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La Ferriera di Trieste.
Scritto da: Teodor

E intanto cominciamo a chiamarla con il suo vero nome, che stia a Servola piuttosto che a Campo Marzio poco importa, perché le sue emissioni inquinanti e le polveri lordanti arrivano a colpire tutta la fascia costiera della città ed investono, con le conseguenze che ci ha recentemente illustrato l’Azienda Sanitaria slovena mentre quella triestina tace dal 1999, pesantemente Muggia e Capodistria appunto. Il danno per la salute arrecato è dimostrato da anni, nonostante tutti i tentativi di depistare, sminuire, nascondere, fatti in questi anni anche purtroppo da chi era pagato dalla collettività per tutelare i suoi interessi e non quelli di un privato bresciano. Trieste è da anni, con tutto e sottolineo tutto il suo territorio provinciale, saldamente in testa in tutte le indagini statistiche per mortalità da tumori ed è prima assoluta in Europa per morti causate dalle “semplici” malattie all’apparato respiratorio.

Alla Ferriera è collegato un indotto praticamente riconducibile alla Sertubi, un tubificio piazzato a pochi metri dalle case del popoloso rione di Campi Elisi-San Vito, inaugurato nel 2000 e che passa da una cassa integrazione all’altra, riempiendo di cataste di tubi invenduti ogni centimetro quadrato disponibile dell’area dell’ex cantiere San Marco, tanto che, come pubblicamente testimoniato da un operaio delle RSU aziendali, periodicamente i tubi nuovi vengono rifrantumati per essere di nuovo cotti. Una fabbrica nata morta ma che era il cavallo di Troia, come ampiamente dimostrato, per mettere le mani su di un’area strategica in vendita dalla Fincantieri e dare vita ad una delle più grosse speculazioni registrate nell’ultimo ventennio a Trieste (comprata, l’area, per 11 miliardi pagabili in rate biennali da 2 miliardi e mezzo e rivenduta lottizzata, la stessa area, dopo poche ore per oltre 33 miliardi). Per chi vuole approfondire tutto, ma proprio tutto a partire dalle visure camerali societarie ed i nomi dei protagonisti, sta scritto nella nostra inchiesta, tratta dal nostro esposto presentato alla Procura della Corte dei Conti perché ritenevamo giusto capire come mai sia stato un privato e non lo Stato ad incassare i 33 miliardi e passa del 2000, pubblicata a puntate sull’allora quotidiano TriesteOggi consultabile in qualunque biblioteca pubblica. Potremmo continuare ricordando l’anomalo trasferimento degli uffici finanziari dell’Agenzia delle Entrate, proprietaria del palazzo di Largo Panfili (dietro la posta centrale), ad un affitto fuori mercato e sicuramente più caro di quanto ad esempio offriva allora l’alternativa centralissima dell’immobile proposto dall’Autorità portuale con ampio parcheggio a ridosso di Corso Cavour, proprio nell’area Sertubi, nella scomodissima via Von Bruck, con annessa straordinaria delibera dell’allora assessore comunale Ondina Barduzzi di variazione temporanea (?) di destinazione d’uso dell’area nel piano urbanistico cittadino (zona esclusivamente riservata ad insediamenti portuali ed industriali e certamente così non poteva definirsi l’attività di consulenza al pubblico per fare il 740). Anche qui in attesa di tempi migliori perché in Italia a ben vedere non c’è nulla di più definitivo che il “temporaneo”.

La Ferriera oggi ha tra dipendenti diretti ed indotto (Sertubi) circa 650 lavoratori. Ma anche qui ci soccorre l’amministratore delegato nonché direttore dello stabilimento quando pochi giorni addietro in risposta ad una notizia di cronaca che dava tra gli arrestati per spaccio di droga un “operaio della Ferriera” si affrettava a precisare il giorno dopo sul Piccolo che “la persona in questione non figurava tra i lavoratori dipendenti perché”, udite udite, “era assunto con un contratto a tempo determinato”. Assunto da chi? Mistero, che ci porterebbe dunque a ridurre, secondo questa aberrante logica e visto il totale e costante silenzio-assenso di un sindacato confederale da dieci anni aziendalista, di un terzo abbondante il numero dei lavoratori da ricollocare in caso di dismissione degli impianti.

E’ chiaro che la soluzione assolutamente improcrastinabile della chiusura e riconversione della Ferriera con annesso indotto, il cui imperdonabile ritardo è costato, e costa,  migliaia di malattie, decessi e sofferenze per i nostri concittadini ed anche per chi è costretto a lavorare in quelle condizioni, su turni massacranti per 850 euro al mese, è da addebitarsi esclusivamente ad una incapacità totale, quando non ad una complicità di interessi, della classe politica e dirigente, con rarissime eccezioni che si contano sulle dita di una mano, ed è una soluzione politica nel senso vero del termine.

