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Facciamo il punto. Scritto da: teodor E cominciamo parlando di questo nostro sito. Da una verifica periodica non possiamo che essere soddisfatti per l’alto numero di utenti unici registrati, si veleggia infatti verso le 12.000 unità, e per i quasi cento passaggi giornalieri. Tanto per fare una comparazione più del doppio dei passaggi complessivi che il sito di Beppe Grillo registra quotidianamente a Trieste. E secondo la ditta che cura la nostra come tante altre manutenzioni in regione a siti privati, il dato è sicuramente il più alto per questa tipologia. Ma non basta e se vogliamo che questa nostra voce continui ad incidere sempre di più nell’asfittico panorama dell’informazione locale, rivolgo un caldo invito a tutti i frequentatori a fare passaparola ed a diffondere in rete l’indirizzo del sito del Circolo Miani. Trieste sta andando letteralmente a ramengo. Priva come è di un minimo disegno strategico che individui a breve-medio termine un progetto su cui costruirne il futuro. Si vive alla giornata, con l’ordinaria amministrazione, con iniziative annunciate, ritirate, rovesciate. Basti pensare all’infinita telenovela del centro congressi, del parco del mare, del mercato ortofrutticolo, della caserma della polstrada di Roiano, del ponte sul canale e così via. Portare a Trieste il G8 dei ministri degli esteri non serve a nulla se non a creare fastidio ai cittadini e danni economici agli operatori dell’area coinvolta. E non è certo con queste sporadiche iniziative che si garantisce un futuro alla città. Una città che si vede sfuggire ripetutamente anche i finanziamenti statali per la progettanda piattaforma logistica, non parliamo poi delle bonifiche del sito inquinato, nonostante la presenza di un esponente triestino nel governo. La vicenda Ferriera poi è la cartina di tornasole del fallimento e dell’incapacità di una classe politica a dare risposte concrete pur in un lasso di tempo così lungo, quasi dieci anni. Eppure non ci vorrebbe molto a capire che senza liberare e destinare ad attività portuale tutte le aree disponibili dal terrapieno di Barcola, per altro zeppo di diossine, a Muggia, non c’è futuro per il Porto di Trieste e per tutto l’indotto ad esso correlato. Non ci sarà occupazione né crescita di alcun tipo per una città che non è in grado di fare scelte organiche. Che non riesce a mettere in sinergia le istituzioni scientifiche, di ricerca avanzata ed università, con una industria ad alta tecnologia oggi del tutto assente. Che non è capace di sviluppare un piano di riordino del commercio, accoppato dalla scellerata scelta di aprire degli ipermercati anche nel cuore di Trieste, penso alle Torri, e a sviluppare un percorso culturale e di valorizzazione del territorio, collegato ad un turismo di passaggio o congressuale. E che non è capace di risolvere i problemi di una sanità pubblica del tutto insufficiente e vetusta se paragonata ad esempio alla vicina Udine. Ma su questo ne abbiamo più diffusamente scritto nella notizia “Il Circolo Miani per Trieste” che potete andare a leggervi su questo sito, e che sintetizza pure l’unico concreto progetto di riconversione immediata della Ferriera. E passiamo ora al ruolo che il nostro Circolo ha svolto per quasi trenta anni a Trieste ed in Regione. Sulle sue finalità vi rimando, sempre nel sito, alla presentazione del Circolo, che ha avuto il merito di ospitare in questi anni i più significativi testimoni della cultura e della società italiana ed europea, a fronte di una partecipazione di gente mai riscontrata prima. Nella sezione Foto, ne troverete alcuni esempi. E che a partire dal 2000 ha fatto la scelta di dedicare gran parte della propria attività al risanamento, umano, sociale e culturale, del territorio dove vivono i residenti della nostra provincia. Mettendosi sempre a disposizione, con tutte le sue capacità organizzative, strutturali e logistiche, delle richieste che provenivano dai cittadini e senza guardare in faccia al colore di chi governava, o meglio sgovernava, in quel momento. Una scelta che non poteva essere accettata dal sistema dei partiti che da anni, fin quasi dalla fondazione del Circolo stesso, 1981, avevano cercato in ogni modo di danneggiare l’associazione, di cui non sopportavano indipendenza e autonomia. Non eravamo quasi neanche nati e già la compianta e troppo presto dimenticata Aurelia Gruber Benco, allora deputata al Parlamento, aveva dovuto presentare una interrogazione urgente per denunciare il vessatorio