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Cronaca di un rinvio a giudizio annunciato, Trieste 16 marzo 2009. Scritto da: Maurizio Fogar Questo articolo è stato scritto il 16 marzo. Il piccolo giornale di Trieste (rileggetevi sul sito l’articolo La clava) aveva dunque tutto il tempo e l’opportunità, almeno da gennaio ne erano a conoscenza, di pubblicare con la prevedibile enfasi la notizia, se mai ce ne fosse una di qualche fondata importanza. Ma capisco che quando si dedica un quarto di pagina con foto al ritrovamento di cinque biciclette rubate si è proprio raschiato il fondo del barile e delle copie invendute. Hanno scelto di pubblicarla, e vedrete in che modo, proprio il venerdì 17 aprile quando il Circolo Miani presenta pubblicamente il suo Progetto per Trieste, avendo invitato tutte le istituzioni a discuterne. E da martedì 14 avendo fornito a tutti i giornali copia del comunicato stampa (lo trovate come prima notizia qui sopra) senza ovviamente che questo venisse mai diffuso in nome appunto della libera e professionale informazione. Sarà un caso? Ma guardate cosa si debba studiare per rompere nove anni esatti di censure e per ottenere una foto sui giornali. Cronaca di un rinvio a giudizio annunciato, Trieste 16 marzo 2009. Non è facile per chi come me ha difeso da oltre 30 anni l’autonomia e la credibilità della magistratura dagli attacchi della politica e dei poteri forti, di qualunque tipo, anche giornalistico fossero, tesi a garantirsi una speciale impunità, e conoscendo di persona ed ospitando in questi anni, l’ultima occasione è stato il dibattito con il Procuratore Aggiunto di Udine il 6 ottobre scorso, diversi tra i migliori giudici e procuratori operanti in Italia, trovarsi oggi dall’altra parte. Ovvero oggetto di una udienza del GUP (Giudice appunto per le Udienze Preliminari) con la richiesta di un PM di rinvio a giudizio, in una indagine che va avanti dal gennaio 2007 e dove il precedente PM, poi trasferito in altra città, aveva già chiesto l’archiviazione. Non è facile soprattutto quando a doversi esprimere sull’archiviazione o sul rinvio ad un processo che dovrà appena allora dimostrare chi ha torto o ragione, è un magistrato che si chiama Truncellito. Lo stesso che alcuni anni fa, non molti, sentenziò, ordinando un contestuale dissequestro della cokeria disposto dal Sostituto Procuratore Federico Frezza, che l’inquinamento prodotto dalla Ferriera era causa dei conducenti dei camion che guidavano troppo veloci nelle strade interne dello stabilimento, sollevando così polvere. Una sentenza in nome del Popolo Italiano che contribuì a fare, come si dice, giurisprudenza. Una sentenza che noi come Circolo Miani e Servola Respira, ed in particolare io nei miei discorsi pubblici ed in articoli e conferenze stampa, criticammo fortemente. Non è facile dunque conservare la giusta serenità d’animo quando poi si ha la coscienza di non aver commesso nulla di quanto possa essere ritenuto penalmente rilevante, in una situazione simile. Non è facile poi per il clamore, in un momento così delicato per la vicenda Ferriera e per Trieste, con una forsennata campagna contro il Circolo Miani, che dura oramai da anni, da parte di gran parte dei partiti di centrosinistra e destra, con il dichiarato obbiettivo di far chiudere il Circolo privandolo di qualsiasi contributo pubblico che pure per legge gli spetterebbe, oppure attraverso l’accanimento censorio dei principali organi di stampa (definirli d’informazione mi sembra parola un po’ grossa) locale che non perderanno un minuto ad usare anche questa occasione per gettare fango senza concedere adeguata possibilità di replica e difesa. Ma andiamo per ordine informando i pochi o tanti lettori di cosa stiamo parlando. L’inchiesta nasce su esposto di una persona che per un anno aveva partecipato assiduamente ad alcune iniziative del Circolo, a cui si era avvicinato in occasione della battaglia contro il mega progetto di cementificazione della parte verde tra Roiano e Gretta, battaglia poi vinta con il conseguente ritiro del progetto (andate a vedervi le premesse nel verbale della Terza Circoscrizione pubblicato tra gli articoli del nostro sito) da parte