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Condividiamo appieno e pubblichiamo.
Scritto da: MT

Viale dell’Astrologia
di MARCO TRAVAGLIO, direttore “Il Fatto Quotidiano”.
Confesso di avere sempre avuto un debole per i presidenti di Confindustria.
Dinanzi alle foto di gruppo con gli associati alla confraternita in viale dell’Astronomia, si ha sempre l’impressione di sentire in lontananza le sirene dei Carabinieri, della Finanza o della Polizia e la sensazione che l’allegra brigata sia stata immortalata nel cortile di un penitenziario nell’ora d’aria.
Invece, salvo brevi intervalli, sono sempre quasi tutti a piede libero.
Parlano di corruzione ed evasione fiscale con la distaccata svagatezza con cui Rocco Siffredi potrebbe discettare di porno o Wanna Marchi di teletruffe. Però, essendo anche molto intelligenti, ogni tanto confessano a loro insaputa.
Sabato Vincenzo Boccia, attuale presidente dell’opera pia, 53 anni, salernitano, deluchiano ma anche renziano, titolare di una tipografia che stampa i cataloghi Ikea, gli album Panini e le etichette della Ferrarelle e dei cibi per gatti, dopo varie commesse pubbliche dal Servizio sanitario nazionale all’Agenzia delle Entrate, parlava a Santa Teresa di Gallura con gran sollievo del resto della Sardegna.
I giornaloni scrivevano che il codice antimafia appena approvato dal Parlamento “equipara la corruzione alla mafia”.
E lui ci ha creduto, partendo subito in quarta: “Così si rischia di arrecare gravi danni all’economia”.
Se sapesse di cosa parla, si risparmierebbe tanti patemi: già oggi i giudici possono sequestrare preventivamente i beni ai soggetti pericolosi, raggiunti da gravi indizi di colpevolezza (gli stessi previsti per arrestarli) e abitualmente dediti al crimine non solo per mafia, ma anche per evasione, corruzione, contraffazione, spaccio e traffico di droga, contrabbando ecc., quando non riescono a giustificarne il possesso per il reddito dichiarato.
Non è vero che basta il sospetto: il sequestro preventivo lo decide un collegio di tre giudici (per l’arresto ne basta uno solo), al termine di un regolare processo.
La nuova norma è il classico spot inutile, anzi dannoso, che finge di stringere le maglie e in realtà le allarga: ora il sequestro è consentito solo per l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, che diversamente dalla corruzione “semplice” è difficilissima da dimostrare. Se ora chi paga o incassa abitualmente tangenti rischia il sequestro dei beni eccedenti il suo normale tenore di vita, in futuro potrà tenerseli, salvo che si dimostri che si è associato a delinquere con almeno altri due complici (e nella corruzione di solito si è in due, non in tre).
Ma Boccia è un ragazzo semplice e, alle parole corruzione e mafia, ha avuto un mancamento.
Poi, rianimato con i sali, ha esalato: “Si ravvedono difetti di costituzionalità”.
A parte l’uso del verbo “ravvedersi” al posto di “ravvisarsi”(ravvedersi significa pentirsi o ricredersi, e non ci pare il caso suo e dei suoi associati), commuove la sua ritrovata passione per la Costituzione, che non più tardi di un anno fa voleva devastare appoggiando la controriforma dell’amico Renzi.
Ma anche qui intendiamo tranquillizzarlo. La Carta non vieta affatto i sequestri prima delle condanne: le “misure di prevenzione” (che arrivano prima e servono a prevenire reati) non toccano la libertà personale, ma solo il patrimonio, dunque rispondono a garanzie più attenuate di quelle penali.
L’ha confermato pure la Corte di Strasburgo.
Ma ecco la confessione: la nuova norma, dice Boccia, “equipara gli imprenditori ai delinquenti”. Dal che si deduce che ha una ben strana concezione o degli imprenditori, o dei delinquenti, o della nuova norma.
Se infatti, per sequestrare i beni a un imprenditore, questi dev’essere ritenuto da tre giudici un corruttore abituale, con un tenore di vita incompatibile col suo stipendio perché frutto di appalti truccati, per giunta associato per delinquere con almeno altri due soggetti pericolosi, in che senso la norma equipara gli imprenditori ai delinquenti? Semmai equipara i delinquenti ai delinquenti, risparmiando gli imprenditori onesti.
L’imprenditore che vuole evitare il sequestro dei beni non ha che da evitare di pagare tangenti, di associarsi per delinquere con soggetti pericolosi per aggiudicarsi appalti truccati, e di possedere beni di cui non riesce a giustificare il possesso.
Impresa tutto sommato agevole per un imprenditore, ma decisamente più problematica per un delinquente.
Resta da capire cosa intenda esattamente il Boccia per “imprenditore” e che tipo di imprenditori frequenti.
Ma forse basta dare un’occhiata ai manager di Confindustria che hanno così ben gestito il loro giornale, il Sòla-24 ore.
E soprattutto al loro formidabile Ufficio Studi che proprio un anno fa pronosticò al dettaglio le nefaste conseguenze di un No al referendum: -17% di investimenti, +430 mila poveri, -4% di Pil, -600 mila posti di lavoro e +258 mila disoccupati (il Sì invece avrebbe trasformato l’Italia nel Paese di Bengodi). Mancavano solo le dieci piaghe d’Egitto.
Quando, dopo il trionfo del No, il nostro Antonello Caporale chiese lumi al direttore di cotanti studi, Luca Paolazzi, si sentì rispondere: “Abbiamo previsto uno scenario che si sarebbe potuto avverare in un contesto... posso convenire che lo scenario non si è verificato... un po’ apocalittico lo sono stato...”.
Infatti non solo il No non ha sortito una sola delle calamità paventate, ma s’intravede financo una pallida ripresa, che il Boccia suole commentare fischiettando. E, nella migliore tradizione del chiagni e fotti, continua a batter cassa col governo, non bastando gli 80 miliardi pubblici incassati dagli associati nell’ultimo quadriennio.
Noi gli auguriamo di restare al vertice di Confindustria altri 50 anni, anche perché ci fa ammazzare dalle risate. Ma, se proprio dovesse essere sostituito, vediamo un solo candidato alla sua altezza: il Divino Otelma.



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