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Ferriera, 1998-2015. Ricapitoliamo.
Scritto da: Maurizio Fogar

Un commento di un lavoratore in calce al nostro articolo dell’11 novembre scorso su Facebook “Da Roma a Trieste sulla Ferriera:condidano, auspicano…”, partendo dalle solite battute stantie “i lavoratori li assumete voi al Circolo Miani” e poi via via dialogando ed esprimendo opinioni sul fatto che nessuno in questi anni ha presentato proposte concrete sulla riconversione e che Arvedi è l’unico che viene ad investire salvando i posti di lavoro, ci ha offerto l’occasione di ricostruire almeno in parte una vicenda che data a partire dal 1998.

Può essere utile per tanti leggerlo.

Circolo Miani Andiamo per gradi. Siamo stati gli unici a presentare nel 2004 alla Stazione Marittima con Presidente e AD di Bagnoli Futura il percorso di dismissione seguito all'Ilva di Bagnoli (600 dipendenti alla chiusura) che ha permesso di non perdere un posto di lavoro ma di decuplicarli. Il tutto finanziato dall'apposito fondo creato dalla Comunità Europea.

Non si trattava, badi bene, di imitare le scelte fatte a Napoli, ed i difetti, ma di copiare il percorso per ottenere i soldi e poi decidere qui cosa fare. Opzione peraltro ancora aperta e percorribile.

Ad esempio portualità e logistica. Abbiamo portato il progetto anche a casa del diavolo ma nessuno ha fatto nulla e, cosa ancora più grave, si è preso la briga di prenderlo in considerazione. Soprattutto quelli che a parole si stracciavano e stracciano le vesti per i posti di lavoro e le famiglie degli occupati.

Pertanto come vede siamo stati i primi e gli unici, purtroppo per Trieste, ad affrontare il problema ed offrire soluzioni concrete e praticabili da subito. Ed allora non c'era la crisi.

Concordo con lei che una città deve avere una importante attività industriale. Ma quale?

Se non si vuol passare di crisi in crisi e avvallare il vergognoso gioco delle "delocalizzazioni" per aumentare il profitto di pochi. Ovvero chiudere in Italia ed aprire in Polonia, Albania, Slovacchia, India, faccia lei l'elenco. Dunque se si vuole evitare ciò bisogna puntare su imprese ed industrie di medie piccole dimensioni (se chiude una con cinquanta operai è più facile rioccuparli) ma soprattutto ad alta tecnologia in modo di non offrire al "cinesino" di turno la possibilità di copiare la produzione ad un costo infinitamente più basso, come le loro paghe.  

Dove la troviamo questa mano d’opera? Basterebbe che la Regione invece di finanziare con i milioni europei corsi di formazione professionali per parrucchieri o guide turistiche, ne promuovesse la formazione visto che ne ha le competenze, ed i soldi!

Il problema dunque è la capacità e l'onestà di una classe dirigente (politica, istituzionale, management, sindacale, imprenditoriale) triestina e regionale. Che non riguarda solo la Ferriera, basta che pensi al Pronto Soccorso, agli ospedali e servizi.  

Industrie capaci di fare sinergia, che brutta parola, diciamo collaborare con l'eccellenza scientifica che abbiamo a Trieste (Area di ricerca, Sincrotrone, Università, Sissa, ecc.) e di cui da venti e passa anni la politica si vanta e nel contempo lamenta che rimanga isolata ed avulsa dal contesto economico della città. Ma chiedo: con chi dovrebbe fare sinergia il Sincrotrone? Con chi produce ghisa e carbon coke con procedimenti ottocenteschi? Non scherziamo per favore.

In quanto alle intenzioni della controparte.

Quella estinta per fallimento produceva da anni tre milioni di debiti al mese (intervista dell'ultimo direttore Ferriera, ing.Bonacina, al prof. Boscolo per la perizia della Procura. Oggi la nuova, definita dalla Commissione Ambiente del Senato "fortemente indebitata" ha investito, come dice lei, per il Revamping Cokeria 47.000 euro, per i lavori sull'Altoforno 778.000, contro i 17 milioni previsti, periziati e stimati dai periti della Procura e dagli Accordi di Programma.