del Comune e contro le prime proposte di collocare a Trieste, nel Golfo ed a Zaule, i due impianti di rigassificazione, per poi scomparire nel luglio 2006 senza motivazione alcuna dalla frequentazione dell’associazione. Anzi forse la causa può essere ricercata nel fatto che la lista civica sorta dai Comitati di Quartiere aveva, nel ballottaggio per il rinnovo del Comune e della Provincia, sostenuto il programma dei candidati Dipiazza e Scocimarro nelle parti che prevedevano: a) la dismissione della Ferriera in tempi rapidi; b) il no in questa situazione ai progetti per il rigassificatore, un vero pericolo aggiuntivo per la popolazione di Trieste e Muggia; c) un immediato rifacimento del Piano Regolatore cittadino, redatto dalla Giunta Illy, che lasciava mano libera alla cementificazione selvaggia. Scelta che egli per privati motivi di parte politica non condivideva. Dunque questa persona, che pure aveva svolto il ruolo di coordinatore per la questione dei rigassificatori, per prima sollevata a Trieste e Muggia proprio dal Circolo Miani, avendo pure a disposizione una dotazione finanziaria non irrilevante (500-1000 euro) e la sede e le strutture del Circolo, messegli a disposizione nel giugno 2006 dalla Presidenza del Miani, qualche tempo dopo presenta un esposto alla Procura sostenendo che, in buona sostanza, il denaro del contributo regionale veniva usato dal Presidente del Miani per i suoi interessi personali. In più il suo autorevole nome era stato inserito a sua insaputa nell’elenco delle cariche sociali trasmesso alla Regione per il 2006. E mi fermo qui perché sono persona educata anche se mi chiedo dove consti offesa e danno nell’essere indicato tra i coordinatori dell’attività del Miani, e lui certamente lo era stato per la vicenda Rigassificatori, ove stiamo parlando della più significativa realtà socioculturale di Trieste da oltre venticinque anni, e non della Banda Bassotti o del clan dei Corleonesi. A meno di pensare che sia cosa abituale offrire un fondo spese in bianco per 500 e passa euro e le chiavi della sede del Circolo al primo passante che si incontri per la via. Fatto l’esposto e partita l’indagine, della quale per altro eravamo a conoscenza da subito, appunto dal gennaio 2007 e se solo avessimo pensato, come si dice in gergo, di “inquinare le prove”, posto che ci fosse qualcosa da depistare, ne avremmo avuto tempo ed occasione in abbondanza. Ma dopo mesi di indagini e di acquisizione di documenti in Regione, il PM De Marco, che aveva in carico il fascicolo, decide di chiedere al GUP di turno, il giudice Vascotto che aveva anche lui sentenziato sulla Ferriera, l’archiviazione a nostro favore perché nulla di irregolare era emerso dalle indagini. Ma in quella udienza, alla quale gli unici assenti eravamo noi perché non invitati in quanto il fascicolo era formalmente intestato “contro ignoti” che è il sistema spesso usato per indagare senza permettere una difesa legale all’interessato, che formalmente rimane “ignoto”; anche se nelle carte sequestrate in Regione compariva solo e sempre il nome del Circolo Miani e del suo Presidente e da mesi si facevano domande su di essi. Nell’udienza in cui era presente l’accusa, era presente accompagnato da un legale di fiducia l’autore dell’esposto, ed era presente il giudice, alla richiesta di archiviazione fatta proprio dall’accusa, si oppone l’avvocato dell’esponente sostenendo come uno dei principali suoi argomenti che noi avevamo messo a rendiconto della Regione le spese d’affitto della sede, dei telefoni e dell’Acegas che a suo dire non erano ammissibili. E qui accadde il primo fatto grave, non tanto per il fatto che l’esponente potesse anche non conoscere una legge regionale (68/81 e successive modificazioni), quella sulla cui base avveniva il finanziamento del Circolo, dove si scrive espressamente che fino alla metà dell’importo stanziato può essere legittimamente usato per coprire le spese di affitto, funzionamento e gestione delle sedi (noi ne utilizzavamo un quarto scarso), ma grave perché il GUP, che invece avrebbe avuto il dovere di leggere e conoscere la legge regionale, quello su cui giudicava, accoglieva questa affermazione totalmente