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La Ferriera di Napolitano.
Scritto da: Teodor

Domenica di Pasqua, sul Piccolo solite due colonne in prima con l’editoriale del direttore: “L’orgoglio di Trieste”.

Più sotto: “Ferriera si cercano volontari”.

Prima di cronaca locale: “Mostreremo a Napolitano la nuova Trieste”, “Dipiazza e Bassa Poropat: vedrà il meglio del nostro territorio”, “La città non sarà blindata”, e più sotto ancora  Incontrerà 250 delegati degli enti di ricerca”.

Seconda pagina: “Ferriera, test a confronto: si cercano volontari”, in incorniciato “Impianto: controlli più frequenti”.

Cominciamo da quest’ultimo, l’incorniciato intendo. Dove sta la notizia? Non la cercate è semplicemente una marketta giornalistica che ripropone paro paro una sintesi di quanto già dichiarato ed ampiamente pubblicato sul Piccolo di qualche giorno fa da parte dell’amministratore delegato della Servola spa, nonché direttore dello stabilimento, Rosato. Insomma uno spot gentilmente offerto dal giornale pro Ferriera. Se ci credete contenti voi.

Saliamo al “si cercano volontari”, insomma cavie per il famoso confronto con le analisi, sangue ed urine, effettuate in settimana sui 79 richiedenti dei quartieri vicini alla Ferriera.

Siamo basiti, ma non tanto poi leggendo il nome del responsabile che cura per l’ASS triestina la faccenda, Valentino Patussi. Non hanno neppure predisposto per tempo, e ne avevano perdiana, il campione di confronto. Sono all’accattonaggio mediatico, all’appello pubblico alla ricerca di chi vuol donare quattro gocce di sangue e di pipì per prelievi non contestuali ed in pari condizioni metereologiche, senza il rigoroso test selettivo imposto ai residenti (Woody Allen non avrebbe  partorito di meglio). Veramente una scientificità da sciamano bantù ove si pensi che il rilascio da parte del corpo umano di alcune delle nocivissime sostanze testate, è molto rapido.

E sempre nel contesto dell’articolo il Valentino Patussi (omen nomen dicevano i latini che la sapevano lunga) dichiara, parlando dei prelievi di urina fatti ai lavoratori in fabbrica quasi cinque mesi fa, che ha scoperto che in Italia è la prima volta che si sono fatte analisi simili sugli operai di “una fonderia”, …stiamo a posto.

E di rincalzo il numero Uno dell’ASS Franco Rotelli annuncia che i famosi risultati sempre sulle benedette urine dei cinquanta dipendenti della Ferriera, non saranno resi noti prima della metà di aprile (incidentalmente ad elezioni concluse) perché “La fretta di vedere comunicati i risultati di questa indagine non ha senso”. Et come non: meglio far stagionare la pipì come il buon vino, più invecchia meglio è, se nel frattempo qualcuno in più s’ammala per i rischi a cui è esposto mentre lavora l’importante, sempre per il numero Uno, è: “Riferire a tutti un risultato che sia scientificamente certo e motivato, e per questo non basta dire quante sostanze si sono trovate nel sangue e quando, ma se il quadro è pericoloso per salute o no, e per questo è necessario un approfondito confronto di dati e situazioni analoghe”. Appunto con una letteratura scientifica inesistente come scrive il Patussi poco sopra nell’articolo “perché letteratura italiana in materia non ce n’è”; speriamo che qualcuno in Azienda conosca l’inglese. Ma poi originale la tesi del numero Uno che non importa quanto veleno uno abbia nelle urine, non nel sangue Rotelli perché di pipì avete sempre detto si tratta per i lavoratori, tanto i livelli limite di laboratorio sembrano contare meno di niente. E allora perché insistere di andare ad esaminare il tutto, dipendenti e residenti in quel di Brescia per “avere uniformità di confronto nelle analisi di laboratorio” come sempre sostenuto dall’ASS? Interessante apprendere da un pozzo di scienza, peccato che in Campania non ne abbiano approfittato che per così poco tempo alla direzione dell’Ass di Caserta e che gli abbiano chiesto, attraverso la magistratura contabile, un risarcimento di un milione di euro, che i valori limite, ad esempio di glicemia a 300, non significhino di per se un rischio alla salute e che il diabete sia pura suggestione: e vai con le torte, pan di spagna e zucchero come fosse neve.

La verità che sembra uscire dalle dichiarazioni gravi ed insensate di Rotelli è che se fossi un dipendente che ha pisciato in quelle provette, avrei seri motivi per preoccuparmi, nonostante le poco scientifiche e assai riservate modalità di prelievo, e che l’ingiustificato allungarsi dei tempi di comunicazione dei risultati desta più di qualche ombra su tutta l’operazione.

Proseguiamo la nostra salita per arrivare alla visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Trieste giovedì 27 marzo. E partiamo dall’editoriale del direttore, una summa di banalità e stereotipi su Trieste dove si mostra di conoscere assai poco il tessuto sociale di questa città, nonostante gli anni di permanenza, e di trasformare in sogni la realtà. Però il filo conduttore di queste due colonne è lo stesso che caratterizza tutto il servizio d’apertura in cronaca, soprattutto quel titolo “Vedrà il meglio del nostro territorio”. Come a dire che il resto fa schifo ed è impresentabile agli occhi presidenziali, e come si usava per i generali in ispezione alle caserme e per l’ARPA e l’ASS alla Ferriera oggi: si lustrano i pochi ottoni e si cela il resto.

A parte quel improprio riferimento alla non blindatura della città, e perché ce ne sarebbe bisogno, si insomma di sprangarla, per una normale visita del Capo dello Stato, vien da chiedersi.

In tutti i servizi, particolarmente bello quel “Mostreremo a Napolitano la nuova Trieste”, si parla sempre e solo della presenza degli istituti di ricerca scientifici, quelli di cui la classe politica sempre ipocritamente lamenta l’isolamento dal tessuto cittadino (e sfido proprio qualcuno a dimostrare la possibilità di sinergia tra il Sincrotrone e chi produce ghisa con metodologie ottocentesche), e che ora vengono fatti vedere come il “meglio”, il “nuovo” di Trieste.

Ma la città vera è un’altra, e ben lo dovrebbe sapere chi dirige il quotidiano locale, fatta di ospedali con prontosoccorsi fatiscenti, di Ferriere e depuratori fognari a cielo aperto in centrocittà, di complessi Ater invivibili come i “Puffi”, il “Serpentone”, il “Quadrilatero”; problemi irrisolti da anni che sono non l’orgoglio ma la vergogna di Trieste. Certo i pensionati con la minima non sono i “ricercatori” ma sono assai più dei “250 delegati”.

Meglio non far vedere ciò al Capo dello Stato, meglio gli ottoni lucidati per l’occasione, il bel proscenio di piazza Unità e le Rive tirate a festa, Miramare e il suo castello, ma per carità non il parco in rovina sennò gli prende il magone, come nei set di cartapesta di Cinecittà: dietro la facciata niente.



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