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Com’è triste Trieste. Il destino di una città. Scritto da: Teodor Trieste da oltre mezzo secolo è per molti versi il pensionato del regno (ex d’Italia) come Gorizia nei secoli scorsi lo fu dell’impero (Austroungarico), o come “Sassustrittu” la colonia punitiva di Fantozzi dove trasferire gli impiegati non proprio brillanti. Qui vengono destinati a maturare la pensione gran parte dei funzionari pubblici a fine carriera e nemmeno con le gerarchie ecclesiastiche stiamo molto diversamente, e la stessa cosa sembra valere pure per stampa e magistratura. Pertanto non c’è molto da stupirsi se in questo panorama capitino industriali in difficoltà, Arvedi ha una passività a bilancio (il suo) di un miliardo e seicento milioni, in cerca di rilancio magari con il conforto di una sponda politica. E proprio la politica qui a Trieste, e da almeno venti anni purtroppo anche in regione, rappresenta uno dei livelli più bassi d’Italia, il che è tutto dire. Anni fa scrissi per un giornale del Trentino che Trieste esprimeva una classe dirigente “la più sgangherata e male in arnese d’Italia”. Ora mi accorgo che ero ancora ottimista. Rinunciare a praticare altre strade, pure possibili, dal 2000, anno in cui l’allora proprietà della Ferriera viveva già un primo rischio fallimento ed aveva deciso di chiudere la fabbrica nel 2009, è stata la più grande responsabilità della politica regionale che condannava anche i lavoratori ad un clima di perenne precarietà ed insicurezza. Soprattutto però bloccava progetti alternativi e tarpava ogni possibilità al futuro del porto ed in ultima analisi della città. Ecco pertanto che ogni volta che sulla scena compariva un soggetto disposto a rilevare l’azienda tutti questi signori vi si aggrappavano, generosamente pronti ad ogni contributo pubblico possibile. Fu così anche per la Sertubi, che tutti oggi sembrano avere in fretta dimenticato. Domandai pubblicamente a Cosolini e Serracchiani, quando Arvedi ricomparve in queste lande, perché la politica decidesse di “impiccarsi mani e piedi legati” ad una sola scelta, escludendone altre e così condannando ancora una volta la città se le cose non fossero andate bene. Non mi risposero, né io ci contavo. Più tardi fornimmo i bilanci, offrimmo le relazioni della Commissione Industria del Senato con un giudizio fin troppo crudo nei confronti dell’azienda cremonese, segnalammo le troppe commistioni tra pubblico e privato (il caso di Francesco Rosato, l’ex direttore della Ferriera e della Lucchini Italia, fallita, consulente del Comune e nel contempo indicato da Arvedi come sua persona di riferimento a Trieste). Ma i politici furono sordi, ciechi ma non muti tanto tifavano pubblicamente per Arvedi. E che dire della stampa locale: un peana continuo, un decantare quasi poetico delle capacità industriali del cavaliere di Cremona, con il maranza inviato in Lombardia a descrivere perfino artisticamente il palazzo dove il Gruppo aveva sede. Notammo le incongruenze e le auto smentite che uscivano ripetutamente dalla stessa Azienda. Il 12 ottobre 2014, presente il Sindaco al Circolo della Stampa, Rosato: “se la cokeria disturba la chiudiamo”. Stessa frase ripetuta nel corso di una audizione in Consiglio comunale pochi giorni dopo da una responsabile del Gruppo cremonese. Salvo essere smentiti pubblicamente il giorno dopo o giù di lì dallo stesso Arvedi che definiva la cokeria “nevralgica e strategica” (incontro con la Serracchiani in Regione). Sui lavori fatti ed i soldi spesi parlano gli stessi bilanci di Siderurgica Triestina, sono più o meno un decimo di quanto calcolato, e due anni orsono, dal perito della Procura, prof. Boscolo. Sul termine previsto per la verifica si slitta di trimestre in trimestre, ora da dicembre 2015 si va ad aprile 2016. Oramai una comica la vicenda degli pluriannunciati, dalla Serracchiani per giunta, “Ferriera Open Day” che di rinvio in rinvio sono scomparsi nel nulla. Ora la vicenda dell’ennesima smentita della smentita sulla cessione a terzi delle attività logistiche, portuali e non solo. Nel silenzio inspiegabile del Commissario dell’Autorità portuale che quell’area di proprietà pubblica l’ha data in concessione a Siderurgica Triestina e non ad altri. Silenzio per altro analogo sull’obbligo della nuova proprietà di sgomberare a sue spese (dieci milioni di euro) la discarica abusiva creata allo Scalo Legnami e che impedisce i lavori della Piattaforma Logistica. Gli indiani d’America definivano i bianchi, le “giacche blu”, che non rispettavano i trattati “lingue biforcute”. E’ un vero peccato che a Kevin Costner dopo il film “Balla con i Lupi” non venga in mente di girarne uno a Trieste: “Balla coi guati”. A postilla oggi in un striminzito incorniciato il piccolo giornale da la notiziola del servizio delle Iene in Ferriera, scrivendo di “incursione” come se Nadia e Gabriele avessero scalato nottetempo il muro di cinta, e di come la Toffa avesse “incalzato” l’AD Landini “a suon di domande”. Ma che idea di giornalismo ha questa gente? Se uno non fa domande che minchia di intervista è? Abbiamo capito che qui è in uso il solito sistema riservato da certa stampa e TiVù ai potenti, e Landini per loro rientra in questa categoria. Ovvero chiedono prima agli “intervistati” di che cosa desiderino parlare e concordano le domande: si chiama giornalismo d’inchiesta!!! |
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