erronea e quindi richiedeva al PM un supplemento di indagini sul Circolo Miani (che è bene ricordarlo in quanto “ignoto” e dunque assente non aveva possibilità di replica). A farla breve, per il trasferimento del primo PM, il fascicolo passa ad un suo collega appena arrivato in città, che ordina al nucleo di Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza l’acquisizione di tutte le ricevute e fatture riguardanti il contributo regionale per l’anno 2006 e tutto il materiale sulle attività ed il funzionamento del Circolo nello stesso anno. Dopo un accuratissimo controllo e verifica contabile la Guardia di Finanza e lo stesso PM arrivano alla conclusione che non un centesimo del contributo regionale era stato impiegato al di fuori delle finalità per cui era stato erogato: insomma i sospetti calunniosi che Maurizio Fogar si fosse dato agli sgavazzi e alla bella vita con i soldi pubblici erano totalmente infondati. I soldi pubblici erano stati spesi bene e solo per i motivi per cui erano stati dati, e nessuno ci aveva fatto la cresta sopra. E questo, se permettete, è motivo di grande orgoglio e soddisfazione per lo scrivente, perché, senza pensare male, non so di quanti altri nella stessa situazione si possa dire cosa simile. Per la parte inerente il funzionamento del Circolo avevo trasmesso una memoria, confermata nel colloquio diretto con il PM, ove riportavo quanto segue, che è cosa nota e stranota da anni in città, a partire dagli stessi uffici della Procura, che proprio nel 2005-2006 aveva ottenuto pure le chiavi della sede per dei monitoraggi sulla Ferriera. “Il Circolo Miani, come ben sanno anche alcuni Suoi colleghi della Polizia giudiziaria e pure diversi magistrati della Procura e del Tribunale, oltre al PG della Corte dei Conti, per essere stati ripetutamente nostri ospiti, ed aver avuto con gli anni, in fattispecie sull’argomento Ferriera un costante rapporto di collaborazione (abbiamo pure lasciato loro le chiavi della sede per le attività investigative della Procura sullo stabilimento siderurgico), ha forse la più intensa e partecipata attività mai registrata a Trieste ed in Regione da una associazione di volontariato socioculturale, a fronte di un contributo regionale assolutamente inadeguato nel confronto con la quasi totalità degli altri beneficiati per mole di iniziative realizzate. Con una impressionante serie di assemblee, incontri, manifestazioni e con un tasso di frequentazione e partecipazione di gente unico nel suo genere. Ed è da anni che il Circolo ha scelto di aprirsi totalmente alla città, divenendo uno strumento che le persone possono liberamente utilizzare senza vincolo alcuno. Ciò va detto per chiarire che è dal lontano 1998 che il Circolo ha smesso di fare un tesseramento iscrittivo, che allora aveva raggiunto e superato le 900 unità, e che le quote di autofinanziamento sociale vengono di volta in volta raccolte attraverso le “cassette per gli oboli” che vengono portate ad ogni iniziativa. Così come i programmi di attività vengono praticamente discussi ed approvati ad ogni piè sospinto, in apertura o chiusura di quasi ogni assemblea. E spesso scopriamo con stupito orgoglio che in diverse sedi ed occasioni, ad esempio dai siti internet: in particolare su quello promosso da Beppe Grillo, o in presentazioni di candidature anche in occasione delle recenti elezioni regionali, alcuni cittadini estrinsecano tra le loro benemerenze quella di essere soci del Circolo Miani. Un tanto vale per capire come in realtà le nostre sono un misto di assemblee sociali a scadenza quasi bisettimanale totalmente aperte e dove i componenti di quelle che si definiscono cariche sociali vengono costantemente individuati tra le persone che volontariamente in un determinato periodo, semestre, anno o più, sono disponibili a coordinare organizzativamente le iniziative del Circolo su i vari argomenti d’impegno. Ma anche su questo più dello scrivente, decisamente di parte, può far fede la testimonianza di qualche Ufficiale giudiziario che spesso segue con assidua presenza le nostre manifestazioni, il numero e la frequenza delle quali, oggi come nel 2006 può essere facilmente confermato dai responsabili