Può un calciobalilla, insomma un biliardino, diventare simbolo di qualcosa? Ebbene domenica scorsa a Trieste, anzi a Servola, meglio sotto il porticato del Ricreatorio comunale “Gentilli” è successo. A prima vista sembrano i due soliti calciobalilla sistemati come sempre sotto un portico, dove immagini le mani di decine, anzi centinaia, 300 e passa per l’esattezza, bambini, che ne impugnano le manopole, buttano la pallina, fanno la ruota con le stecche, gridano, ridono: in una parola sola, giocano. Ma se li guardi meglio, come fanno alcune delle centocinquanta persone, 154 per l’esattezza, che in una domenica mattina dal clima agostano hanno scelto di partecipare all’assemblea contro l’inquinamento prodotto dalla Ferriera, capisci che quei biliardini raccontano molto altro. Sembrano vecchissimi, reduci da decine d’anni d’uso sfrenato, e invece sono seminuovi ma con la ruggine che ha ricoperto e corroso le stecche di metallo brillante, perfino le figurine di plastica bleu e rosse, i calciatori per finta, sono corrosi, macchiati di bruno, intarsiati di granuli neri. Provi a far scorrere la pallina sulla superficie vetrata, il campo a specchio dipinto di verde, e questa praticamente non si muove, fatti pochi centimetri resta incollata, frenata da un pulviscolo grasso. Metti un dito sui bordi laterali che dovrebbero essere bianchi, quelli per intenderci dove i più bravi usano “far sponda” e fregarti l’avversario con quei goal che sembrano un boato, lo fai scorrere e te lo rimiri totalmente nero, mentre una scia grigiastra si apre sul bordo appena toccato. Ti volti e senti il personale del ricreatorio spiegare a voce alta che li puliscono (i calciobalilla) due volte a settimana ma che questo è il risultato, e poi aggiungono che ogni volta che sentono “la Puzza”, praticamente ogni giorno, hanno disposizioni di rinchiudere i bambini al coperto, vietare il gioco all’aperto, chiudere porte e finestre! Abbandonare i biliardini al loro destino: giocare con la morte.
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