atteggiamento delle Regione nei confronti del Miani. La storia del Circolo infatti è anche stata un susseguirsi di battaglie per garantirne la sopravvivenza dalle interferenze dei partiti che, infastiditi per l’altissima partecipazione dei cittadini alle sue iniziative, cercavano di blandirlo ed assimilarlo e poi di sopprimerlo. E’ una storia di tagli immotivati dei pochi contributi pubblici che riceveva, a confronto di realtà “culturali” di partito o peggio di corrente, che navigavano nell’oro pubblico pur a fronte di attività pressoché nulle. E’ una storia di censure decennali sugli organi di stampa locali, controllati dalla partitocrazia, che spinsero il Miani ad editare il più diffuso ed autorevole mensile della regione, autore per altro di quasi tutte le inchieste dell’allora Tangentopoli. Ma è nel momento in cui l’associazione ha dovuto occuparsi dell’inquinamento che da Ferriere, Inceneritori, Italcementi, Sertubi e Depuratori fognari a cielo aperto, deturpava la qualità della vita di decine e decine di migliaia di persone, per lo meno da Muggia a San Vito-Campi Elisi, e ne minava pesantemente la salute. E’ da allora che si sono intensificati gli sforzi e gli attacchi per far chiudere il Circolo. Troppo alti erano gli interessi economici in gioco, troppo fitta la commistione tra affari e politica. Interessi che hanno contrapposto una resistenza formidabile, come formidabile era il businnes in palio, con una trasversalità politica schierata a loro fianco che comprendeva quasi tutte le forze politiche istituzionali. Partiti, sindacati, associazioni imprenditoriali, enti locali e così via. A qualche cretino, affacciatosi sulla scena negli ultimi mesi, che oggi pontifica sulla presunta incapacità dimostrata dal Circolo a risolvere questa bazzecola in dieci anni, merita solo chiedere dove era lui in questi anni e quanto lo hanno pagato per attaccare il Circolo ed i Comitati di Quartiere. Dal 2000 in particolare abbiamo cercato di rompere questo muro, di prosciugare quella palude di complicità, di omertà e silenzi che permetteva a lor signori di continuare a fare i loro soldoni sulla pelle dei triestini, lavoratori compresi, trasformando vieppiù la città nella pattumiera del Mediterraneo. Un aggiornamento di quel “Trieste scovazzera dell’Adriatico” coniato da Primo Rovis ai tempi della battaglia da lui promossa contro il progetto della costruenda centrale a carbone nel Vallone di Muggia. Abbiamo prima raccolto per anni i dati degli inquinamenti, ricorrendo persino a laboratori privati di Padova per le analisi, abbiamo inondato la Procura di ricorsi corredati da immani relazioni tecniche, abbiamo collaborato con i medici del Centro Tumori, della pneumologia, dell’Ospedale pediatrico Burlo, con i farmacisti, scontrandoci sistematicamente con i vertici di una Azienda Sanitaria che dal 1999 in poi si sono sempre rifiutati di dare il via ad una indagine epidemiologica sul territorio. Abbiamo notato ad esempio che dall’ARPA in tutti questi anni non è mai partita una denuncia, mai promossa una indagine, e che i dati da loro forniti erano molto diversi da quelli che poi su incarico del PM Frezza, che aveva in carico i nostri esposti, istituti di ricerca universitaria, consulenti del tribunale, venivano rilevando. Ma questo vale pure per gli altri clamorosi casi di inquinamento, dal Terrapieno di Barcola a quelli di Muggia. Scoperti sempre e solo per denuncia di privati cittadini e mai dall’ARPA. Abbiamo cercato il confronto con tutte le forze politiche e sociali, nel tentativo di aprire delle crepe in quel muro di immobilismo che garantisce la rendita di posizione del potere e sottopotere locale ai clan di partito, alleati nei fatti in uno scellerato patto che condanna Trieste alla morte. Siamo giunti al punto di concorrere a presentare delle liste civiche promosse dai Comitati di Quartiere, alle amministrative del 2001 e del 2006, con l’ostracismo e l’oscuramento di quasi tutti i media, Rai esclusa, pur di tener vivo e centrale il problema nel dibattito politico. E almeno in questo ci siamo riusciti se è vero, come è vero, che la Ferriera, e tutto quello che essa rappresenta e correla, è da oltre dieci anni il tema centrale su cui si confronta la politica e si determinano tutti i risultati elettorali in Trieste. E’ per questo che prima la giunta regionale guidata da Riccardo Illy, attraverso i Degano, i Baiguera di turno ha cercato per anni, riuscendovi poi con l’appoggio dei vari Gottardo nel 2007, di togliere al Circolo Miani l’ossigeno dei