Quando in una situazione di monopolio, ovvero di assenza di concorrenza, chi controlla gli organi d'informazione, scritta e radiotelevisiva, li gestisce come uno strumento di lotta politica, di conquista e detenzione del potere, escludendo parti significative di quella che "lor signori" amano definire società civile dalla possibilità di esprimere pubblicamente le loro opinioni e di farle conoscere alla comunità, ebbene si trasforma l'informazione in una clava che colpisce con effetti devastanti e danni imperituri l'opinione pubblica. Si cessa di fare informazione e gli stessi giornalisti si trasformano in meri esecutori, in inglese "killers", di una guerra per bande, alla faccia dell'etica e della deontologia professionale. Questo è quello, nè più nè meno, che accade a Trieste e non da oggi. Chiedere a questi "professionisti" di conoscere Voltaire è pretendere in effetti un pò troppo, qualche speranza in più ci viene dalla possibilità che, con oltre 12 milioni di televisori sintonizzati giovedi scorso sulla serata di Adriano Celentano, tra i tanti italiani e triestini abbiano assistito al meraviglioso duetto con Roberto Benigni. E forse c'è la remota speranza che abbiano visto il monologo finale di Roberto, che citando una frase stranota del grande illuminista francese ed europeo: "Non condivido le tue opinioni ma sono pronto a dare la vita perchè tu le possa esprimere" ha salutato gli spettatori. Ecco in che condizioni è l'informazione in questa città, siamo ancora al buio assolutistico, in attesa dei monarchi illuminati, con la speranza di un futuro arrivo della Rivoluzione francese e di Napoleone. Questi "giornalisti" portano la grande responsabilità, e non da oggi lo ripeto, del ritardo di Trieste nell'orologio della storia e le precludono un futuro di crescita e sviluppo.
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