Per chi passa in questi giorni per piazza della Borsa e zone limitrofe lo spettacolo, o per meglio dire, la farsa della politica regionale e nazionale si appalesa in tutta la sua evidenza.

Come in un Suk di Tangeri lo spazio pedonale è occupato da una fila ininterrotta di tende e gazebo, dove per ampiezza, e non poteva essere diversamente, si distinguono quelli del PD e del PDL, nei quali i partiti mettono in mostra la loro “merce”: quasi per tutti le fotone dei leaderini candidati alle regionali, inversamente proporzionali al loro peso elettorale.

Fanno eccezione il candidato dei pensionati (partito) Luigi Ferone che per farlo entrare in una fotografia non sarebbe bastata neppure una gigantografia da Scala di Verona e Maurizio Ferrara che invece propone al pubblico sguardo proprio una gigantografia in verticale con ripresa dal basso dove lui e Dipiazza si danno sorridentemente impettiti la mano, con effetto pappagorgia e petto di gallina da far sghignazzare i depressi neri.

Ma questo spettacolo (orrendo) fotografa bene a cosa si è ridotta la politica dei partiti oggi a Trieste e in Italia. E’ la scelta di questa rappresentazione, piazza della Borsa-piazza Unità, non è affatto casuale: dimostra, oltre all’assoluta mancanza di fantasia dei propagandatori, come per loro la città dove comunicare il loro messaggio (ma quale?) si restringe al salotto buono dove l’importante non è vedere ma FARSI VEDERE. Alla periferia al massimo vanno bene le quintalate di santini elettorali con cui intasare le cassette delle lettere, e d’altronde cosa avrebbero da dire sui problemi della gente normale che combatte ogni mese per la quotidianità.

Uno spettacolo veramente degradante nel quale i cittadini non sono affatto esenti da responsabilità, questa casta politica è stata da loro votata e rivotata e lo sarà anche purtroppo alle prossime elezioni tanto da farmi riflettere sull’inutilità il 13-14 aprile di recarmi al seggio, e di chiedermi quanto costi, in un momento di grave crisi economica, questa lussuosa propaganda partitica così spudoratamente lanciata in faccia alla gente e non solo dai gazebo ma pure dagli spot televisivi e dalle paginate di giornale acquistati a gò-gò.