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Com'è triste Trieste!
Scritto da: Maurizio Fogar

Sulla vicenda Ferriera in questi più che dodici anni di impegno, faticoso, a volte scoraggiante, ma sapevamo di non avere di fronte un bottegaio di rione bensì una multinazionale con interessi, leggi quattrini, formidabili da difendere, abbiamo incontrato i personaggi più variopinti e ributtanti che il mondo fornisce spesso in gran quantità. Dai farabutti per interesse, sul libro paga del denaro, dei favori e delle carriere, ai politici collusi con gli affari, o semplicemente imbecilli patentati. Dalle mezze calzette che dicono mezze verità, pari alla loro mezza statura, che sono gli utili idioti della controparte, sempre e qualunque essa sia.

Hanno cercato di colpirci in tutti i modi possibili. Da quelli istituzionali, tagliandoci da tre anni ogni contributo regionale in barba alla legge e nel silenzio complice di partiti, “società civile” ed intellettuali. A quelli personali, con le minacce delle buste anonime (tre) con bossolo aggiunto, alle calunnie ripetute come un mantra e financo con i teoremi giudiziari costruiti ad arte almeno per sputtanare se non condannare, con la compiacenza e le censure di gran parte degli organi di disinformazione locale.

Hanno costantemente cercato di isolare il Circolo Miani, etichettato quale “inaffidabile”, la parola magica della partitocrazia per indicare uno che non si può comprare né asservire e che suona per noi quale orgogliosa medaglia. L’isolamento quale premessa essenziale per la liquidazione, la chiusura dell’unica voce e realtà organizzata ed indipendente rimasta, ed è cosa molto triste affermarlo, nella società triestina e financo regionale.

Quando un presidente di Regione non esita a dichiarare pubblicamente che i soldi pubblici non possono essere stanziati a favore di una associazione che non ha “amici”, non ha nessuno che “garantisce per loro” nel palazzo di piazza Oberdan, e questo passa nel normale silenzio, allora qualcosa di profondo si è rotto nella democrazia, nella nostra società.

Poco importa che il Circolo Miani sia storicamente, da quasi trenta anni, la realtà più significativa nel panorama socioculturale di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. Conta nulla, anzi è la sua colpa più grave agli occhi di questo sistema politico, che alle sue iniziative risponda una partecipazione ed un consenso di gente mai vissuta prima in queste terre. E che questo si rispecchi pure nel sito-giornale online più seguito a Trieste e non solo, con quasi 15.500 utenti unici registrati.

Questo silenzio, questo sudario devono riuscire a far tacere il Circolo, privarlo di sede e strutture, che oramai siamo al taglio della luce, e presto perché nella primavera del 2011 a Trieste, Comune e Provincia, ed a Muggia si rivota per il rinnovo delle amministrazioni locali. E la faccenda deve essere risolta prima della campagna elettorale per impedire a chi gode di così forte credibilità di condizionare i temi, ma soprattutto per loro, i risultati delle prossime elezioni.

Le rendite di posizione derivanti dal totale immobilismo che strangola questa città e la sua minuscola provincia, e che sono condivise in ambedue i principali schieramenti politici non si possono permettere alcuno oppositore, nessuna spinta che sollevi idee, che risolva i tanti, gravi ed incancreniti problemi che da decenni costringono Trieste ad un rapido ed inarrestabile declino.

Che portano buona parte della sua popolazione ad una qualità della vita pessima e che, nonostante le trionfanti statistiche nazionali, assegnino a questa città il primato italiano per la mortalità da tumori e quello europeo per le malattie all’apparato respiratorio.

“Quindici uomini sulla cassa del morto, yo ho ho! E una bottiglia di rum…” cantavano i pirati nell’Isola del Tesoro. Sostituite ai pirati i partiti e le loro conventicole di sottopotere locale, ed al rum il denaro e le prebende è vi apparirà lo spaccato reale, non la crosta superficiale da cartolina illustrata o da stereotipo nazionalirredentistico, di queste terre. In una stolida e consolidata alleanza tra il malaffare, l’incapacità e la monaggine che il “Paron” Nereo Rocco ha efficacemente e lucidamente elevato ad emblema di questo lembo d’Italia, d’Europa.

Maurizio Fogar



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