finanziamenti regionali che pure per legge gli spettavano, andando pur contro il parere positivo degli uffici competenti. Ed è per questo che poi la giunta Tondo accogliendo le richieste della PDL triestina, dei vari Camber, Bucci, Savino, Tononi e Rosolen, con l’accondiscendenza della Seganti, ha letteralmente cancellato il Circolo da ogni sostegno economico pur concesso tanto generosamente a cento altri, i cui nomi facciamo perfino fatica a ricordare. Perché il disegno politico è chiarissimo. Bisogna a tutti i costi acquisire il consenso diretto delle migliaia di cittadini che finora continuano a riporre fiducia nel Circolo, anche creando e pompando realtà nate ad hoc. In questo almeno in parte un risultato lo hanno ottenuto: costringendo l’avvocato Giuliano Spazzali a rinunciare all’incarico di difensore dei residenti, pur di garantire l’immunità legale al Comune di Dipiazza. Screditando, con la compiacenza di una stampa di cui sono comproprietari, sette milioni di euro la Fondazione CRT guidata da un camberiano di ferro ha investito nell’editoriale del Piccolo, in ogni modo l’immagine del Circolo e di chi lo ha guidato in questi anni. Oggi dopo l’ennesima delusione che i cittadini hanno incassato dopo aver visto le promesse di chi avevano per tre volte votato, due Dipiazza ed una Tondo, svanire un minuto dopo la chiusura delle urne e dopo che si è avverato quello che noi avevamo ampiamente previsto. Ovvero che senza un forte condizionamento prima, durante e dopo le elezioni, non ci sarebbe stata garanzia alcuna del rispetto degli impegni presi con gli elettori. Oggi stiamo cercando di costruire un rapporto, pur non senza difficoltà, con le uniche forze politiche che hanno dato prova di un minimo di affidabilità e serietà. Ovvero con il partito di Igor Kocijancic, Rifondazione Comunista, e con quello di Massimiliano Fedriga e Maurizio Ferrara, la Lega Nord. Pur sapendo che gli stessi al loro interno hanno posizioni contrastanti, vedi ad esempio la componente sindacale da un lato, e gli interessi rappresentati dall’assessore Federica Seganti dall’altro. Ma questa è la dura e sgradevole realtà con cui dobbiamo giornalmente fare i conti. Mentre alla Lucchini-Severstal tutto viene concesso. A quel “cancro” a quella “priorità da chiudere appena eletto” si lasciano dettare tempi e modi per gestire i suoi affari. Siamo ritornati indietro di dieci e passa anni, a quando il sindaco Illy faceva il portavoce della Lucchini e chiedeva formalmente alla Regione di cancellare i contributi al Circolo. Ed i lavoratori sono gli scudi umani, purtroppo sindacalmente consenzienti, di questa politica che uccide la città ed i suoi abitanti. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha detto giorni addietro che la crisi della politica dei partiti non è la crisi delle istituzioni del Paese. Spiace dovergli ricordare quanto negli anni ottanta disse Enrico Berlinguer, segretario galantuomo del partito in cui Napolitano era dirigente, denunciando la questione morale come centrale per una Italia dove i partiti avevano invaso e lottizzato ogni livello istituzionale, a partire dagli uscieri degli ospedali. E pertanto, caro Presidente, come dimenticare che oggi nel nostro Paese i partiti sono purtroppo le istituzioni, e la loro crisi, la sfiducia, il discredito crescente che i cittadini riservano loro, colpiscono in simil modo le istituzioni che essi così indegnamente molto spesso rappresentano. E che lo abbia oramai capito da lungo tempo tutta la stampa estera gioca solo a conferma dello scarso valore e della non indipendenza di quella italiana. Forse ha ragione Beppe Grillo quando Le ricorda la sostanziale vacuità dei Suoi moniti presidenziali ai quali nulla segue nella pratica, e la nostra vicenda di Trieste ne è un piccolo esempio. Ma senza citare un personaggio forse scomodo per le sue verità ricordo quanto disse il cardinale Pappalardo nella Cattedrale di Palermo in occasione del funerale del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Prefetto della città, barbaramente assassinato dalla mafia, assieme alla moglie ad all’autista in pieno centro, dopo essere stato isolato dalla stampa, dai partiti e dalle istituzioni. Nella sua accorata omelia davanti alle bare il presule gridò rivolto ai reggitori del potere: “Dum Romae loquitur ( o consulitur, a piacere), Saguntum expugnatur”. Ovvero mentre a Roma si chiacchiera Sagunto cade, o viene espugnata. Provi a sostituire la parola Sagunto con democrazia. |
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