della Digos della Questura di Trieste. Si consideri poi che nel biennio 2005-2006 abbiamo curato iniziative suppletive vuoi autogestendo uno spazio televisivo settimanale su di una emittente locale, vuoi editando un giornale murale nella fascia dei quartieri che dai Campi Elisi arrivano fino a Muggia, vuoi perché cadeva il venticinquennale di fondazione del Circolo per il quale abbiamo allestito pure una mostra fotografica di particolare grandezza espositiva portata in varie zone della città. Certo capisco che la nostra realtà possa sembrare assolutamente originale ad un osservatore esterno ma forse in questa anomalia si riscontra il continuo e crescente successo di partecipazione di migliaia di cittadini alle nostre iniziative, nonostante l’assoluta censura e l’oscuramento totale che quasi tutti i principali organi d’informazione scritta e radiotelevisiva locali hanno attuato sulla nostra attività a partire dalla seconda metà dell’anno 2000, che tanto per fare un esempio non ci hanno impedito di avere quasi mille persone in assemblea recentemente al Palasport di Chiarbola (realisticamente poco meno di quelle accorse ad applaudire il pubblicizzatissimo comizio di un leader nazionale) ed è pure forse causa di una particolare non benevolenza da parte di tutte le forze politiche tradizionali e delle principali consorterie triestine e regionali per l’eccessiva autonomia che viene imputata al Circolo Miani. Ma direi che questo è da anni casomai motivo di orgoglio anche se costringe l’associazione ad investire moltissime energie e risorse nella cosiddetta informazione porta a porta.” A questo si aggiunga che a metà del 2006 un micidiale infarto ci portava via, a cinquantacinque anni d’età, l’amico di una vita, che da sempre svolgeva le insostituibili funzioni di amministratore del Circolo, costringendomi così, senza molta esperienza precedente, ad occuparmi anche di tutte le pratiche burocratiche. E nel contrappasso erano andate smarrite alcune ricevute e fatture che fu proprio la ricerca della Guardia di Finanza presso i fornitori da noi indicati a ritrovare e che giustificavano le spese sostenute anche ben oltre quanto stanziato dalla Regione. Ma restava sempre la poco verosimile accusa dell’esponente di averlo inserito per un anno, a sua insaputa, nell’elenco delle cariche sociali che veniva consegnato alla Regione assieme ai bilanci ed ai programmi consuntivi e preventivi dell’attività svolta, oltre alla scheda sulle strutture e dotazioni in uso del Circolo. Quest’ultima la vera discriminante per la legge regionale, al fine di individuare le associazioni che avessero titolo per ricevere i finanziamenti. Ora nel convocare i componenti delle cariche sociali, indicate alla Regione, alcuni di questi, quattro su undici per la precisione, già fortemente provati dall’indagine di cinque anni fa sulle famose firme di sottoscrizione per la presentazione della lista dei Comitati alle elezioni amministrative, dove si trovarono, assieme ad altre 22 persone a noi vicine, loro malgrado coinvolte ed indagate per oltre due anni, per essere alla fine prosciolte pienamente con una esemplare sentenza motivata dal Giudice Raffaele Morway, ritennero, cosa umanamente comprensibile, di dichiarare di essere estranee alle attività dell’Associazione. Non ne scrivo i nomi perché li capisco perfettamente, e anche perché qui come allora nel 2003-4, sono stati convocati a comparire per telefono senza fornire loro alcuna spiegazione dei motivi della chiamata, ma che vi assicuro non hanno mai mancato in quasi dieci anni ad alcuna iniziativa organizzata dal Circolo. Per questo, e solo per questo, il PM riteneva ci fossero i motivi per richiedere il mio rinvio a giudizio, perché riteneva che formalmente avessimo scritto un falso: un elenco delle cariche sociali parzialmente non corrispondente al vero. E che riteneva elemento sufficiente per rendere la domanda di contributo non ammissibile. Ma anche qui formalmente l’accusa cadeva in errore: poiché il Circolo Miani non doveva fino al 2007 presentare domanda di contributo alcuno. Poiché era il Consiglio Regionale con il voto annuale sulla Legge Finanziaria che individuava sua sponte, su