Essa presuppone una visione del futuro della nostra città, del tipo di sviluppo (quello portuale tanto di moda nelle bocche degli uomini di partito è assolutamente incompatibile nei fatti con la permanenza di Ferriere, Sertubi e con l’arrivo di un Rigassificatore a Zaule, perchè, come dimostrato l’altro ieri dalla rinuncia ad investire nel nostro scalo degli operatori coreani, uno dei gruppi mondialmente più importanti nella portualità, non ci sono semplicemente gli spazi per farlo) che si vuole dare al nostro territorio, di quale investimenti fare per non costringere i nostri giovani a fare gli immigrati con laurea in tasca e valigia in mano, i più fortunati di loro s’intende. Insomma l’urgenza di chiudere la Ferriera e Sertubi impone un’altra urgenza: il capire se Trieste vorrà prosperare in questa Europa di cui non è più, e finalmente, la “porta dell’Est” visto che l’infisso si è spostato in Lituania o in Ucraina, se vorrà puntare non solo a chiacchiere su di un polo scientifico d’eccellenza che oggi non trova sfogo e sponda nell’industria locale (un po’ difficilino infatti con chi fa ghisa con processi ottocenteschi), oppure si avvierà ad essere il mesto e rancoroso pensionato d’Europa destinato a certa morte.

E basta leggere le notizie apparse anche oggi sul quotidiano locale per farsene un’idea: “Il nuovo tracciato dell’autostrada A4 mette a rischio la TAV” (per fortuna diciamo noi), “Polo sanitario di Cattinara fallito il patto, altri due anni di ritardi”, “Tempi biblici? Mesi e mesi per gare, approvazioni e permessi”, “La chiusura della Civica (Biblioteca) ci paralizza – Studenti e docenti universitari: impossibile consultare  testi indispensabili”, “Fiera deserta, rimborsateci – Venduta la sala congressi. Stand enogastronomici: affari a zero”.

Commenti da fare? Noi si: il primo titolo evidenzia che in politica la mano destra non sa quello che fa la sinistra, e non parliamo di ideologie, ma forse questo salverà il nostro Carso e la Val Rosandra  dalla devastazione. Il secondo certifica che le medaglie, i premi e gli encomi che i nostri vertici sanitari si autoassegnano sono assolutamente immeritati. Per il terzo non ci sono commenti se non che i nostri amministratori, in questo caso comunali, tra i Bantù non farebbero nemmeno gli uscieri. Sul quarto titolo c’è poco da dire: anni fa scrivevamo che la Fiera Internazionale Campionaria di Trieste, ridotta da anni alla sagra della porcina e dei cevapcici, prima chiudeva meglio era per tutti, a partire dal risparmio di denaro pubblico per finire con una sana dieta per i nostri stomaci.

Merita particolare sottolineatura invece il titolo “ICI, in arrivo i bollettini ad importo zero (sono 70.000)”. Ma non a costo zero per le casse comuni, e allora perché spedire 70.000 lettere, stampare i bollettini da non pagare, inserire il tutto in 70.000 buste, affrancare e via così? Ma diamine per fare propaganda, in questo caso immeritata perché il provvedimento è dei governi Prodi-Berlusconi, al Sindaco che ci piazza dentro una sua lettera alle famiglie triestine. Giusto per risparmiare e dover magari aumentare le rette degli asili nido o di altri servizi comunali.

Chiudiamo qui ricordando che solo una politica onesta, partecipata, dove i cittadini possano effettivamente essere informati e dire la loro PRIMA, potrà risolvere finalmente il nodo Ferriera, così come quello di un piano regolatore cittadino devastante, fatto sì dalla Giunta Illy ma non modificato in quasi otto anni da quella Dipiazza, che in una città dove ci sono quasi ottomila appartamenti sfitti ed interi quartieri, penso al Borgo Teresiano ridotto ad un Suk orientale di giorno come di notte, in completo abbandono, pensa solo a premiare la cementificazione distruggendo le poche aree verdi presenti. Oppure fermare insulsi sprechi di denaro: dal tira e molla del ponte militare sul Canale, alla bislacca idea di rifare una piazza appena rifatta (Libertà) e perfettamente funzionale, che potrebbero meglio essere impiegati per una sanità con pronti soccorsi da terzo mondo. Oppure fare finalmente un piano del traffico a misura di chi ci vive e non su misura per gli affari di pochi, e tant’altro come ad esempio coprire il depuratore fognario cittadino.

A proposito ve le ricordate le barzellette sul volano per l’economia della città, riferito all’apertura dell’ipermercato Torri d’Europa, o quella su tutta Servola e San Sabba riscaldate gratis dalla nuova Centrale di Cogenerazione, correva l’anno 2000, della Ferriera? Mi vengono in mente pensando a chi dice ora, sempre gli stessi politici, che il Rigassificatore di Zaule porterà il gas quasi a gratis nelle case dei triestini, meno ovviamente in quelle di Servola e San Sabba che già si scaldano a sbafo ma non se ne accorgono. Che ingrati e che creduloni!



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