Queste cifre non sono mie ma del bilancio chiuso al 31 dicembre 2014 di Siderurgica Triestina.

In quanto alle prospettive di un gruppo che denuncia nei bilanci 2013-2014 della capofila, FinArvedi, passività per un miliardo e seicento milioni, di cui con i fornitori a dodici mesi quasi la metà ed altri 450 milioni con le banche. Che ha visto andare deserta l'asta dei propri Bond per 300 milioni di euro, a fronte di un interesse promesso pari all'8%, un mese fa, se fossi in lei ci andrei cauto soprattutto dopo le notizie del crollo del mercato dell'acciaio grazie all'offerta cinese (vede il discorso di prima) ed alla recente svalutazione dello Yen che peggiorerà, e di molto, anche i conti di Arvedi (previsione). In quanto alla figura dell’AD di ST Landini, ha fatto tutto da solo senza bisogno di "aiutini". Sarà anche una brava e colta persona laureata alla Bocconi ma dell'impiantistica della Ferriera conosce molto meno di Romano Pezzetta che ha condotto gli altoforni per trenta anni sotto Italsider e Pittini.

Sugli "interventi" fatti hanno risposto i suoi colleghi in TiVù e mai i cosiddetti "sindacalisti". Perchè? Ecco una domanda che dovrebbe porsi. Come dovrebbe chiedersi perchè non hanno detto mezza parola sugli 83 lavoratori morti di Ferriera in dodici anni che su 400 e passa dipendenti è una tragica media. Eppure alcuni di questi saranno magari stati iscritti a qualche sigla sindacale.

In quanto all'inquinamento, meriterebbe che non mi ripetessi oltre ma invece voglio raccontarle una mia esperienza. Nel 1981 rappresentavo la Direzione nazionale dell'allora Partito repubblicano (Spadolini per intendersi) al Congresso nazionale dei Liberali tedeschi (alleati dei socialdemocratici nel Governo guidato dall'appena scomparso Cancelliere Schmidt) ed alleati dei repubblicani nel gruppo al Parlamento Europeo. Ebbene il Congresso per una settimana si svolse a Duisburg (600.000 abitanti) capitale della siderurgia tedesca. Una città sorta attorno a decine di Ferriere molto più grandi della nostra. Le casette bianche a due piani con i balconi in legno con i gerani a pochi metri dalle fabbriche. Non c'era un granello di polvere in giro e sapete come si chiamano oggi i migliori filtri e le migliori tecnologie nel campo? Si chiamano proprio modello Duisburg.

Ma costano, e molto, mentre la salute di cittadini e lavoratori per i nostri "industriali" vale e costa molto meno. A parte il fatto che la vetustà degli impianti della Ferriera li rende praticamente incompatibili con ogni moderna tecnologia. Bisognerebbe abbatterli e costruirli ex novo.

Ho capito che Trieste è la capitale, come insegnava Nereo Rocco, dei mone, ma lei trova un industriale mona che investa soldi suoi, non pubblici come per Lucchini ieri e Arvedi oggi, in questo, quando in Bielorussia o più vicino può costruirsi un impianto nuovo risparmiando la metà? Non scambi dunque la realtà delle cose con il sensazionalismo, altrimenti in un futuro potreste avere sgradite sorprese, e non da noi, non si preoccupi. Se invece Arvedi o chiunque altro vuole riconvertire e fare altro, con soldi suoi beninteso, avrà tutta la nostra collaborazione e, aggiungo, competenza, che, mi permetta, non è poca. Soprattutto al confronto con i politici e manager che ci troviamo in loco. Ora la lascio e mi scuso per la lunghezza ma, ne converrà, era il minimo indispensabile per risponderle. E si ricordi che io sono molto più pessimista di lei.



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