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'L'Eco della Serva'
Fatti e misfatti della settimana

Laminatoio a caldo e “giornalismo” a freddo.
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Vocazione servile.
Scritto da: Teodor

C’è vocazione e vocazione: quella al sacerdozio, alla pittura, all’insegnamento per esempio, e poi c’è l’irrefrenabile vocazione al servilismo. Nella politica, nel sindacato, ma soprattutto nel giornalismo.

E’ cosa vecchia ed arcinota, non scopriamo certo l’acqua calda, lo scrivevano nei loro libri e saggi  trenta e più anni fa Sergio Turone, Giorgio Bocca, Gianni Rocca, Giampaolo Pansa, Indro Montanelli ed Enzo Biagi tanto per citarne alcuni.

Ma in Italia negli ultimi anni ed in particolare a Trieste ed in Regione si sono toccate punte impensabili nel leccamento del potere, di qualunque tipo esso sia: politico, economico, istituzionale o religioso.

Le interviste su commissione, perfino le foto da pubblicare a corredo fatte scegliere ai potenti interessati, la posizione tipica “a novanta”, prona di chi chiede all’intervistato che domande gradisce ricevere. Gli articoli senza memoria dove ben ci si guarda dal ricordare le balle spaziali pronunciate o l’esattamente contrario di quanto fin qui sostenuto da chi parla.

Ma il caso più aduso in questo mondo di servi è la semplice censura: l’omissione tranquilla di informare su questioni che anche solo lontanamente potrebbero apparire sgradite ai detentori del potere.

Ovviamente a lungo andare, e nonostante questa pratica sia largamente diffusa nei pochi e quasi monopolistici organi di stampa locali (TiVù e giornali), il banco salta. Ovvero la gente comincia rendersi conto di essere presa in giro. Come disse il Presidente americano A. Lincoln “ Si può ingannare qualcuno tutte le volte, o tutti qualche volta, ma non si possono ingannare tutti, tutte le volte.”

E le conseguenze sono immediate: caduta verticale di credibilità del giornale, e per il quotidiano di Trieste è un’esperienza arcinota, perdita progressiva di copie vendute e calo degli ascolti per i TiGì locali, ma soprattutto un boomerang per i “padroni” che si volevano servire.

A Trieste ad esempio il caso più lampante è quello della proprietà della Ferriera o del sindaco Dipiazza, più trovano sistematico spazio sulla stampa locale più la gente sghignazza e sbeffeggia su quello che dicono.

Anche quando la vocazione servile, oramai tanto compenetrata nella “professionalità” del giornalismo nostrano, entra in funzione “a fine di supposto bene” il risultato appare devastante.

L’ultimo esempio è la totale censura della Lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scrittagli da Maurizio Fogar in occasione della sua seconda visita a Trieste per il concerto di Muti il 13 luglio 2010.

In quella missiva veniva spiegata al Capo dello Stato la situazione grave, drammatica, in cui si dibatte gran parte della comunità locale per l’incapacità, le complicità di una classe dirigente che alla tutela della salute, della vita, della dignità del lavoro, del futuro della città ha invece anteposto gli affari di pochi. Veniva in buona sostanza chiarito al Capo dello Stato quale fosse la vera Trieste che gli veniva sistematicamente nascosta dietro ad un fondale di cartapesta come a Cinecittà, ed indicate le gravi responsabilità degli amministratori e dei politici che a frotte sorridenti lo accompagneranno in questa sua seconda visita alla città.

Orbene, pensando di “fare un favore” al Presidente della Repubblica, ma soprattutto ai padroni politici-economici locali, la stampa ha fatto sparire questa lettera, ne ha ignorato i contenuti assolutamente veritieri e che gran parte dell’opinione pubblica locale ha imparato in questi dieci anni di censure a conoscere sulla propria pelle.

Così facendo hanno reso un pessimo servizio al Capo dello Stato, coinvolgendolo pesantemente in questo “gioco sporco” che da anni si realizza sulla vita dei triestini, privandolo di quel prestigio di supremo garante delle Istituzioni della Repubblica per abbassarlo a parte fiancheggiante di chi sfrutta questa meschina situazione, contro quel popolo che lui costituzionalmente rappresenta.

P.S: il 13 luglio, dalle ore 16 e 45 in poi Maurizio Fogar si è intrattenuto per un’ora a colloquio in Prefettura consegnando personalmente la lettera ed i suoi allegati. La stessa è stata distribuita con gran successo a partire dalle 19 e 15 in piazza Unità alle migliaia di persone in attesa di assistere al concerto di Muti. Quando la censura diventa un clamoroso autogol….



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