suggerimento dell’Assessore alla Cultura, le associazioni benemerite di ricevere, sulla base dei parametri della vigente legge, un contributo finanziario. Decisione che veniva comunicata automaticamente dalla Regione ed al Circolo veniva richiesto di inviare, oltre alla documentazione di cui sopra, una semplice dichiarazione di accettazione del contributo. Quello che è successo per esempio quest’anno, con il voto sulla Finanziaria regionale alla fine di dicembre 2008, è esemplare per capire il sistema. Sistema di cui beneficiavamo, essendo stati salvati da morte civile dall’allora Presidente della Regione Antonione e dall’Assessore regionale alla Cultura Franzutti, quando nel 1999 il Sindaco Illy chiese ed ottenne dalla Provincia, con l’accordo di parte del Centrodestra triestino, la cancellazione di ogni contributo economico al Miani, che scatenò per protesta un pubblico appello a favore del Circolo sottoscritto dai principali intellettuali ed esponenti politici triestini, a cominciare dal Presidente della Corte Costituzionale, Livio Paladin. Un metodo, quello regionale, di cui avevamo a lungo chiesto la riforma, pur sapendo allora di rimetterci, per togliere al sistema dei partiti quel meccanismo discrezionale di finanziamento a pioggia degli “amici degli amici” con il denaro di tutti i cittadini, anche di quelli che non erano andati a votare od avevano scelto lo schieramento perdente. Ma ritornando alle scelte votate dall’ultima Finanziaria. Mentre la PDL ed il PD si sono ricompattati solo nell’escludere dal contributo proprio il nostro Circolo (vedere la notizia “Tutti dentro, meno uno” sul nostro sito), sono state inserite all’ultimo momento, tra i beneficiati, quindici nuove associazioni che non ne avevano i requisiti, come dichiarato dai competenti uffici regionali non corrispondevano infatti ai parametri di legge, oppure, essendo per la prima volta inserite in Tabella, non avevano presentato la documentazione necessaria entro il giugno 2008. E su questo fatto, dopo le paginate di giornale, uscite tra febbraio e marzo di quest’anno, la Giunta Tondo aveva risposto per bocca dell’assessore Molinaro, che il Consiglio Regionale è sovrano, e che al di là della documentazione di legge e dei requisiti da questa richiesta, quello che il Consiglio vota si fa. Amettendo paradossalmente il nostro errore formalmente veniale, per noi un alibi perfetto. Ma così oggi non è stato. E tornando all’inizio, scusandomi per l’eccessiva prolissità di questa storia, quando la persona che aveva presentato l’esposto non invitata all’udienza di oggi, mentre la Regione convocata quale presunta parte offesa ha rinunciato a parteciparvi non costituendosi così parte civile in questa fase, si è invece presentato con un legale chiedendo di costituirsi parte civile per ottenere disinteressatamente un congruo risarcimento. Il giudice Truncellito, pur rilevando la richiesta del mio legale, l’avvocato Guido Fabbretti, e la sostanziale convergenza anche del PM sulle sue motivazioni di rifiutare tale costituzione di parte perché il capo d’imputazione mossomi, a detta pure del rappresentante dell’accusa, è completamente diverso da quanto questo signore aveva sostenuto nel suo esposto, e pertanto estraneo alla sua richiesta di risarcimento di un supposto danno, accoglieva invece il GUP la richiesta di parte civile, respingendo le eccezioni motivate dal mio difensore e dal PM, con la frase che “deciderà l’aula (del processo in tribunale) se e quanto riconoscere quale risarcimento eventuale alla parte”. Non male per far capire a tutti che prima ancora dell’inizio dell’udienza vera e propria alla cui fine decidere sul non luogo a procedere o sul rinvio a giudizio, il GUP Truncellito un’idea ben chiara ce la aveva già in testa. Fede ne fa che nel corso degli interventi respingeva in sequenza la richiesta dell’avvocato Fabbretti di sentire quali testi tre altri membri delle cariche sociali del Circolo non si sa perché non interrogati, visto che l’imputazione riguardava l’anno sociale 2005-2006 e conseguentemente comportava l’aggravante dell’art. 81, la continuazione dell’ipotetico reato, che però, pur in assenza di indagini, rimaneva a referto; accettava