo quarto rinvio del “Ferriera Open Day” con annessa figuraccia della “portavoce” Serracchiani, consiste nel non rendere ancora pubblico a distanza di dieci mesi il prezzo pagato per l’acquisto dello stabilimento (a vendere era un Commissario del Governo) da parte di una società dal capitale di cinquantamila euro!

E soprattutto a non presentare le fatture per i lavori eseguiti nello stabilimento in ottemperanza delle perizie della Procura (18 milioni di euro solo per i lavori necessari a riaccendere l’Altoforno) e ai tanto decantati Accordi di Programma (due ma senza pace che tra poco seguirà un terzo, almeno così dicono i politici).

Il sistema di monitoraggio delle emissioni inquinanti, a parte la centralina di via San Lorenzo in Selva, testata e certificata dal Ministero dell’Ambiente, è da anni e anni assolutamente inaffidabile e propina misurazioni mensili di gran lunga inferiori a quelle riscontrate in Alto Adige dalla centralina Arpa di Cortina-Dobbiaco.

Contrariamente ad altre realtà italiane, a partire da Taranto, Savona, ma anche la vicina Udine fa testo, qui il silenzio degli enti di controllo ed anche dell’autorità giudiziaria è a dir poco imbarazzante.

La colleganza di interessi tra affari, politica e informazione, in particolare quella stampata, qui è di tutta evidenza.

Nel rispetto dell’indicazione senza precedenti fornita da oltre 10.280 concittadini che hanno sottoscritto (ma avrebbero potuto facilmente esserne molti ma molti di più) le petizioni promosse dal Circolo Miani.

Dunque che fare?

Ora e subito!