con riluttanza l’inserimento documentale negli atti, richiesto anche dallo stesso PM, degli articoli di giornale riguardanti i contributi regionali, identici per legge al nostro, dell’ultima Finanziaria. Solo “Ad colorandum” commentava il GUP, che tradotto significa per fare colore, folclore e basta, e fissava immantinente il rinvio a giudizio dello scrivente. Dunque in conclusione, usando le parole dello stesso PM, qui non è in discussione la “strabenemerita attività del Circolo Miani, né vi è dubbio alcuno sulla correttezza dell’uso del danaro pubblico ricevuto” ma si va a giudizio per un parziale falso formale nell’elenco delle cariche sociali fornito alla Regione. Che tradotto significa: che il Circolo Miani fa la più meritoria attività a Trieste nel suo campo, e che nessuno mette in dubbio l’importanza delle sue iniziative e l’imponente risposta partecipativa dell’opinione pubblica che tutti in questi anni, nonostante le censure dei media, hanno potuto vedere. Che i soldi ricevuti sono stati amministrati correttamente e nessuno ci ha guadagnato sopra, ma che “formalmente” non esistiamo e quindi non avevamo titolo per ricevere denaro dalla Regione. Regione che per altro conosceva benissimo della nostra esistenza, se non altro per la decina di cortei e manifestazioni sotto casa, e del nostro modus operandi di associazione a struttura diffusa, assembleare. E quindi nessun raggiro era possibile a chi tutto sapeva e talvolta partecipava, come diversi consiglieri ed assessori regionali. Lo stesso PM ha suggerito al mio avvocato di chiudere con un patteggiamento, una imputazione mitissima, con una analoga pena concordata e convertita in una ammenda, poco più di una multa insomma. Ho rifiutato perché per me il patteggiamento, anche se il codice non lo scrive, è e resta, almeno a livello morale, un riconoscimento di colpa che proprio non mi sento di avere e che le stesse indagini mi confermano prendendo atto della totale assenza di dolo. Devo fare una considerazione, partendo da quella premessa iniziale, dell’essere orgoglioso di aver ospitato e conosciuto Giancarlo Caselli, Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro (magistrato), Pier Luigi Vigna, Vittorio Borraccetti, e tanti altri magistrati della Regione i cui nomi ometto qui per opportunità, tra gli altri, e ritengo giusto che assolutamente è il tribunale il luogo dove difendersi nel merito e che un rinvio a giudizio altro non è che l’opportunità legale per farlo. Tutto ciò premesso devo francamente ammettere che il nome del GUP capitatomi in sorte non ha aiutato la mia serenità d’animo e che la mia ultima esperienza in Tribunale da parte lesa, dunque denunciante, mi ha lasciato un pessimo ricordo. Il giudice monocratico era allora Vascotto, sempre lui, ed avevo querelato il direttore del Piccolo, Alberto Statera, che in una lettera di due righe, in risposta ad una mia cortese richiesta di incontro e poi in una seconda nella quale criticavo professionalmente quanto assai gentilmente ed educatamente, da iscritto all’Ordine dei Giornalisti da quasi tre decenni, la censura totale che il suo giornale aveva dedicato ad una manifestazione contro l’inquinamento da Ferriere-Sertubi-Italcementi, cui avevano partecipato in piazza della Borsa oltre cinquecento persone dei Comitati di Quartiere, mi aveva definito per iscritto “villano e violento” e controfirmato. Orbene più chiaro di così, causa vinta in partenza. Assolutamente no, perché il Giudice Vascotto allora assolse lo Statera perché gli riconobbe l’attenuante della “contestuale provocazione”. Dove la contestualità consisteva in 29 giorni di differenza tra la “cosiddetta provocazione”, la mia educata ed amichevole lettera (a disposizione di chiunque la voglia leggere), e le sue ingiurie. In questo momento la mia unica preoccupazione è sulla strumentalizzazione che lor signori potrebbero fare per affossare il Circolo Miani ed a favore degli interessi della Lucchini et similia anche con l’aiuto degli utili idioti di turno che a Trieste non mancano mai. Questa è l’unica cosa che turba, e dal gennaio 2007, la mia serenità. Maurizio Fogar |
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